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Giovedì, 18 Aprile 2024

Fabio Petrelli

Giornalista

"Mangiabanane, ti scolorisco": razzismo e calcio giovanile, è ora di dire basta

Maria (nome di fantasia) è una ragazza di 15 anni, come tante altre. Studia, si rende utile tra le mura domestiche, esce le con amiche, ha il suo smartphone e fa progetti al pari di molte sue coetanee. Maria è nata e vive in Italia, come tante altre. Papà brasiliano, mamma nigeriana, ed un percorso scolastico analogo a quelle di molte sue coetanee. Maria fa sport, come tante altre. Ha scelto il calcio, in un club della città di Ancona. Prepara la sua borsa, si mette gli scarpini con i tacchetti, corre e gioca al pari di molte sue coetanee. E Maria una domenica si trova in tribuna, a soffrire per le sue compagne di squadra che sono sul rettangolo di gioco, come tante altre. Ma a differenza, e non al pari, di molte sue coetanee, non ha potuto esternare il proprio parere su un’azione senza ricevere in cambio odio. Perché il colore della pelle di Maria evidentemente suggerisce altro, suscita un “Mangiabanane, ti scolorisco” arrivato da parte di una persona adulta, un genitore, lì presente.

Il clamore suscitato dall’episodio, verificatosi nel corso di un match tra Ancona Respect e Alma Juventus Fano valevole per il campionato Under 17, è notevole. Anche perché il sodalizio dorico, con cui Maria è tesserata, ha fatto di inclusione e solidarietà una delle fondamenta su cui edificare la propria struttura, che si propone di utilizzare il calcio come veicolo di aggregazione e di interculturalismo, al punto da creare all’interno delle varie formazioni – dalle giovanili fino alla prima squadra che milita nel torneo di Eccellenza marchigiano - un vero e proprio melting pot, con l’amore per lo sport ad unire le atlete. Che prendendo spunto dal “terzo tempo” rugbystico, si trovano al termine degli incontri casalinghi davanti ad una tavola imbandita per uno spuntino insieme a giocatrici e dirigenti della formazione avversaria. Immediata la solidarietà manifestata dalla Lega Pro mediante comunicato stampa, e durissima la presa di posizione della società fanese, che oltre a manifestare la più ferma condanna a qualsivoglia azione o frase a sfondo razzista, ha già fatto sapere che ritirerà immediatamente la squadra qualora si dovesse ripetere un episodio analogo riconducibile ad un suo sostenitore.

Sono le parole di Maria nel day after, però, a rendere ancora più doloroso l’accaduto. Le confidenze legate al bullismo scolastico subito per il colore della sua pelle, le lacrime versate con la domanda rivolta alla mamma sul perché non sia nata con la pelle bianca, le coltellate verbali subite in altre due circostanze con quel “nera di merda” o più recentemente “tornatene al tuo paese, ora ci pensa la Meloni” vomitato addosso durante una partita. Si è anche chiesta cosa ci abbia guadagnato quel papà pronunciando quella frase. Ti rispondiamo noi: nulla, Maria. Proprio nulla. Cioè quello che una parte di tribuna ha fatto sentendo quello scempio, e quello che una fetta del paese ritiene sia accaduto, magari con una sana spennellata di goliardia (che è come il grigio nell’outfit, sta bene su tutto) a coprire la macchia. Un paese che sta accusando un k.o. tecnico per manifesta inferiorità nel combattimento contro una piaga alimentata da insofferenza e ignoranza. E che sull’argomento pare ancora incapace di intendere, ma soprattutto di volere un cambiamento. Hai detto che mettere i tacchetti, condividere la tua passione con le tue coetanee è stata per te una liberazione. La nostra sarebbe silenziare certi idioti. Una volta per tutte.

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