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Giovedì, 18 Aprile 2024

Sgombero a Roma, i rifugiati: "E ora dove andranno a scuola i nostri figli?"

È la prima notte dopo lo sgombero della favela di piazza Indipendenza e dopo l'intervento della polizia per disperdere i rifugiati sgomberati dal palazzo di via Curtatone. "Abbiamo dormito per strada. A Termini", racconta Almas. Suo marito è morto nel Mediterraneo, annegato insieme al suo quarto figlio durante il viaggio verso Lampedusa. Mangia seduta sul marciapiede, al termine della conferenza stampa organizzata per lanciare la manifestazione di domani e spiegare le loro ragioni. I suoi figli - Meri, Matteo e Rute - hanno otto, sei e cinque anni e giocano con le fotografie degli idranti e della polizia di ieri.

Mentre questo articolo viene scritto, i bimbi saltellano da una parte all'altra, indicano il corretto spelling dei loro nomi e chiedono (in romano) a chi scrive di vedere i video delle cariche di ieri a Termini. Fuori, persone in attesa davanti al municipio e gente che si sciacqua il volto alle fontane del quartiere. 

"Quella che è stata sgomberata, ricordiamolo, è una comunità "di rifugiati e di richiedenti asilo a cui l'Italia ha riconosciuto questo status", dice al megafono Luca Blasi, mediatore di Intersos, l'organizzazione umanitaria che curava da un anno un progetto di informazione sanitaria all'interno dello stabile di via Curtatone.

La conferenza stampa, inizialmente prevista a piazza Indipendenza, viene spostata a via Montebello, davanti al Municipio di via Goito. "Una comunità che ha diritto ad essere qui e al massimo della protezione internazionale". La denuncia dell'organizzazione umanitaria è netta: "Da un lato con lo sgombero è stata ripristinata la legalità. Ma a scapito di altra legalità: quella dei diritti umani". 

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