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Giovedì, 25 Aprile 2024

Gianluca Anoè

Giornalista

È la fine di Netflix così come la conosciamo?

Dopo dieci anni vissuti col vento in poppa e una crescita costante di utenti, una flessione era fisiologica, ma una deriva di tale portata era difficile da preventivare. Netflix, colosso dello streaming, piattaforma che si è fatta - prima tra tutte - portabandiera di un servizio fatto di migliaia di serie tv e film con abbonamenti a piccoli prezzi, negli ultimi tempi ha cominciato a perdere qualche colpo, soffrendo la concorrenza di servizi omologhi al proprio, vedi Disney+ e Prime Video, che si sono fatti via via più agguerriti.

Certo, lo scenario di questi giorni ha quasi dell'apocalittico. I conti non vanno bene, gli abbonati sono duecentomila in meno rispetto alla fine del 2021 e il colosso dello streaming affonda a Wall Street. In quello che sarà ricordato come il 'mercoledì nero' di Netflix, i titoli sono crollati quasi del 40% e sono andati in fumo quasi 58 miliardi di dollari di capitalizzazione. La domanda che in molti si fanno è: "Netflix sta morendo?".

Vediamo di fare chiarezza. A lungo termine è impossibile pensare che il colosso dello streaming statunitense vada incontro a una debacle totale, nonostante la stessa società abbia avvertito i propri investitori che le prospettive a breve raggio non siano le più rosee, preventivando ulteriori perdite di utenti (fino a 2 milioni nel prossimo trimestre). Del resto per molti anni Netflix ha fatto la parte del gigante nel settore dello streaming online, senza concorrenza all'inizio e con servizi alternativi inizialmente modesti per pensare di vedere in qualche modo scalfire la propria supremazia. Ha avuto il merito di rivoluzionare un settore, quello della fruizione dei servizi on demand, rendendolo appetibile per molti, anche sul fronte economico,  ma poi sono entrate in gioco diverse variabili.

Competitor sempre più agguerriti

Le piattaforme concorrenti hanno cominciato a rosicchiare contenuti a Netflix - si pensi ad esempio al passaggio dell'intero universo Marvel a Disney+, che nel giro di un paio d'anni dal suo lancio ha toccato quasi 200 milioni di utenti paganti - e a produrne di propri. Che dire ad esempio della zampata di Jeff Bezos (non certo l'ultimo arrivato) che con la sua Prima Video ha acquistato la Metro Goldwyn Meyer? L'esito, scontato, è che gli utenti si guardino intorno, orientandosi anche verso altre piattaforme, magari più congeniali sul fronte dei contenuti: pensare di mantenere attivi cinque o sei abbonamenti differenti, per un peso di centinaia di dollari (o euro) al mese, per molte famiglie, è impossibile. Da top player, Netflix rischia di diventare uno dei molti, o un comprimario di livello, ma presagire una crisi senza fine è al momento impensabile.

I vertici di Netflix non si nascondono dietro a un dito, ma non hanno mancato di sottolineare come la sospensione del servizio in Russia dopo l'invasione dell'Ucraina, con la graduale riduzione degli abbonati, abbia inciso in modo significativo. "La sospensione - ha commentato a proposito la società californiana - ha comportato una perdita netta di 700 mila abbonamenti. Senza questo impatto, avremmo avuto 500 mila clienti nuovi rispetto all'ultimo trimestre". La giustificazione è parziale, non è infatti un caso che Netflix da tempo stia cercando di trovare delle soluzioni per aumentare fatturato e limitare la concorrenza.

Le contromisure: pubblicità, videogiochi, password

Ma quali sono le contromisure messe in atto? Per ora poche, solo abbozzate o semi-annunciate. Per vedere dei risultati, bisognerà attendere (e si parla di anni). La mossa più eclatante è anche quella più scioccante, che comporterà un cambio del paradigma: il colosso dello streaming, infatti, ha aperto alla pubblicità. Dopo essersi opposta fermamente per anni agli spot 'invasivi', ora starebbe studiando la possibilità di proporre degli abbonamenti a prezzo ridotto che prevedano l'inserimento di inserzioni commerciali. Si tratta di una svolta, una 'marcia indietro' che nonostante tutto potrebbe tramutarsi in una fortuna. Per ora, come detto, si tratta di una semplice apertura, che sarebbe estesa solo a degli abbonamenti più economici. Gli attuali pacchetti - comunque convenienti, ma non come negli anni d'oro - rimarrebbero, e sarebbero affiancati da una nuova soluzione, per attirare utenti disposti a sorbirsi gli spot pur di pagare meno. Si tratta di un downgrade? Forse parziale, ma che a ben vedere potrebbe fruttare, perché i puristi dei contenuti 'puliti' non sarebbero scontentati.

La seconda carta è quella del gaming, forse quella meno intelligente. Netflix ha già creato da tempo una sezione interamente dedicata ai videogiochi, in parte ispirati alle serie tv a catalogo, si pensi ad esempio ai titoli, due in tutto, legati alla fortunata serie 'Stranger Things'. Ad oggi, i giochi disponibili all'utenza - inclusi nel costo degli abbonamenti - sono 17, sia per dispositivi Android sia per quelli iOS. Il pacchetto dei videogame giocabili crescerà, lo sta già facendo da tempo, per quanto gradualmente, ma pare che la società sia fortemente intenzionata ad investire con decisione nel settore. Mossa caparbia? Difficile pensare che dei videogiochi, per quanto accattivanti, possano portare dei benefici nella crescita dell'utenza. Quale sarebbe la mossa di Netflix? Intercettare un pubblico di gamer e portarlo a sé nella fruizione di contenuti on demand? Regalare un 'cioccolatino' agli utenti attivi per evitare che possano lasciare? Non sembra una mossa strategicamente arguta (ma è solo un'opinione personale).

Terza mossa, della quale si chiacchiera ormai da tempo, sarebbe la stretta sulla condivisione della password, per troncare la pratica da semmpre dilagante che permette di prendere in prestito gli accessi di amici o familiari per usare 'a scrocco' il servizio in abbonamento. Secondo Netflix, nel mondo, sono più di 100 milioni le famiglie che stanno utilizzando una password condivisa, con una perdita notevole in termini di utenti e soprattutto di abbonamenti pagati. La soluzione sarebbe quella di introdurre controlli più efficaci sul sistema di accesso e una sorta di sotto-abbonamenti (come un subaffitto) che permettano di condividere la password ad un numero determinati di utenti. Ma anche su questo fronte non sembrano esserci le idee ben chiare e bisognerà attendere le mosse di Netflix.

Basteranno a Netflix queste strategie per mantenere il primato nello streaming e tenere a debita distanza la concorrenza? Non avendo la sfera di cristallo, è impossibile dirlo. Ci sono però delle certezze: Netflix, nonostante l'aumento dei costi in abbonamento, continua a fornire migliaia di ottimi contenuti a prezzi comunque molto contenuti. I concorrenti hanno raggiunto uno status tale da potersi definire davvero concorrenti. Il colosso californiano dovrà continuare a interrogarsi se è possibile differenziarsi - magari anche in altri modi - dai competitor, ma dovrà abituarsi, con ogni probabilità, ad essere uno tra i tanti.

Il crollo di Netflix: stretta sulle condivisioni e abbonamento con pubblicità 

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