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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Michael Jordan compie 50 anni: il mondo del basket lo omaggia

Tra una settimana Charlotte affronta Orlando, e quel giorno potrebbe essere di nuovo quello di un altro 'come back' del Mito

Il Mito compie 50 anni. Sei anelli di campione Nba (prima e dopo di lui Chicago non ne ha conquistati), 2 ori olimpici, 1 titolo universitario, 5 volte miglior giocatore della Nba e 6 volte delle finali, 14 volte All Star, 'Rookie' dell'anno nel 1985, unico giocatore della storia a venir votato nello stessa stagione miglior difensore della lega e miglior giocatore in assoluto, capace di vincere anche la classifica dei cannonieri. Uno dei pochissimi ad aver vinto tre 'anellì di fila: 1.099 le partite in cui ha segnato almeno 20 punti, e in cinque di queste ha superato quota 60. Tutto questo pur essendosi temporaneamente ritirato dall'attività per un paio d'anni (1993-1995).

Numeri e risultati che spiegano perchè il basket va diviso in due fasi: prima e dopo Michael Jordan. Se è vero che è un esercizio molto difficile fare paragoni tra fuoriclasse di epoche diverse e scegliere il migliore di sempre, nel basket questo non avviene: 'Air', al quale a Chicago hanno eretto perfino una statua che è una delle attrazioni più visitate, non ha rivali. Jordan è colui che ha cambiato la pallacanestro facendola conoscere in ogni angolo della terra: anche tra gli aborigeni o negli angoli più sperduti dell'Africa è stato avvistato qualcuno con addosso la canottiera n. 23 dei Bulls.

Quel fenomeno nato per caso a Brooklyn il 17 febbraio del 1963, figlio di un operaio della General Eletric che non gli ha mai fatto mancare nulla e che l'avrebbe voluto una stella del baseball. Ma lui amava il canestro e la voglia gli rimase anche dopo l'esclusione dalla squadra in seconda liceo. Per un anno si allenò da solo e a 19 anni era già considerato un 'mostrò trascinando North Carolina al titolo universitario con suo tiro decisivo a pochi secondi dal termine della finale.

A 21 si prese il suo primo oro olimpico, a Los Angeles, mentre due anni dopo, al termine di una partita dei playoff al Boston Garden vinta da Chicago grazie ai 63 punti della sua 'stella, fece dire a un grande come Larry Bird che «quello non era Jordan, ma Dio travestito da Jordan».

È stato la personificazione del concetto di Dream Team e un sogno lui stesso, e colui che, se non fossero esistiti Muhammad Ali e il suo immenso carisma, alla fine del 2000 sarebbe stato quasi sicuramente insignito anche del titolo di 'Atleta del secolò. Jordan era un giocatore che lasciava a bocca aperta, capace com'era di 'galleggiarè in aria prima di scoccare un tiro in sospensione, battere la forza di gravità per fare una schiacciata spettacolare, più belle perfino di quelle del suo idolo dell'adolescenza, 'Doctor J' Erving.

Del resto, a parte schemi e 'triangolì di coach Phil Jackson, i Bulls, fin dai tempi del precedente tecnico Doug Collins, hanno sempre avuto una soluzione di riserva per attaccare il canestro: «palla a Jordan, e gli altri fuori dalle scatole». 'Air' è diventato un brand da 10 miliardi, e ha pagato 100 milioni di dollari per divorziare dalla moglie Juanita. È stato una moda che ha affascinato milioni di ragazzi: «be like Mike» non è stato solo un fortunato slogan pubblicitario.

Tra i suoi ammiratori Bryant, Wade, James e Gallinari, ma anche calciatori come Materazzi e Ronaldinho. Il baseball fu una parentesi nella sua vita di campione: un omaggio al papà James ucciso da due balordi per strada. Quando tornò al basket, 17 mesi dopo il suo primo ritiro, fu un delirio, anche se per poco dovette lasciare il suo magico numero 23.

Adesso Jordan starebbe pensando di tornare ancora sul parquet, stavolta solo per festeggiare i suoi primi cinquant'anni. Michael il Grande, che ora è il padrone dei Charlotte Bobcats, dopo aver fatto l'azionista di minoranza e il presidente dei Washington Wizards, per tenersi in forma ogni tanto si allena (in particolare gli piace ancora 'l'uno contro unò) e in questo periodo avrebbe intensificato le sedute assieme ai suoi ragazzi.

L'obiettivo è di tornare sul parquet per almeno un quarto d'ora. Nel 2002-2003, nel suo ultimo campionato da giocatore (a Washington), a 40 anni fu capace di tenere una media di 20 punti a partita. Quindi, una decade dopo, perchè non dovrebbe sfidare l'età che avanza? Tra una settimana Charlotte affronta Orlando, e quel giorno potrebbe essere di nuovo quello di un altro 'come back' del Mito.

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