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Venerdì, 19 Aprile 2024
Maternità e lavoro / Roma

"Mi sono sentita dire dal capo: 'Peccato, era così brava, poi ha avuto un figlio'"

La storia di Roberta da Roma fa riflettere sulla condizione di molte donne che coniugano gravidanza e lavoro

Riceviamo sempre più spesso mail di lettrici e lettori che vogliono condividere le loro storie, riflessioni ed esperienze. Nelle storie di questi lettori si riflettono tematiche che sono anche all'attenzione del dibattito pubblico come l'identità di genere, la condizione della donna, le nuove forme di bullismo nell'ambiente digitale, le nuove opportunità di definizione del sé e degli stili di vita. Da queste lettere emerge il fatto che nessuno è solo: l'esperienza di chi ci scrive è quella quotidiana di moltissimi altri. 

Per condividere la vostra esperienza potete scriverci a lettere@today.it Le storie selezionate dalla redazione verranno pubblicate.

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"Mi chiamo Roberta, vivo a Roma e ho 37 anni. Sono dipendente da circa 12 anni di una media impresa per cui curo organizzazione eventi. È un lavoro che mi ha sempre dato molte soddisfazioni, mi piace, mi hanno sempre ritenuta in gamba, il mio capo ha sempre apprezzato il mio impegno.

Ho sempre viaggiato per lavoro, spesso anche all'estero. Sono stata innumerevoli volte in Inghilterra, Germania e Francia, ma anche in Usa, in Giappone e in Cina. È un mestiere senza dubbio dinamico, e sono consapevole di aver fatto spesso anche più di quanto richiesto: non mi è mai pesato amando la mia professione, e il tempo non mi mancava, essendo stata per lungo tempo anche single. Al desiderio di una famiglia non ho mai pensato veramente a fondo dal momento che ero sola, e poi ero troppo assorbita dal lavoro. Diciamo che era una combinazione di fattori che ha fatto sì che la famiglia non fosse al centro delle mie esigenze e delle mie preoccupazioni.

Poi le cose sono cambiate: quattro anni fa ho conosciuto un uomo tramite amici comuni, siamo usciti in gruppo qualche volta, il feeling è stato immediato, e dopo poche settimane abbiamo iniziato a uscire da soli. Si può dire che è stato un colpo di fulmine, a quanto pare per entrambi. Felicissima sono andata a convivere con lui dopo qualche mese, e circa due anni fa sono rimasta incinta. La notizia ci ha resi euforici: lo avevamo messo in conto, stiamo così bene insieme che il desiderio di una famiglia è venuto spontaneo e naturale.

Le cose in ufficio sono cambiate

Anche nel mio ufficio erano tutti molto contenti, anche se percepivo una certa freddezza da parte dei miei superiori, tutti uomini. Felici, per carità, non posso dire di essere stata trattata male. Ma con un certo distacco, il che ha aumentato i sensi di colpa che già avevo: mi chiedevo se sarei riuscita a gestire tutto con il bambino. Non sarebbe stato facile e lo sapevo.

Pietro è nato ed è stata la gioia di tutti noi fin da subito, ma anche molto impegnativo poiché non abbiamo nonni su cui poter contare. Dopo la maternità mi sono resa conto di non riuscire a sostenere i ritmi di prima sul lavoro, con i viaggi all'estero e le trasferte, e ho richiesto un po' a malincuore un part time che mi è stato accordato. Ma le cose in ufficio sono cambiate: non posso lamentarmi del trattamento economico, ma la freddezza dei miei superiori la percepisco tuttora, è come se mi accusassero silenziosamente di "tradimento" nei confronti dell'azienda e di un lavoro che pure mi piaceva. Io mi sento in parte dimezzata: mi piace fare la mamma, ma avrei voluto l'opportunità di poter tornare a lavorare come prima.

Il culmine c'è stato qualche giorno fa, dopo una riunione, in cui ho 'beccato' due dei miei superiori che parlavano tra di loro: 'Roberta? - ha detto uno - Peccato, era così brava, poi ha avuto un figlio'. Queste parole mi hanno messo addosso una rabbia e un senso di frustrazione e solitudine inspiegabili. Non sono intervenuta nella conversazione, ero come sotto shock, non ho avuto il coraggio, o forse sono riusciti a instillarmi, giorno dopo giorno, un silenzioso senso di colpa. 

Come può essere che nel 2021 una mamma non riesca a coniugare lavoro e figli per colpa di welfare e sostegni ancora insufficienti? Come può essere che nel 2021 ancora ci si senta dire 'Eri brava, peccato che poi hai avuto figli', come se professionalmente ci si debba sentire costrette a scegliere?"

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