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Sabato, 20 Aprile 2024

Fabio Petrelli

Giornalista

La Roma invece della laurea della figlia? Non giudicatelo

“E no, Don Mà. No, no. Non sapete che a Roma ‘ste domande non se fanno?”. Lo diceva Marco, tifoso della Roma che nella miniserie “Speravo de morì prima”, dedicata a Francesco Totti, si vedeva rivolgere dal sacerdote la domanda se volesse più bene a Totti o alla sua futura sposa Lorena. In fondo, quel matrimonio domenicale “s’aveva da fare”, era tutto organizzato e non era possibile rinviare, ma lo spostamento al pomeriggio di quella che sarebbe stata “L’ultima del capitano” aveva fatto saltare tutti i piani. E la combo “cerimonia+pranzo” avrebbe compromesso la sua presenza all’Olimpico nella gara di addio della bandiera giallorossa. Perché scegliere tra due amori, a volte, comporta anche rinunce. Dolorose, ma comunque tali. E a riprova che, a volte, la realtà collima perfettamente con la fantasia, arriva la storia di Marta, laureanda in Biologia. La discussione della sua tesi (impossibile verificare se sia tutto vero o meno, non ha specificato né la città né l'ateneo) sarebbe stata piazzata mercoledì 31 maggio, che è anche il giorno della finale di Europa League tra la Roma ed il Siviglia. Procurarsi i biglietti è impresa ardua, ma suo padre c’è riuscito. E partirà, alla volta dell’Ungheria.

“Vorrei raccontarvi una cosa che mi sta facendo rimanere male”. Questo l’incipit della sua testimonianza (lasciata alla trasmissione notturna “I Lunatici”, condotta da Roberto Arduini ed Andrea Di Ciancio su Rai Radio 2), che si conclude con “per un uomo di 60 anni la laurea della figlia viene dopo la sua squadra di calcio”. La notizia, ripresa, da molteplici mezzi di informazione, ha fatto in un batter d’occhio il giro della penisola, suscitando reazioni contrastanti. Col pensiero che è andato subito alla scelta di Daniele De Rossi, che ha declinato l’invito del club per la partita della Puskas Arena vista la contemporaneità del diploma della figlia. E con l’immancabile domanda che ogni uomo, nella duplice veste di padre di famiglia e tifoso, porta automaticamente a farsi, ovvero quale sarebbe stata la decisione giusta da prendere qualora questo bivio si fosse presentato al suo cospetto.

Marta, io ho un figlio quasi maggiorenne e capisco il tuo sfogo. Per loro si fa tutto, credimi. Ma in certi casi non c’è comprensione che tenga: perché ai più canonici interrogativi posti a chi ha nel sangue globuli rossi a forma di pallone da calcio, come ad esempio “E’ solo una partita” o “Ma quanto sei sciocco a guardare undici miliardari che corrono in mutandoni”, ti sentirai rispondere che non puoi capire. Perché al cuore non si comanda, sai? Perché è solo amore quello che ti porta a fare dieci ore di pullman per guardare, magari al freddo sotto l’acqua e ad una distanza che ti fa vedere il giocatore più vicino delle dimensioni di un cerino, la tua squadra che gioca. E non è poi molto diverso da quando, per me che ho trascorso la giovinezza senza cellulari, si passavano ore a fare le sentinelle in centro, o addirittura all’incrocio di una via, con la speranza di veder passare la ragazza che ti piaceva.

​Provo ad immaginare quanto tu possa tenere alla sua presenza lì, vicino a te, nel farlo sentire orgoglioso al momento di tagliare il traguardo di un lungo percorso di studi nel quale presumo lui ti abbia accompagnato, incoraggiato e sempre sostenuto, che ti auguro possa essere il prologo ad una vita piena di soddisfazioni lavorative e che hanno significato sacrifici, notti insonni, ansie e magari litri di caffè. Ma so invece bene che cosa rappresenta, a volte, il sottrarre tempo alle persone che si amano nel nome di un fede, perché tale è. Mille congratulazioni, dottoressa Marta. Non avercela con lui, con noi, con la Roma e con il Mondo del pallone con cui non sei certo in competizione in una gara che stabilisca a cosa si tiene di più. E non biasimarci se non riusciremo mai a trovare le parole giuste per spiegare quel corto circuito che avviene dentro di noi quando quella cosa rotonda comincia a rotolare. Se è vero che certe domande non si fanno, è anche vero che certe risposte non si trovano. E probabilmente non soddisferanno mai. In radio in questo momento stanno passando il maestro Battiato. Una volta disse: “Amare vuol dire non aspettarsi niente indietro, se uno si aspetta una cosa non è più amore. E' quel dare senza neanche farsene accorgere. Allora sì che ha senso”. Ergersi a giudici con in mano la formula del presunto giusto e dello sbagliato, da depositari della verità assoluta, invece, un senso non ce l’ha.

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