C’è chi li ha immaginati spietati e distruttori, chi fedeli alleati degli esseri umani, chi addirittura romantici e decadenti: da quasi un secolo la fantascienza ci ha fatto familiarizzare con l’immagine di robot e androidi. E anche nel tempo la loro immagine è cambiata. Dimenticate la freddezza meccanica di acciaio e algoritmi, non di rado ci sono apparsi più umani degli esseri umani. "E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire" sussurra il replicante Roy Batty, in quel capolavoro che è "Blade Runner". L’intuizione vertiginosa che un domani anche gli esseri artificiali potrebbero provare emozioni e sperimentare il sentimento che più li accomuna a noi umani: la paura della morte.
Non sappiamo però se i robot, con cui un giorno interagiremo, mostreranno mai i segni di quella che gli scienziati chiamano "Intelligenza Artificiale Generale", come nel caso dei tanti androidi che il cinema e la letteratura ci hanno regalato. Perché, se è vero che il motore che li animerà sarà quello di sistemi di intelligenza artificiale e reti neuronali come Bard o ChatGPT, è pur vero che questi sistemi assomigliano al momento ancora a quello che gli scienziati chiamano "Pappagalli stocastici": mostri di correlazioni statistica, ma con evidenti problemi con la semantica, ossia con il significato delle esperienze che compiono e del mondo che li circonda.
Ho fatto fare i compiti a ChatGPT: ecco cosa ho imparato
Quel che è certo è che però questi sistemi sono già usciti dagli schermi dei nostri device digitali per non tornare più indietro. La prima avvisaglia ce l’ha fornita, qualche giorno fa, un esperimento della Boston Dynamics, azienda americana leader del mondo della robotica.
Al cane digitale non manca più nemmeno la parola
Spot è il cane meccanico più famoso del momento. Quadrupede e meccanizzato è sicuramente il suo prodotto di punta della Boston Dynamics, una delle aziende mondiali leader dell'ingegneria robotica. Dotati di ampia mobilità e manualità, questi modelli svolgono compiti che presentano rischi elevati per gli esseri umani o che possono essere altamente ripetitivi.Qualche esempio? I "cani" della Boston Dynamics sono stati utilizzati a Singapore, per mantenere il distanziamento durante il lockdown o da molte polizie mondiali per pattugliare aree a rischio delle metropoli.
In Ucraina sono una risorsa importante per bonificare i terreni minati dai russi in tutta sicurezza. E anche in Italia, poco tempo fa, un cane digitale dell’azienda di Boston ha debuttato in un cantiere nostrano e nella sorveglianza del Parco Archeologico di Pompei.
Le sue potenzialità sono già sorprendenti, come mostra questo video promozionale dell’azienda in cui il robot balla al ritmo di "Start me up" dei Rolling Stones.
Qualche giorno fa due sviluppatori dell’azienda americana hanno rivelato di aver integrato ChatGPT all’interno di Spot. Il risultato? Il chatbot del momento gli ha "donato la parola" e accresciuto enormemente le sue capacità di interazione con il nostro mondo. Grazie al tool di intelligenza artificiale l’utente può fare domande al robot utilizzando il linguaggio naturale e scoprire informazioni rilevanti: dal livello di batteria alle missioni effettuate fino allo spazio percorso. A una certa lo sviluppatore fa osservare a Spot che sta invadendo il suo spazio e il robot si fa indietro.
We integrated ChatGPT with our robots.
— Santiago (@svpino) April 25, 2023
We had a ton of fun building this!
Read on for the details: pic.twitter.com/DRC2AOF0eU
Anche se ci troviamo di fronte a un video simpatico e scanzonato, quanto sperimentato potrebbe davvero essere l’inizio di una rivoluzione. Qualcosa di simile alla semplificazione delle interfacce che ha portato alla rivoluzione dei personal computer e li ha trasformati in prodotti di massa, spalancando così le porte alla vera e propria rivoluzione digitale. Chat GPT è utilizzato al momento solo per la parte "verbale", non influisce direttamente sui comportamenti del robot.
"Abbiamo limitato l’uso di ChatGPT alla risposta di domande relative a specifici contesti che abbiamo generato, non c’è modo di fargli generare altre risposte e il chatbot non può controllare Spot in ogni modo. L’uso è solo per l’interazione verbale" ha precisato Santiago Valdarrama, uno degli ingegneri del progetto.
Presto però ChatGPT non potrebbe essere limitato solo a questo: a febbraio Microsoft ha infatti firmato un accordo multimiliardario con OpenAI, pubblicando un documento che delinea i principi di progettazione per l'integrazione di ChatGPT nella robotica.
La mia cena con ChatGpt: niente sesso, ama Putin e Mussolini
Il riconoscimento facciale sta già cominciando a fare arrestare innocenti
Tornando ai creatori di "Spot" è però singolare notare che l’azienda americana, ieri finanziata anche da Google e oggi controllata dalla Hyundai, sia diventata famosa soprattutto per la costruzione di un robot chiamato "BigDog" nel 2005, realizzato con un cospicuo investimento da parte della difesa americana. Si trattava di un cane meccanico capace di muoversi su terreni molto accidentati, dove né i mezzi corazzati, né gli esseri umani si trovano a proprio agio. Il suo compito era di trasportare i soldati in aree difficilmente raggiungibili. Ed è sintomatico che molta della ricerca in questo campo sia alimentata soprattutto dalle spese militari.
L’ombra di Terminator
Una cyborg implacabile, dalla forza e dall’intelligenza sovrumana, disposto a tutto pur di uccidere. Il film "Terminator" di James Cameron, che consacrò tra gli altri Arnold Schwarzenegger, è da sempre un film cult per la generazione nata tra gli anni ‘70 e ‘80. Una pietra miliare dell’immaginario collettivo capace di forgiare ancora oggi la nostra visione delle macchine basate su sistemi di intelligenza artificiale.
Ma androidi come Terminator, o come il già citato Roy Batty di "Blade Runner", ad oggi rimangono fortunatamente ancora solo fantascienza. Non esiste ancora un sistema informatico dotato di quella che gli esperti chiamano "Intelligenza Artificiale Generale". Generalmente i tool basati anche su sistemi di A.I. oggi sono basati per svolgere un solo compito alla volta, non per passare agilmente da un compito all’altro, anche se l’evoluzione è vertiginosa e lo scenario potrebbe cambiare rapidamente.
"L’A.I. estinguerà la razza umana", davvero?
Già così però ci potremmo trovare di fronte a una rivoluzione: non è un caso che tra le superpotenze ci sia già una corsa per gli investimenti in questo senso e che il Segretario alla Difesa USA, Lloyd Austin III, ha recentemente dichiarato che stanzierà 1.5 miliardi di dollari per l’hub di intelligenza artificiale del Dipartimento della Difesa nei prossimi cinque anni e che il predominio in questo campo sarà fondamentale per mantenere la leadership militare mondiale.
L’intelligenza artificiale è già fondamentale nelle moderne guerre per più aspetti: nell’analisi veloce di grandi quantità di big data e nella presa veloce di decisioni operative, nell’elaborazione delle immagini e nella definizione degli obiettivi, nella disinformazione e nei campi di battaglia difficilmente praticabili per gli esseri umani, come ci dimostra il "Big Dog" della Boston Dynamics. Ed è questo forse uno degli aspetti più inquietanti.
Il largo utilizzo dell’intelligenza artificiali nei droni russi e ucraini, tanto per rimanere nell’ultimo conflitto, potrebbe presto non essere più un punto interrogativo. Ma come ricorda Gianluca Di Feo, ormai qualsiasi sistema militare viene progettato per fare a meno dell'uomo. Dagli aerei ai carri armati, dalle navi ai robot killer che domani potrebbero avere il compito di uccidere una determinata persona sulla base dei software di riconoscimento facciale. E se l’automazione è ormai la nuova frontiera delle guerre del nuovo millennio l’Ucraina è diventata purtroppo un vero proprio terreno sperimentale in questo senso. Ma dalla Cina agli Usa, dall’Europa alla Russia, armi di questo tipo sono sempre più una realtà e ci mettono di fronte a dilemmi etici epocali e rischi non facilmente quantificabili.
Non è un caso che lo scorso 7 ottobre il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione in cui chiede al proprio comitato consultivo di preparare uno studio attraverso cui valutare le implicazioni che l’uso delle nuove tecnologie militari possono esercitare sui diritti umani. E al centro della riflessioni ci sono quelle che vengono chiamate LAWS, acronimo che sta per "Lethal Autonomous Weapons" ovvero "armi autonome letali".
Perché robot e intelligenza artificiale stanno cambiando anche la guerra che avevamo imparato a conoscere in maniera vertiginosa e non solo.
Robotica e A.I.: quali sono gli scenari?
Sgombriamo subito l’equivoco: robotica e intelligenza artificiale non sono sinonimi, né sono sempre complementari. La robotica si occupa di produrre macchine chiamate robot che possono replicare o sostituire le azioni umane, l’intelligenza artificiale prova a simulare l’intelligenza umana all’interno di sistemi informatici e di macchine. La maggior parte delle macchine coinvolte nell’automazione odierna sono ancora a intelligenza zero, o meglio, sono programmate per svolgere al meglio un compito (spesso sotto la supervisione di un essere umano) ma non possono né imparare dagli errori, né tantomeno prendere decisioni autonome.
Così l'A.I. potrebbe cambiare per sempre l'Internet che conosciamo
Analogamente sistemi di intelligenza artificiale sono presenti nella nostra vita quotidiana negli ambiti più disparati anche senza nessun supporto fisico. Dagli assistenti vocali ai protagonisti dei videogiochi, dal trading finanziario agli algoritmi che guidano la nostra esperienza on-line: l’utilizzo di sistemi di A.I. è già prassi in molti settori. Il suo "sbarco" dagli schermi al mondo fisico pone una gran quantità di problemi. Ad esempio molti degli sviluppi dipenderanno da quella che gli scienziati chiamano "intelligenza semantica". Ossia dalla comprensione del contesto nelle quali queste macchine si muovono per prendere decisioni. Un compito non semplice: le variabili a cui facciamo fronte quotidianamente sono molteplici e richiedono risposte immediate, si pensi ad esempio alla difficoltà di elaborare sistemi di auto basate su guida autonoma.
Il passo successivo (ancora più difficile) è quello di costruire macchine capaci di formare rappresentazioni del mondo e comprendere le emozioni e le intenzioni umane per poi agire di conseguenza, imparando efficacemente dal contesto. È lo stress test più difficile: ai robot viene chiesto di identificare chi hanno di fronte (Un anziano? Un bambino?), rilevare l’intenzione della persona e poi agire di conseguenza secondo un modello di comportamento consono. L’interazione si basa sulla conoscenza del contesto, delle emozioni e delle connotazioni che caratterizzano qualsiasi ambiente sociale. Per arrivare a questi livelli di sofisticazione occorreranno ancora anni, ma i primi sistemi robotizzati basati su sistemi di intelligenza artificiale potrebbero presto prendere piede in più settori e in tempi rapidi.
No, robot e Ai non ci ruberanno il lavoro
Gli esperti dell’International Federation of Robotics prevedono che nei prossimi cinque anni, i robot basati su sistemi di A.I. saranno largamente utilizzati in settori come: medicina, agricoltura di precisione, riciclo e controllo qualità. Nel giro di 10 anni potrebbero essere usati massicciamente nell’edilizia, nelle raccolte agricole, nell’abbigliamento, nelle fabbriche. Per avere assistenti domestici e robot che si occupano della cura della persona ci sarà invece da aspettare per i motivi che sottolineavamo sopra.
Nel breve periodo è innegabile però che il vantaggio che l’A.I. porta al mondo della robotica è sicuramente quello dell’adattabilità e della flessibilità, che potrà favorire la diffusione di macchine intelligenti. E il miglioramento dei processi di interfaccia, come dimostrato dall’esperimento della Boston Dynamics è un enorme passo avanti.
No, non ci troveremo presto di fronte a uno degli androidi narrati dai romanzi di Philip Dick o Isaac Asimov, ma siamo comunque di fronte a uno tsunami che cambierà per sempre il nostro apparato economico e sociale. Rendersene conto ora, prima che l’onda ci travolga sarebbe sì, un bel vantaggio competitivo su chi ha scelto di chiudere occhi e orecchie su quella che ieri sembrava fantascienza e oggi è semplicemente realtà.