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Martedì, 23 Aprile 2024

Le proteste si moltiplicano in Polonia dopo il no all'aborto

Ma Lempart e altre attiviste non ci stanno

Milano, 28 gen. (askanews) - Dopo che la Corte suprema in Polonia ha stabilito che anche l'aborto nel caso di feti con problemi congeniti è incostituzionale, il divieto quasi totale di interruzione di gravidanza è entrato in vigore, innescando un nuovo ciclo di proteste a livello nazionale. L'aborto secondo la legge polacca è ora possibile solo se la vita o la salute della donna è a rischio o se una gravidanza è il risultato di stupro o incesto.

La Polonia peraltro non è nemmeno un Paese dove le donne confondono l'aborto con la contraccezione: circa il 98% di tutti gli aborti legali nel Paese, di cui 1.110 nel 2019, sono stati eseguiti a causa di malformazioni fetali. E anche per questo la popolazione non solo le donne, vive il momento come un'ulteriore stretta ai valori democratici, non soltanto in Polonia, ma anche in Ungheria (entrambi Paesi ex patto di Varsavia, oggi in Unione Europea):

"Ora, quando la legge anti-aborto sarà stata inasprita - scrive questo utente di Twitter - il partito Diritto e Giustizia introdurrà una legge che permetterà di punire severamente le famiglie che non avranno figli ...? Sì, chiedo per un amico..."

Guidata da un gruppo per i diritti delle donne, Women's Strike, la gente si è riversata nelle strade di Varsavia e in altre città. Altre manifestazioni antigovernative sono in previsione da qui al 31 gennaio 2021. Ma il governo non starà a guardare.

"Il presidente Kaczynski ha ordinato 80 auto della polizia come la pizza", ma le donne dovrebbero protestare comunque. Vari dati mostrano che in Polonia ci sono circa 100-150mila aborti illegali ogni anno. Così Marta Lempart, una delle leader dell'International Women's Strike, presidente della National Women's Strike Foundation.

Su questa pagina Facebook un elenco degli eventi.

Secondo Lempart il governo (di destra) non rappresenta la volontà popolare, mentre i media locali sono completamente controllati dal potere centrale. E comunque la stretta non riguarda soltanto la legge sull'aborto, ma anche altri ambiti della società e la divisione dei poteri.

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