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Giovedì, 18 Aprile 2024
Calcio

Riaperture e limitazioni: perché lo sport è figlio di un Dio minore?

Mentre in Francia scatta il via libera negli stadi con il Super Green Pass, nella serie A vige ancora il limite di 5000 spettatori ed i palazzetti sono fermi al 35% della capienza, a differenza di teatri e cinema

La sosta imposta dall’attività delle Nazionali costituirà, per il calcio italiano, anche un momento di riflessione necessario sul tema riaperture. Un tavolo di confronto che dovrà obbligatoriamente anche ospitare le altre discipline, quelle indoor, pesantemente condizionate – seppur in misura minore - dalle restrizioni sulla presenza degli spettatori sugli spalti.
Ma è più che altro la cronaca recente ad offrire spunti per ragionare sull’opportunità di tornare a dischiudere, se non proprio a spalancare, i cancelli di stadi e palasport, volgendo lo sguardo ad esempio a quello che succede poco distante dai confini nazionali. Perché se da una parte “gli impianti dei vicini non sono – sempre - più aperti”, ed il riferimento alle chiusure nella Bundesliga - massima espressione del calcio tedesco – non è puramente casuale, nella vicina Francia dal 2 febbraio gli incontri saranno nuovamente fruibili, senza limiti, ad appassionati e tifosi. Con il Super Green Pass, come in Italia. Decisione che arriva dopo la limitazione di 5000 spettatori a partita negli stadi, in vigore nel primo mese del 2022, anche qui come in Italia (anzi, prima). Scelte che arrivano in una nazione che, peraltro, ha sempre mantenuto elevata la soglia di attenzione nella lotta al Covid, al punto da sospendere e non riprendere i campionati in occasione della prima ondata della pandemia.

Nell’utilizzare i cugini transalpini come metro di paragone, poi, va anche rimarcata la vicinanza del Governo francese al mondo sportivo, a cui ha elargito somme tutt’altro che derubricabili a mero argent de poche. Si calcola che dall’inizio della pandemia, lo stato abbia sostenuto le società con una cifra che sfiora gli otto miliardi di euro, uno dei quali finito ai club del massimo campionato di calcio sotto forma di prestiti agevolati ad un tasso di interesse “rasoterra”, contribuzione a fondo perduto ed azzeramento delle imposte dovute. Quegli aiuti spesso reclamati dal mondo sportivo a tutti i livelli, in primis da un serie A il cui presidente della Lega, Paolo Dal Pino, si era personalmente esposto nei giorni scorsi indirizzando una lettera ai vertici governativi, rimarcando l’esigenza di un sostegno per quelle società arrivate, a distanza di due anni dall’inizio della pandemia, al lumicino della resistenza gestionale.

Ma non è solo una possibile ed inconscia esterofilia a suggerire una seria riflessione sull’eventualità di tornare a “ripopolare” adeguatamente stadi e palasport. A perplimere è anche quanto accade tra gli italici confini, con la disparità di trattamento tra uno sport ancora legato a riduzioni al 35% nelle discipline indoor, come ad esempio pallavolo e basket, e teatri e cinema in cui la capienza è tornata ad essere normale. L’ultimo esempio, in questo senso, è dato dal Festival di Sanremo, che vedrà il Teatro Ariston sold out. “Con i vaccini e rispettando le regole si può fare un evento come il Festival, con la capienza al 100%”, ha dichiarato il sindaco della cittadina ligure, Alberto Biancheri, a cui si è accodato il prefetto Armando Nanei rimarcando che l’ingresso nella struttura sarà legato alla “combo” Super Green Pass e Mascherina Ffp2. Che è, né più né meno, il protocollo adottato all’interno delle cattedrali dello sport nazionale in cui, oltretutto, il cospicuo numero di varchi rende praticamente nullo il rischio di assembramenti in entrata ed in uscita. Non ce ne vogliano gli appassionati di musica, per cui è legittimo tornare ad applaudire live e senza numero chiuso, ma è la medesima esigenza avvertita da chi vorrebbe farlo seguendo un tiro da tre che brucia la retina o un ace scagliato a 130 chilometri all’ora. Saremo anche tutti figli di un “do” minore, ma per i tifosi sportivi esserlo di un Dio minore è una discendenza immeritata. Un fardello pesante ed oltremodo invalidante.

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