Victoria Cabello racconta la sua seconda quarantena: “Quando ero malata mi credevano pazza”
In questo periodo di isolamento la conduttrice ha ricordato quello affrontato durante la lotta contro la malattia di Lyme che le aveva impedito anche di camminare
“Questa situazione di quarantena l’ho vissuta per un lungo periodo, questa volta però trascorro l’isolamento stando bene, questo è già per me un traguardo”: a parlare della situazione attuale che ci vede tutti in isolamento per fronteggiare la diffusione del coronavirus è Victoria Cabello, memore della malattia di Lyme che la colpì qualche tempo fa e che oggi torna alla mente come un’esperienza difficile, ma fortunatamente superata.
“Mi fa tornare con la memoria a un periodo in cui mi sono ammalata gravemente e mi sono dovuta per un lungo periodo chiudere in casa, in primo luogo perché ero proprio impossibilitata, a un certo punto addirittura a camminare”, ha ricordato la conduttrice in un’intervista al Corriere.it. La malattia “era stata trasmessa da una zecca, che non arrivava dal mio cane. A livello motorio avevo problemi e anche a livello cognitivo, quel periodo è stato molto complesso. Mi sono dovuta documentare moltissimo su batteri, medicina e nel farlo mi sono anche appassionata”.
Victoria Cabello ricorda la malattia: “Un calvario durato un anno e mezzo”
Victoria Cabello ha ripercorso i difficili mesi della malattia che all’inizio non era compresa dai medici: “Il problema vero che ho riscontrato è stata una disinformazione da parte della comunità scientifica.Mi sono ritrovata per un anno a sentirmi dire: sei depressa, torna a lavorare e vedrai che ti passa, non è niente, dai prendi degli antidepressivi… Io, conoscendomi molto bene sapevo di non essere depressa, o che se mai era la conseguenza della malattia, non la causa”.
In questa drammatica situazione determinante è stato l’intervento di “un ortopedico e l’ospedale Sacco di Milano, oltre a un medico negli Stati Uniti. Grazie a tutti loro io mi sono curata”, ha dichiarato la conduttrice che ha ricordato come non riuscisse più a parlare e ad articolare la parole: “Uscivo di casa e non ricordavo se avevo spento gas, chiuso la porta... dovevo scrivermi tutto ero veramente malridotta. Dopo un anno e mezzo di questo calvario, i medici del reparto infettivi del Sacco sono stati i primi a darmi una diagnosi, in particolare Agostino Zambelli: è stato determinante nel provarmi che non ero pazza”.
La personale esperienza ha indotto Victoria Cabello a una riflessione: “Ho trovato in tutto questo la prova che esiste una questione di genere. Ho dovuto pagare il fatto di essere una donna: se fossi stata un uomo non mi avrebbero dato della pazza, in sindrome premestruale o della depressa (...) Venivo costantemente liquidata dicendomi che il mio era un problema psicologico, quando oltre alla sindrome di Lyme mi hanno poi trovato tutta una seria di altre coinfezioni”.