Caso Valieva, perché non serve un limite d’età per tutelare le baby atlete
Le sue lacrime hanno fatto il giro del mondo. La pattinatrice Kamila Valieva, 15 anni, alle Olimpiadi di Pechino 2022 è stata protagonista di un vero e proprio psicodramma. Alla vigilia di questa edizione dei Giochi olimpici invernali si era presentata come l’atleta da battere. Nel palmares aveva già il titolo di vice-campionessa nazionale conquistato nel 2021 e nella stagione 2019-2020 era diventata campionessa della nazionale russa a livello juniores e campionessa mondiale juniores. Agli europei di Tallin, che si sono disputati a gennaio, Valieva aveva prevalso su tutte le avversarie a cominciare dalle sue compagne di allenamento, Anna Shcherbakova e Aleksandra Trusova. La medaglia d’oro del pattinaggio artistico su ghiaccio singolo sembrava già assegnata. A fermare le sue ambizioni è stato un caso di doping, presunto fino a prova contraria, esploso martedì 8 febbraio, il giorno dopo la vittoria della sua prima medaglia d’oro per la Russia nell’evento misto a squadre del pattinaggio artistico dove era diventata la prima pattinatrice a eseguire un salto quadruplo alle Olimpiadi.
In quella data è stato reso noto che Valieva era risultata positiva alla trimetazidina in un controllo antidoping eseguito lo scorso 25 dicembre, in occasione dei campionati nazionali a San Pietroburgo. Si tratta di un farmaco che riduce il consumo di ossigeno, uno stimolante utilizzato per il trattamento dell'angina pectoris e per la sua azione anti-ischemica già al centro di casi di doping in passato.
I legali di Valieva nella difesa avrebbero sostenuto che il suo test antidoping fosse stato contaminato dall'assunzione inconsapevole di tracce di farmaci cardiovascolari utilizzati dal nonno. Mentre la premiazione del team event del pattinaggio di figura era stata rinviata e tutt’ora non è mai stata effettuata, inevitabili si erano scatenate le polemiche per la riammissione dell'atleta a partecipare ai Giochi grazie all'autorizzazione data dal Tas domenica 13 febbraio. La decisione teneva conto del fatto che Valieva è minorenne e per questo è “persona protetta, soggetta a regole diverse rispetto a quelle di un atleta adulto”.
Gli atleti sotto i 16 anni, come appunto la pattinatrice russa, sono maggiormente tutelati dalle regole anti-doping e, in genere, non sono ritenuti responsabili per l'assunzione di sostanze vietate. Il regolamento antidoping verso i minori di 16 anni non è così chiaro in termini di sanzioni, ma tende, però, a proteggere l’atleta visto la sua giovanissima età. I giudici hanno ritenuto che "impedire all'atleta di gareggiare ai Giochi olimpici le avrebbe causato un danno irreparabile e il Tas ha confermato come ci siano stati gravi problemi di notifica del controllo antidoping in quanto il risultato del test antidoping è arrivato soltanto a Giochi in corso dopo ben sei settimane. Dietro questo ritardo ci sarebbe anche un focolaio di covid-19 che ha colpito il laboratorio Wada di Stoccolma.
Kamila Valieva, però, la sua gara l’ha disputata. Dopo aver accumulato un buon vantaggio nel programma corto di martedì 15 febbraio, non ha retto alla tensione per questo scandalo doping e nel programma libero, giovedì 17 febbraio, è stata protagonista di una prova disastrosa. La sua danza sulle note del "Bolero" di Ravel, uno dei suoi cavalli di battaglia, è stata costellata da cadute, da pattini appoggiati a terra, da timori e titubanze, una vera novità per questa atleta così giovane ma già così vincente. Le tensioni degli ultimi giorni e questo presunto caso doping l’hanno portata fuori dal podio, togliendo l’imbarazzo della premiazione. In attesa delle controanalisi il risultato conseguito da Valieva durante i Giochi sarebbe stato sub iudice.
Lascia perplessi la soluzione del Cio per evitare che in futuro si ripetano situazioni di questo tipo. Alzare a 17-18 anni il limite d’età per partecipare alle competizioni internazionali tutelerebbe davvero le giovani atlete o si allontanerebbe il problema di qualche anno togliendo i riflettori olimpici dalle enormi pressioni esercitate e dai mezzi illeciti che vengono talvolta utilizzati pur di emergere? Perché una campionessa di quell’età dovrebbe attendere la maggiore età o quasi per partecipare a eventi internazionali se ha sempre rispettato le regole e continuerà a farlo? Non sarebbe più opportuno sanzionare con maggior vigore le nazioni coinvolte, gli allenatori, i medici e i genitori, e gli atleti minorenni per responsabilizzarli?
Su questo il Cio dovrà interrogarsi, partendo forse dall’idea che il problema non è l’età. Quest'estate nello skateboard donne la somma delle tre protagoniste sul podio era di 44 anni. La vincitrice ha 12 anni, la seconda classificata 13, la terza 19. Quel felice debutto olimpico non destò nessuno scandalo.