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Giovedì, 18 Aprile 2024

Marco Drogo

Web Editor

Il segreto di Marcell Jacobs: altro che doping, è solo vita

Per entrare nell’Olimpo gli sono bastati 45 passi e mezzo. Li ha corsi in 9 secondi e 80 centesimi, tagliando il traguardo per primo. Un italiano che trionfa nella finale dei 100 metri alle Olimpiadi. Marcell Jacobs ha vinto la medaglia d’oro, andando contro ogni pronostico. Ha corso come se avesse un appuntamento con la storia, con quell’abbraccio con Gianmarco Tamberi che ha ricordato i trionfi di Pietro Mennea e Sara Simeoni alle Olimpiadi di Mosca ’80. Padri e figli che vivono le stesse emozioni, le stesse emozioni capaci di unire davvero tutti, a sole tre settimane di distanza dalla vittoria dell’Italia agli Europei.

Tutti si stanno chiedendo quale sia il segreto del successo di Jacobs. Ci sono i tantissimi sostenitori, in Italia e nel mondo, che vogliono saperlo come fonte di ispirazione. C'è chi, invece, ha preso pretesto dalla sua vittoria a sopresa per accusarlo di doping.  Parliamo di testate estere autorevoli come il Guardian, il Times, il Washington Post che hanno lanciato accuse gravi, basandosi sul fatto che i miglioramenti del nostro atleta siano stati "improvvisi e immensi".

Il presidente del Coni Giovanni Malagò lo ha difeso a spada tratta, sottolineando come i test anti-doping a cui sono sottoposti gli atleti siano continui e che vengono immediatamente raddoppiati quando si realizzano prestazioni da record.

Ma quale sia il vero 'doping' Jacobs lo aveva rivelato lui stesso in racconto, fatto a forma di micro-pensieri, a theowlpost.it. a inizio giugno.

Marcell Jacobs corre con le auto: l'allenamento del campione 

“Scattava sempre qualcosa nel mio inconscio, giù nel profondo, che finiva col sabotarmi e col farmi finire in un limbo in cui neppure sapevo se essere arrabbiato con me stesso oppure no.”

Questo era quello che gli succedeva prima dell’anno scorso. Poi, durante il lockdown, ha iniziato a “sentirsi pronto ad accettare il dolore che si deve pagare per la grandezza”.

“Sono sempre stato un bambino diverso dagli altri. Mulatto, quando in Italia era ancora difficile trovare delle classi in cui tutti gli studenti non fossero bianchi. Orgoglio e pregiudizio”.

Jacobs è figlio di genitori separati, è cresciuto con la famiglia della mamma, "che mi ha sempre fatto sentire amato e protetto".

“Ho sempre voluto fare l’atleta. Mai avuto un dubbio. Anche quando i professori, a scuola, mi dicevano che era meglio lasciar stare e concentrarsi sugli studi, io sapevo di avere il potenziale per fare qualcosa che non era nelle corde di tutti”.

“Crescendo ho cominciato a capire che il vero vuoto non era negli occhi degli altri ragazzi, ma nel mio stomaco, e ho tirato su un muro per proteggere quello che avevo dentro e che ancora mi piaceva. Ho smesso di parlare di lui, ho smesso di pensare a lui, per evitare di rivivere le sensazioni di un abbandono che forse non ho vissuto del tutto, ma che ho sentito fino nell’anima. Correre è stata una cura, uno sfogo. Un modo per esprimere me stesso”.

La molla decisiva gli è scattata l’anno scorso. “Il lockdown mi ha fatto comprendere tutta la fragilità del momento e tutta l’importanza di ritrovare le mie origini, nella loro completezza. Il Mondo che si è accartocciato nella paura di sparire, con progetti lunghissimi o nuclei famigliari distrutti nello spazio di un attimo, mi ha spinto a voler far pace con la mia storia”.

“Ho cominciato un percorso, non da solo, ma di cui ho fatto io il primo passo, per imparare a volermi bene per come sono fatto e per capire da dove vengo davvero”.

“Ho imparato che anche se un pezzo di me ha sofferto un vero e proprio abbandono, sbagliare una gara non me lo farà rivivere. Non sono amato e non amo in misura direttamente proporzionale a quello che faccio. Ma sono un uomo, e basta questo”.

“Dall’anno scorso è cambiato tutto, e quando ho smesso di avere paura di prendermi sul serio in pista ho iniziato a sentirmi leggero come non mi ero mai sentito prima”.

“Ho distrutto muri, riallacciato rapporti, compreso che gli spigoli della vita a volte possono ferire, e che quando un animale è ferito non c’è vergogna nel nascondersi”.

Il vero Jacobs aveva voglia di correre veloce, di divertirsi e di fare qualcosa di grande. "Nessuno ti può insegnare a vincere perché per arrivare in alto, al limite massimo di quello che hai dentro, devi essere completamente nudo. Nudo, del tutto senza filtri.

Se non sai chi sei per davvero, se non capisci le sofferenze o le mancanze che hai avuto, se non conosci il tuo valore come essere umano, è matematicamente impossibile che tu riesca a mettere in pista tutto quello che serve per distruggere i tuoi muri. Tecnici, fisici e personali”.

La finale dei 100 metri l’ha disputata correndo con la massima naturalezza. Gli ostacoli li aveva affrontati e superati tutti prima. Sapeva di avere il potenziale per fare qualcosa che non era nelle corde di tutti. La sua impresa resterà nella storia. Alla faccia di chi gli dà, solo perchè non sa accettare la sconfitta, dello sconosciuto dopato, tre settimane dopo la vittoria dell'Italia agli Europei a Wembley.

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