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Venerdì, 19 Aprile 2024

"Bangla-La serie", per sorridere e capire le seconde generazioni

Diretta e interpretata da Phaim Bhuiyan, su RaiPlay e poi su Rai3

Roma, (askanews) - E' pigro, indolente e ha uno spiccato accento romano Phaim, il protagonista della serie "Bangla", ma quello che lo differenzia da molti suoi coetanei è che, come dice lui, è "50 per cento Bangla e 50 per cento Italia". Il ragazzo di seconda generazione protagonista di un film di successo tre anni fa torna con otto episodi su RaiPlay dal 13 aprile e dal 27 aprile al 6 maggio in prima serata su Rai3. L'ambientazione è sempre il quartiere multietnico di Torpignattara, dove per lui non è facile trovare il giusto equilibrio tra tradizioni familiari, regole religiose e il mondo circostante.

L'interprete-regista è Phaim Bhuiyan, che ha diretto la serie insieme a Emanuele Scaringi: "All'inizio della scrittura ci sono fasi di psicoterapia in cui io sviscero quelli che sono per me i problemi e i contrasti che vivo tutti i giorni, ecco. In più abbiamo cercato insieme a Emanuele e Vanessa di andare all'interno della comunità per parlarne proprio, magari avevamo una base, una bozza, dei progetti e quindi farli leggere e chiede: secondo voi questa cosa va bene? Quindi chiedere proprio quale è la percezione rispetto ad alcune scene, se potessero effettivamente offendere".

Uno dei dubbi che Phaim si pone nella serie è come affrontare la questione del sesso, rispettando i propri desideri e quelli della fidanzata, interpretato da Carlotta Antonelli, rispettando però le regole islamiche: "Dove abbiamo potuto portare la verità l'abbiamo fatto. Quindi sì, sicuramente il sesso, e per esempio un altro tema è stato il mese di Ramadan. Ma anche raccontare le prime generazioni, quindi come si vive dopo che magari perdi tutto e quindi devi sostanzialmente trovare una soluzione. Quindi il subaffitto è una di quelle, che anche la mia famiglia ha vissuto".

La serie è divertente, frizzante e svela con leggerezza cosa significhi la parola multietnicità oggi in Italia."Mi aspetterei di più che lo vedesse chi non conosce queste realtà perché magari si può fare un'idea, no? E magari che ci sia un dibattito, fondamentalmente, anche per le seconde generazioni che non erano mai state rappresentate prima, adesso possono avere diversi spiragli e diverse voci. Quindi può diventare anche un punto di riferimento".

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