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Martedì, 23 Aprile 2024

Gianluca Anoè

Giornalista

Stelle o satelliti? L’anomalia del cielo artificiale

Chissà se in futuro il cielo sarà diverso da come buona parte della popolazione mondiale è sempre stata abituata a vederlo e ammirarlo. La direzione per ora è quella: più luminoso e meno reale. Nella primavera del 2019, Space X, l'agenzia aerospaziale di Elon Musk per intendersi, ha lanciato in orbita decine di satelliti. Si è trattato della "posa della prima pietra" di Starlink, quell'infratruttura mobile che nelle idee del magnate sudafricano dovrebbe permettere, un giorno, di poter fruire in ogni angolo del mondo di una super connessione mobile, con internet velocissimo. Se il progetto dovesse arrivare ad una completa realizzazione, ci ritroveremmo di fronte ad uno scenario duplice: da una parte ci sarebbe la possibilità di potersi appoggiare sempre ad una rete veloce, senza dover arrancare dietro ad un 4G o addirittura un 3G debole se non inesistente; dall'altra si manifesterebbe ancor di più, e in tutta la sua pienezza, il problema dell'inquinamento luminoso.

È proprio su questo punto che mi voglio soffermare. Risale a qualche tempo fa la petizione di un gruppo di astrofisici italiani indirizzata, tra gli altri, alla presidenza degli Stati Uniti d'America e alle Nazioni Unite per «salvare il cielo stellato dalla proliferazione incontrollata delle "mega costellazioni satellitari"». Si legge nella petizione: «Progetti come ad esempio Starlink, attualmente in costruzione e già con 900 piccoli satelliti in orbita terrestre bassa, costituiscono una grave minaccia per le osservazioni astronomiche, nell'ambito del visibile e in quello della radio-astronomia», che vengono impedite dalle interferenze provocate dai satelliti.

Quello dell'inquinamento luminoso non è certo l'ultima moda, tutto parte - con le dovute proporzioni rispetto ad oggi, ovviamente - con l'illuminazione notturna nelle nostre città, in particolare dal dopoguerra. Forse ho avuto la fortuna di nascere in un grosso paese che preserva a suo modo quella parte rurale  fuori dalle mura delle città, e vent'anni fa, quando ero solo un bambino, non ho mai avuto difficoltà a vedere le stelle. Anzi, forse non le ho mai apprezzate fino in fondo, del resto mi bastava alzare gli occhi al cielo per vederle, e se solo avessi avuto qualche conoscenza di Astronomia, non avrei fatto alcuna fatica a distinguere l'Orsa Maggiore e quella Minore (giusto per fare l'esempio più banale).

Ricordo distintamente il giorno in cui ho capito che le stelle non sono per tutti. Dalla campagna veneziana mi sposto a Torino, nella "metropoli", per studiare. Una sera un compagno di studi, torinese doc, "cittadino della città", mi fa notare che in cielo c'erano le stelle. «E quindi?», gli chiesi abbastanza stupito. «In vent'anni di vita è la seconda volta che riesco a vederle». Chiudo questa parentesi mielosa, solo per sottolineare che cambiano i tempi, ma le stelle continuano ad essere per pochi, forse in futuro per nessuno, se nemmeno astronomi e astrofili saranno in grado di distinguerle con potenti macchinari.

«Al giorno d’oggi, - si legge nella stessa petizione - i grandi osservatori astronomici vengono costruiti in aree remote del pianeta, come nei deserti [...] Lo stesso vale per i radiotelescopi, in quanto ogni città disturberebbe le bande radio alla quale gli strumenti sono sensibili. Fortunatamente sono nate leggi per la tutela del cielo notturno, [...] Purtroppo nell’epoca in cui viviamo, ci troviamo di fronte ad una nuova forma di inquinamento luminoso, quello prodotto dalle nascenti "costellazioni di satelliti" per la diffusione globale di internet».

Chi scrive è totalmente a favore del progresso tecnologico, ma non si può certo nascondere che un compromesso - come nella maggior parte delle dispute - potrebbe e dovrebbe essere il punto d'arrivo. Tra chi chiede di fissare un tetto massimo di satelliti artificiali in orbita, chi vorrebbe "spararli" nel cono d'ombra della Terra dopo il tramonto del Sole (e quindi ad un'altitudine non superiore ai 600 chilometri da Terra), è spuntata la stessa Space X, che non prima di qualche mese fa ha spiegato di "collaborare con le istituzioni astronomiche per far sì che il loro lavoro non sia danneggiato". Nel corso del 2020 l'azienda di Musk aveva anche lanciato un satellite sperimentale, con un particolare rivestimento che lo rendeva meno luminoso. Ma è ancora troppo presto per capire se possa essere una soluzione accettabile per le parti, non si potrà infatti valutarne l'efficacia finché non avrà raggiunto la sua orbita finale.

Vedremo se in futuro si riuscirà a trovare la giusta direzione, quella in grado di soddisfare tutti. Io nel dubbio, se il meteo lo consente, questa sera esco a veder le stelle.

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