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Sabato, 20 Aprile 2024
Il dibattito

Così grazie alla maternità surrogata siamo diventati padri, non è un abominio

Il racconto della scelta di avere un figlio con la Gpa di due coppie omosessuali italiane che sono andate negli Stati Uniti e in Canada per realizzare il loro sogno

Ryan e Giuseppe sono due 48enni sardi. Si amano e sono insieme da 27 anni, praticamente da quando erano poco più che ventenni. E da nove anni sono anche padri di due gemelli, un maschietto e una femminuccia, che sono nati grazie alla maternità surrogata. "Fin da quando ci siamo fidanzati abbiamo sempre sognato di avere un bambino, in prospettiva speravamo di adottarlo un giorno, a 20 anni non sapevamo neppure che esistesse la Gpa (gestazione per altri, ndr). Ma la possibilità di adottare per una coppia gay in Italia non sembrava una prospettiva realistica purtroppo neanche per il futuro, e così 15 anni fa abbiamo scoperto che in Italia c'erano bambini nati grazie a questa pratica che era legale all'estero e abbiamo cominciato a interessarci", ci racconta Ryan.

Lui non usa mai l'espressione 'maternità surrogata' ma preferisce 'gestazione di sostegno'. "Perché la surrogata non è una madre, né si sente tale. Non ha legami genetici con il bambino che partorirà ma è una donna che si offre di fare un percorso di amore per aiutare una coppia che non può avere un figlio". Nella maternità surrogata solo raramente si utilizza l'ovulo della gestante, ma si insemina quello di una donatrice terza. La pratica della Gpa è legale, o comunque tollerata, in pochi Stati del mondo, e in pochissimi anche per le coppie omosessuali: tra questi Canada e Stati Uniti.

Negli Usa oggi, tra il compenso che si dà alla gestante, spese mediche, assicurative e legali (tra la coppia e la donna che mette a disposizione l'utero si stipula un vero e proprio contratto) i costi per l'intero procedimento possono essere piuttosto elevati. "Io e Giuseppe siamo ristoratori, ma non certo ricchi. Abbiamo messo da parte soldi ma comunque non potevamo arrivare a cifre da capogiro, per questo abbiamo cercato un percorso alternativo, appoggiandoci ad amici, e alla fine abbiamo speso cifre molto inferiori a quelle medie. Per noi comunque non è una questione di soldi, si tende sempre a puntare l'attenzione su questo, per noi questo era l'unico modo per realizzare il nostro sogno".

Io, madre surrogata vi spiego perché non mi sento sfruttata

La pratica della maternità surrogata per Ryan non è né buona né cattiva in sé, dipende dal modo in cui viene praticata. "È uno strumento e in quanto tale può essere utilizzato in modi differenti, come un coltello, che puoi usare per sbucciare e tagliare una mela da offrire a qualcuno, o per rubarla la mela da qualcuno". In California, dove i due sono andati ospiti a casa di un'amica, Ryan e Giuseppe hanno trovato una donatrice di ovulo e una gestante di supporto, Bethany, che hanno deciso di aiutarli. "Con entrambe ci siamo conosciuti e abbiamo iniziato ad avere anche un rapporto di amicizia che è andato oltre la gravidanza e continua fino ad oggi. I nostri figli le conoscono e sanno il ruolo che hanno avuto nella loro nascita".

Mentre molte coppie eterosessuali che fanno ricorso alla maternità surrogata nascondono di averla utilizzata, per una coppia gay è ovviamente impossibile. "Quando torni a casa con un bambino non puoi fingere di non aver utilizzato la Gpa, e questo è di fatto un vantaggio. Noi non ci siamo mai vergognati di averlo fatto, perché non crediamo ci sia nulla di cui vergognarsi. Siamo sicuri e limpidi nella nostra scelta. Se avessimo pensato che fosse sbagliato per il bambino non lo avremmo mai fatto. Siamo due genitori e, con tutti i nostri limiti, crediamo di essere i migliori genitori possibili per i nostri figli".

E anche nei confronti dei gemelli, Nina e Luca, Ryan e Giuseppe sono stati sempre trasparenti. "Da quando hanno cominciato a fare domande, circa a tre anni, gli abbiamo parlato, nei modi in cui ovviamente puoi spiegare certe cose a un bambino, di come erano nati. Gli abbiamo parlato anche di Bethany, di cui abbiamo diverse foto con il pancione e con loro a casa nostra. Una volta a scuola la maestra la definì la loro madre, ma loro risposero che lei non era la loro madre, ma la donna che li aveva portati nel pancione. Per loro è una cosa naturale e normale. Ora che sono più grandi ti sanno parlare addirittura dell'ovocita di Roxy. Dicono di non avere una mamma ma due papà e lo fanno con una spontaneità disarmante, come se parlassero del fatto che hanno i capelli biondi piuttosto che bruni. Non sentono la mancanza della figura materna, ma hanno una percezione netta della genitorialità di riferimento. E lo stesso vale per i loro amici".

Dal punto di vista legale i figli sono solo di Ryan, in quanto risulta il padre genetico, mentre Giuseppe non avrebbe nemmeno il diritto di andare a scuola a parlare con le loro maestre. La situazione è molto più complicata per Francesco e Ciro, che hanno avuto un bambino, Elia, lo scorso gennaio grazie alla maternità surrogata a cui hanno potuto avere accesso in Canada. Visto che ora la registrazione dei figli delle coppie gay è del tutto vietata, si trovano in una situazione paradossale. "Il certificato di nascita di Elia, che è canadese grazie allo jus soli, riporta doppia paternità. In Italia invece pur essendo nostro figlio ha un visto turistico e il 7 maggio diventerà un clandestino. Abbiamo addirittura pensato di fare la domanda per il suo permesso di soggiorno, ma sarebbe assurdo", ci racconta Francesco.

Lui e Ciro vivono insieme da 12 anni e dopo un lungo periodo di riflessione nel 2021 hanno deciso di provare ad avere un bambino. "Noi lo avremmo adottato se avessimo potuto, ma in Italia è illegale. Così la maternità surrogata per noi è stata l'unica scelta, e di fatto anche la più semplice, nonostante comunque abbia dei costi sia dal punto di vista economico, che emotivo. Vivere la gravidanza del proprio figlio a migliaia di chilometri di distanza, con tutte le preoccupazioni che ne seguono, non è semplicissimo", ci racconta Francesco. In Canada la Gpa è legale ma solo se altruistica, cioè solo se si mette a disposizione il proprio utero senza ricevere alcun tipo di compenso. È consentito il rimborso delle spese legate alla gravidanza come abbigliamento, vitamine, cibo e trasporto fino a 25mila dollari, la potenziale madre surrogata deve avere almeno 21 anni e deve aver partorito almeno una volta. Ai rimborsi rimborsi vanno poi aggiunte assicurazioni, spese legali e mediche, che sono comunque più basse che negli Stati Uniti.

"Io sono cuoco, Ciro è cameriere, abbiamo iniziato a mettere da parte i soldi otto anni fa per raggiungere il nostro sogno, non siamo ricchi. Se avessimo potuto lo avremmo anche adottato un bambino, ma in Italia non è possibile, avremmo dovuto trasferirci in Spagna, iniziare la nostra vita lì, ma noi vogliamo restare in Italia. Per noi non è neanche una questione genetica, perché di fatto poi da quel punto di vista il padre è solo uno, ma la realizzazione di un desiderio di paternità". Inizialmente anche loro erano scettici e dubbiosi, per questo si sono confrontati con altri che avevano già intrapreso questo percorso aderendo all'associazione Famiglie Arcobaleno, che si occupa proprio di sostenere le coppie omosessuali che decidono di avere figli. "Abbiamo iniziato a conoscere coppie con bambini, ci siamo resi conto che era possibile e questo ci ha dato coraggio. Poi quando ci siamo trasferiti a Milano dove abbiamo aperto un ristorante, abbiamo deciso di provarci, sentendo anche che questa città magari sarebbe stata più aperta nell'accettare la nostra scelta".

Grazie a un gruppo Facebook hanno conosciuto Rachel (leggi qui la sua testimonianza), con cui dopo diverse incontri virtuali, si sono 'scelti' a vicenda . "Voglio darvi la gioia di avere questo bambino ci disse, e noi fin da subito le abbiamo detto che avremmo voluto che con nostro figlio costruisse un rapporto duraturo. Lei è la sua zia canadese e i suoi figli sono i suoi cuginetti, siamo una famiglia allargata. Inizialmente quando altre coppie ci avevano detto che era possibile creare questo tipo di rapporto non ci credevamo, e invece è proprio così". Il percorso però non è stato semplice e ci sono voluti circa due anni per portarlo a termine. "Purtroppo dopo due mesi dalla prima inseminazione Rachel ha avuto un aborto. Siamo immediatamente andati da lei per sostenerla anche emotivamente. Lei è stata meravigliosa in tutto il percorso, una forza incredibile nonostante la giovane età, ha solo 28 anni".

Al secondo tentativo l'ovulo non ha attecchito e al terzo invece tutto è andato bene e alla fine a gennaio Francesco e Ciro sono diventati padri. "La gioia che abbiamo provato è chiaramente indescrivibile, al momento del parto eravamo in sala con lei. Poi con lei siamo stati circa tre settimane, avendo preso in affitto una casa vicino la sua. Lei veniva a visitare il neonato e ci portava il suo latte, noi in cambio cucinavamo per lei". E ora Francesco e Ciro sono in Italia con un figlio che per lo Stato non è nemmeno italiano e sul cui futuro, dal punto di vista legale, è tutto un punto interrogativo, soprattutto ora che il governo di Giorgia Meloni ha deciso di rendere la maternità surrogata un reato anche se fatta all'estero. "Posso capire che ci sia chi è contrario alla pratica, ma è tremendo che qualcuno possa definirla un abominio".

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