In Giappone una cabina telefonica per parlare con chi non c'è più
È diventata molto famosa soprattutto dopo lo tsunami del 2011: da allora migliaia di persone si recano alla Kaze No Denwa
Ha fatto il giro dei social e dei quotidiani di mezzo mondo, diventando presto virale, la storia della cabina telefonica per affidare le proprie parole "al vento", indirizzandole a chi non c'è più.
La storia, romantica e struggente, arriva da Otsuchi, nel nord del Giappone, dove è stata installata una cabina telefonica particolare: è bianca (il colore del lutto nel Paese del Sol Levante) isolata, su una collina, la cornetta c'è ma non è collegata a nessuna linea. Accanto, un taccuino con una penna per lasciare i propri pensieri.
È la Kaze No Denwa, la "cabina telefonica del vento", che serve a parlare con chi non è più tra noi e ci manca, inventata da Itaru Sasaki, in memoria di suo cugino.
Sasaki costruì la cabina nel suo giardino, e ogni giorno vi entrava per comporre il numero di telefono del cugino e "parlargli", lasciare le proprie parole al vento che le trasportasse fino all'anima del suo caro.
Poi, dopo il tremendo tsunami che nel 2011 sconvolse il Giappone, la cabina iniziò a diventare famosa e a essere visitata da sempre più persone che - dopo aver perso chi i genitori, chi i figli, chi gli amici, chi i partner - cercavano un modo per elaborare il lutto. E in migliaia hanno trovato conforto parlando nella cabina di Itaru, affidando i loro messaggi al vento e sul taccuino e ritrovando la pace.
Anche adesso, che la storia ha letteralmente fatto il giro del mondo, sono molte le persone che bussano alla porta di Itaru chiedendogli di poter parlare con i propri cari scomparsi. E l'uomo, memore della morte del proprio amato cugino, e consapevole del fatto che da una disgrazia è nato un modo per aiutare tanta gente, non dice mai di no.
Da questa idea è tratto anche un libro, "Quel che affidiamo al vento", di Laura Imai Messina. La trama: sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, si spalanca un immenso giardino chiamato Bell Gardia. In mezzo è installata una cabina, al cui interno riposa un telefono non collegato, che trasporta le voci nel vento. Da tutto il Giappone vi convogliano ogni anno migliaia di persone che hanno perduto qualcuno, che alzano la cornetta per parlare con chi è nell'aldilà.
Quando su quella zona si abbatte un uragano di immane violenza, da lontano accorre una donna, pronta a proteggere il giardino a costo della sua vita. Si chiama Yui, ha trent'anni e una data separa quella che era da quella che è: 11 marzo 2011. Quel giorno lo tsunami spazzò via il paese in cui abitava, inghiottì la madre e la figlia, le sottrasse la gioia di essere al mondo. Venuta per caso a conoscenza di quel luogo surreale, Yui va a visitarlo e a Bell Gardia incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo e ha una bimba di quattro anni, muta dal giorno in cui è morta la madre. Per rimarginare la vita serve coraggio, fortuna e un luogo comune in cui dipanare il racconto prudente di sé. E ora che quel luogo prezioso rischia di esserle portato via dall'uragano, Yui decide di affrontare il vento, quello che scuote la terra così come quello che solleva le voci di chi non c'è più.
E poi? E poi Yui lo avrebbe presto scoperto. Che è un vero miracolo l'amore. Anche il secondo, anche quello che arriva per sbaglio. Perché quando nessuno si attende il miracolo, il miracolo avviene.