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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La storia / Bari

La famiglia che ha accolto 8 ucraini: "Vediamo paure, sorrisi e solidarietà"

Madre, sorella e nipoti di Yuliya, sposata con Antonello a Bari, sono fuggiti da Kiev assieme a un'amica e ai suoi figli e hanno trovato una casa che li ha accolti: "Sono tanti gli italiani pronti a farlo"

Qualche sorriso, poi il panico nel momento del ricordo o davanti alle immagini dei giornali. Li si scorge nei volti di una tavolata divenuta enorme. Quella di casa Ladisa, al quinto piano di un palazzo nel centro di Bari. Un’abitazione allargata con l’appartamento accanto, quello della mamma di Antonello, imprenditore e padrone di casa, che vive da sola, per far posto a otto, tra donne e bambini, fuggiti dalla guerra in Ucraina, col cane Max. Sono la mamma, la sorella e un’amica, queste ultime con i loro figli, di Yuliya, sua moglie ucraina, conosciuta a Praga durante una vacanza, con la quale ha tre figli, Daria di 13 anni, Michele di 12 e Valeria cinque. Sono loro ad accompagnare il piccolo Artioma, di quattro anni, Ludmilla di 15, e i cugini Paolo e Maria, di 16 e 10 anni, in un percorso nuovo e difficile, che li ha portati lontani dai pericoli, dai padri, fratelli e nonni, costretti a rimanere al di là del confine ucraino perché precettati, e dentro ambienti sconosciuti, come quelli della scuola italiana.

I ragazzi continuano a seguire le lezioni a distanza con i loro insegnanti rimasti in Ucraina o fuggiti in altri Paesi europei, ma allo stesso tempo Artioma e Ludmilla frequentano gli istituti di Bari che li hanno accolti. Il bimbo è in classe nella scuola dell’infanzia Garibaldi con Valeria, Ludmilla invece, grazie alla disponibilità degli insegnanti e della dirigente scolastica della scuola media Carducci, inizia un programma nel quale racconta la sua scuola, il suo Paese e le sue tradizioni, a ragazzini e bambini poco più piccoli di lei. “La cosa più straziante – racconta Antonello Ladisa - è veder loro soffrire per i papà, i fratelli e i figli rimasti in Ucraina perché precettati. Famiglie divise. Compresa mia suocera che ha dovuto salutare il marito, il padre di Yuliya, perché ancora arruolabile. Elena, poi, l’amica di Yuliya, ha saputo che il figlio di 18 anni, come gli altri del resto, è stato chiamato alle armi”.

Ladisa, che ha più imprese di telefonia e comunicazione, racconta dello sforzo di dare una parvenza di normalità ai ragazzi che hanno visto l’orrore e hanno compiuto un viaggio di 18 ore solo per raggiungere il confine dell’Ucraina. Ma racconta anche della macchina della solidarietà che si è messa in moto, di altri amici che ospitano nelle loro case le persone fuggite, di chi si è adoperato per fornire indumenti, cibo e medicine. Di chi come i volontari Giorgio e Tommaso continuano a viaggiare scaricando viveri e medicine al confine e tornando con persone appena fuggite. E ancora del Comune di Bari che, attraverso l’assessorato ai Servizi sociali e l’assessora Francesca Bottalico, sta organizzando l’accoglienza e la sistemazione di queste persone.

“Ci sono i gestori di un bar – racconta ancora-, il Krirò caffè di Poggiofranco, che si sono detti disponibili ad assumere almeno un ragazzo nel loro esercizio. Così una scuola di danza e i gestori dello Stadio del Nuoto hanno messo a disposizione corsi gratuiti. Sono persone che in realtà potrebbero non avere affatto problemi economici, gente del ceto medio e imprenditoriale che aveva una vita agiata ed è arrivata con in valigia molti euro in contanti. Persone che, dopo aver lasciato tutto, non vedono l’ora di poter tornare nel loro Paese e nelle loro case. Noi continuiamo ad aiutare loro e altri, con Yuliya disponibile a fare da traduttrice e la speranza che questo incubo finisca al più presto per tutti”.

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