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Venerdì, 26 Aprile 2024

Cnr, l'Artico strategico per cambiamento climatico. L'Italia c'è

A Roma il bilancio del PRA-Programma di Ricerche in Artico

Roma, (askanews) - Dal punto più estremo della Terra arrivano segnali allarmanti sul cambiamento climatico. L'Artico si sta scaldando a un ritmo preoccupante e la sua lontananza non deve rassicurarci, perché quello che accade lì anticipa quello che accadrà nel resto del pianeta. Condurre ricerche in questa zona inospitale è dunque cruciale e l'Italia gioca la sua parte con il Programma di Ricerche in Artico (PRA), avviato nel 2018, con una dotazione di 1 milione di euro l'anno, che coinvolge diversi ministeri, enti di ricerca - primi fra tutti Cnr, Ingv, Enea e Ogs - e università. Un bilancio dei primi anni di attività e dei risultati delle ricerche in corso sono stati presentati durante un evento organizzato a Roma dal Consiglio nazionale delle ricerche.

"Quello che stiamo vedendo - spiega ad askanews Carlo Barbante, direttore Isp-Cnr - è un riscaldamento molto importante dell'Artico, addirittura di quasi quattro volte la media mondiale. Ecco perché siamo molto allertati e molto allarmati da quello che sta succedendo perché questo provoca un innalzamento del livello del mare a causa delle fusione dei ghiacci e un riscaldamento dei mari con un impatto molto importante sulle specie che vivono nell'Oceano Atlantico e Artico".

Strategica quindi la presenza del nostro Paese in questa zona, come spiega Fabio Trincardi, direttore DSSTTA del Cnr. "Siamo in Artico perché l'Artico è uno degli hot spot del cambiamento climatico, cioè luoghi della terra dove il cambiamento climatico avviene più rapidamente rispetto alla media del riscaldamento del pianeta. In Artico avviene l'amplificazione artica e quindi le conseguenze di ciò che avviene si sentono non solo in quella regione ma in tutto il resto del pianeta. Avviene un gioco cruciale perché, una volta superate certe soglie - la fusione del permafrost, la scomparsa del ghiaccio marino estivo, l'atlantificazione delle acque - una volta che questi cambiamenti avvengono non sono più reversibili, e le conseguenze le pagherà l'intero pianeta accelerando il proprio riscaldamento. Quindi è cruciale essere lì come Italia insieme ad altri Paesi. C'è da fare diplomazia scientifica - prosegue Trincardi - e c'è da aggregare la comunità scientifica italiana che è forte ma è dispersa, come spesso è in Italia. Quindi questo piccolo finanziamento che da qualche anno abbiamo, di un milione l'anno, è utile perché attraverso un sistema di call, fatte con referee internazionali di alto livello, mettiamo quasi l'80% di questo budget a formare nuovi ricercatori, nuove idee e quindi è un'occasione di rilancio".

Tra le attività portate avanti in questi anni, il finanziamento di dottorati di ricerca in Scienze polari all'Università Ca' Foscari a Venezia, la creazione di un sito aperto per la diffusione dei dati alla comunità scientifica, oltre a diversi progetti di ricerca. Attività che potranno proseguire se, come ci si attende, verrà confermato il finanziamento per il 2023. "La vera aspettativa - conclude Trincardi - sarebbe il raddoppio di questo finanziamento. Dimostrando che questo milione lo stiamo spendendo bene, un altro milione potrebbe permettere davvero di fare uno scatto nella qualità delle ricerche che facciamo e nella quantità di persone che coinvolgiamo in queste ricerche".

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