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Martedì, 23 Aprile 2024
Parto e tabù / Roma

La lettera: "Violenza ostetrica, così ho pensato di non voler più avere figli"

Un argomento tabù di cui solo ultimamente si sta iniziando a parlare: l'esperienza della lettrice Patrizia

Riceviamo sempre più spesso mail di lettrici e lettori che vogliono condividere le loro storie, riflessioni ed esperienze. Nelle storie di questi lettori si riflettono tematiche che sono anche all'attenzione del dibattito pubblico come l'identità di genere, la condizione della donna, le nuove forme di bullismo nell'ambiente digitale, le nuove opportunità di definizione del sé e degli stili di vita. Da queste lettere emerge il fatto che nessuno è solo: l'esperienza di chi ci scrive è quella quotidiana di moltissimi altri. 

Per condividere la vostra esperienza potete scriverci a lettere@today.it Le storie selezionate dalla redazione verranno pubblicate.

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"Buongiorno a tutti, sono Patrizia, 41 anni, e vivo in provincia di Roma. C'è un argomento considerato spesso tabù, di cui però è giusto iniziare a parlare, e per fortuna vedo che in giro c'è più attenzione su questo tema: la violenza ostetrica. Io stessa ne sono stata vittima purtroppo, ma sono cose che difficilmente poi vengono raccontate un po' per vergogna, un po' per non macchiare il ricordo della nascita del proprio figlio che dovrebbe essere uno dei momenti più belli della vita. E un po' anche perchè in quei momenti sei talmente trafelata, tra dolore, ansia, preoccupazione e certo anche felicità, che non riesci a renderti pienamente conto di quel che accade, e spesso lo realizzi dopo.

Il parto del mio primo figlio, avuto a 33 anni, non è certo quella che si può definire una bella esperienza. Il travaglio è stato lungo e io ero terrorizzata, sebbene sapessi che i medici e il personale ostetrico (tra l'altro donne, che forse hanno passato la mia esperienza) stavano lavorando per il bene mio e del mio bambino, mi sono sentita spesso umiliata e trattata con freddezza. Mi sono piovuti commenti come "Dai che ce la fai" (con tanto di risatine, mentre pativo come poche), "Svegliati", "Quante scene", "Ripigliati", "Insomma ma questo figlio lo vuoi avere oppure no?", "Cosa dobbiamo fare con te" e altre cose che mi fanno sinceramente ancora adesso molto male.

Quando sono uscita ero esausta e traumatizzata, lì per lì non ho avuto la prontezza di litigare col personale, ero emotivamente terrorizzata e cercavo di fare come dicevano, sul momento pensavo volessero spronarmi a fin di bene, ma non hanno tenuto per nulla conto del fatto che quando si parla di salute e di sensibilità al dolore non sempre il corpo reagisce sempre alla stessa maniera per tutte. E la consapevolezza del trattamento è arrivata dopo, in quei momenti ero troppo concentrata sul bambino in arrivo. Parlandone con altre mamme e confrontandomi sul web ho scoperto di non essere stata la sola a ricevere questo trattamento un po' in tutta Italia, e anzi, a me è andata fin bene perché ad altre donne è successo di peggio, tra manovre e trattamenti indesiderati durante e dopo il parto (a volte anche con conseguenti lesioni).

Per molto tempo io e mio marito abbiamo pensato di voler avere altri figli, ma il ricordo del primo parto è stato davvero troppo negativo. Alla fine, convinta da alcune amiche che avevano avuto esperienze molto positive facendosi seguire da determinate ostetriche, ho concepito di nuovo un figlio tre anni fa, e la gravidanza per fortuna è stata portata a termine serenamente, un'esperienza del tutto diversa dalla prima, in un altro ospedale per mia scelta, e con un'ostetrica che mi è stata accanto trasmettendomi serenità e tranquillità, e che non smetterò mai di ringraziare. 

Sono consapevole però che il problema esiste, proprio per questo è importante parlarne, scambiarci testimonianze e opinioni (vedo su Facebook che esistono già numerosi gruppi e associazioni) e sensibilizzare tutta la società. Solo così penso che potremo cambiare le cose".

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