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Giovedì, 28 Marzo 2024
Calcio

Roma, quando il rumore delle sconfitte sovrasta quello dei nemici

Nove passi falsi in ventuno partite di campionato: la sconfitta subita dopo la rimonta della Juventus allunga la striscia di k.o. e complica ulteriormente la situazione in classifica

Si era detto, poche settimane fa, che la partita largamente vinta a Bergamo avrebbe potuto – o meglio, dovuto – essere il match spartiacque della stagione della Roma, quello per intenderci che avrebbe segnato il tanto sospirato cambio di passo per inserirsi nella lotta per un posto nell’Europa nobile. L’exploit contro l’Atalanta rischia, invece, di essere solo la rondine che non fa primavera, visto che il termometro del campionato riporta un impietoso -6 dalla zona Europa League ed addirittura un -9 proprio dall’Atalanta quarta in graduatoria, che peraltro ha una gara in meno.

Il pirotecnico 3-4 dell’Olimpico, seguente al pareggio casalingo contro la Sampdoria ed al passo falso di San Siro contro il Milan, rappresenta la nona sconfitta in serie A su ventuno gare giocate dai giallorossi. Tassello per la varietà mancante nel pot-pourri di k.o. incassati nel torneo, perché accanto a sfide perse giocando bene, altre facendo scena muta, o figlie di una gestione arbitrale discutibile e di un’oggettiva emergenza in organico, mai era capitato in stagione un harakiri di tali proporzioni. Sette minuti, un vantaggio di 3-1 dilapidato, e tre punti nelle mani di un Allegri sornione che ha saputo pescare dalla panchina per ribaltare il risultato, ma ha soprattutto approfittato del crollo verticale di un avversario vittima delle proprie paure, che si è sciolto davanti alla prima difficoltà – il gol del 2-3 – senza riuscire a ricompattarsi. Sciupando, inoltre, la superiorità numerica degli ultimi dieci minuti ed il rigore del possibile 4-4, che ha lasciato nel silenzio un Olimpico che si è via via svuotato, senza un lamento, tra i pochissimi fischi e tanti interrogativi.

Ora come ora, resta un gioco che si accende e si spegne - privo della necessaria continuità anche nell’arco dei 90’, lacuna che era già emersa nell’evidente discrepanza di rendimento tra una sfida e l’altra – e che pertanto condiziona anche i risultati. E restano anche gli alibi forniti da Mourinho, la cui lista delle motivazioni addotte nelle conferenze stampa è sempre aggiornata: inesperienza, rosa corta, infortuni, inadeguatezza dei cambi, torti arbitrali, fragilità caratteriali e così via. Snocciolate evitando accuratamente di mettersi lui, in qualità di guida tecnica, tra i responsabili di quello che, al momento, viene bollato come un flop, con buona pace dei convinti assertori della tesi che l’allenatore è sempre il primo responsabile. Valutazione da fare a patto che, ovviamente, si consideri la rosa della Roma meritevole di una collocazione tra le “fab 4” della serie A, o perlomeno tra le aspiranti tali.

I dubbi, in questo senso, sono legittimi: perché pensare di accostare l’organico giallorosso a quello di Inter, Milan, Napoli, Juventus ed Atalanta (per arrivare in Champions servirebbe metterne dietro due) diventa esercizio rischioso. Ma è altresì evidente che da un allenatore che si è sempre fatto precedere dalla sua fama, che è tra i più pagati del campionato, e che ha fatto dell’approccio mentale uno dei suoi cavalli di battaglia – capace di compattare il gruppo e di spingere oltre il limite delle loro possibilità diversi calciatori fino a farli rendere al 100% - era lecito attendersi qualcosa di diverso. Qualcosa di maggiormente simile al suo celeberrimo pragmatismo, che avrebbe dovuto pilotare la Roma a giocarsela con le “big”, non a sbuffare col fiatone nella lotta per le posizioni di rincalzo, oltretutto pagando pegno in quasi tutti i confronti con le squadre che la precedono in classifica. Anche a costo di rispolverare quel pullman parcheggiato davanti alla porta che, a giudicare dai gol incassati, giace evidentemente in panne nel tunnel degli spogliatoi.

Resta, comunque, l’idea di quel progetto triennale pensato con la proprietà, ma del quale il 33% rischia di essere già compromesso, resta il ricorso ad un mercato che ha già portato in dote Maitland-Niles ed a breve Oliveira del Porto, e restano quei 70 minuti contro la Juventus da cui si dovrà ripartire, che serviranno come base per costruire una seconda parte di torneo che necessita più che mai di un cambio di passo, opportunamente depurata da quelle amnesie e dai quei black-out che hanno pesantemente condizionato il cammino della Roma. Operazione che, al netto delle qualità espresse dall’organico, sarà principalmente di competenza del tecnico. Per evitare che il rumore delle cadute sovrasti quello, a lui caro, dei nemici.

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