Verso il Var...a chiamata: come funziona negli altri sport
Il Presaidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, apre all'utilizzo del "Challenge" discrezionale, a disposizione delle panchine. Strumento che in molte discipline è già stato adottato da parecchio tempo
Sarebbe dovuto essere lo strumento volto a dirimere questioni spinose, a conferire maggiore precisione alle chiamate arbitrali in alcuni casi decisive nell’economia di una partita. Sarebbe, appunto. Condizionale più che mai appropriato, quello da usare per parlare del VAR che nel campionato di serie A sta finendo sistematicamente nell’occhio del ciclone. Tecnologia sì, insomma, ma con opportuni accorgimenti e indispensabili migliorie che supportino in maniera adeguata la direzione arbitrale. Altrimenti, il rischio che a finire sotto il fuoco incrociato delle polemiche non sia più – solo – chi ha in bocca il fischietto in mezzo al campo, ma anche chi sta nella sala davanti ai monitor cresce in maniera esponenziale, con le critiche a radooppiare anziché diminuire.
A tal proposito, l’apertura alla modifica dell’utilizzo delle telecamere in campo è stata fatta dal Presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, che ha definito ragionevole quella di concedere agli allenatori la possibilità di chiedere all’arbitro di utilizzare le immagini per situazioni dubbie in campo. Quello che, insomma, in molte altre discipline viene definito “Challenge”, con modalità – e numero di “review” a disposizione - da definire, ma utile a dare alle panchine autonomia nella scelta delle azioni in cui si presume la decisione arbitrale non sia conforme.
In effetti, la direzione intrapresa – da verificare se affiancata al protocollo attuale, che prevede check “silenziosi” di chi staziona in cabina VAR e si va così a sostituire al direttore di gara – andrebbe ad uniformare il calcio a molti altri sport in cui la moviola, per citare un’espressione vintage, è ormai una consuetudine. A partire dalla NFL, dove è stata introdotta dal 1986 e perfezionata nel 1999. L’instant video review, oltre che dal capo arbitro il quale ne fa uso per verificare a bordo campo le immagini, può venire richiesto due volte ad incontro dalla panchina e nel caso venga ribaltata la decisione, c’è un ulteriore bonus di una chiamata. Altrimenti, alla squadra viene tolto un time-out, motivo per cui è necessario non averli esauriti per poter gettare il “fazzoletto rosso” con cui si prenota il ricorso alle telecamere.
Situazione “ibrida”, cioè con direttori di gara a consultare autonomamente i monitor e le squadre a poterlo richiedere, pure nell’Hockey – una chiamata per ogni allenatore – così come nel basket (anche qui una chiamata) e nel volley, disciplina in cui il “video-check” è a disposizione dei coach due volte in ogni parziale, senza limiti qualora il supporto tecnologico dia ragione alla panchina correggendo la decisione arbitrale. Ma anche nel Baseball statunitense, dove ogni manager può farne uso ripetutamente a patto che la chiamata sul diamante venga invertita, perché in caso di errore non si potrà più farne uso. Nel tennis sono invece tre le chance di...scomodare la tecnologia “Hawk-Eye”, più una supplementare in caso di tie-break, non scalate dal conto se il giocatore ha visto giusto.
E gli esempi possono ancora continuare, spaziando dalla scherma (fino a tre check per assalto), al Karate (un video-review per angolo, tecnologia che si applica nel kumite - combattimenti uno contro uno, mentre non è presente nel katà), persino nel rugby dove il Television Match Official non può essere richiesto dai tecnici, ma è comunque a disposizione degli arbitri e viene trasmesso nei maxi schermi dell’impianto. Per cancellare alibi, allontanare sospetti e dubbi, ci pensa la moviola e la sua evoluta discendenza. Perlomeno, con alcune eccezioni a confermare la regola, in molti altri sport: sarà il Var...su prenotazione a disposizione dei mister a sancire una tregua - magari preludio alla pace - tra il calcio italiano e la tecnologia?