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Sabato, 27 Aprile 2024
Gesto liberatorio / Reggio Emilia

Medico va in pensione e spacca il telefono a mazzate: "Lavoravo 16 ore al giorno"

Il momento liberatorio di Ugo Gaiani, un medico di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, che ha festeggiato la pensione distruggendo il telefono dell'ambulatorio a colpi di mazza da baseball: "Dopo 39 anni di attività era giusto così. Era arrivato il momento di staccare la spina"

Un gesto liberatorio, per dire addio in maniera eclatante a quel lavoro che nell'ultimo periodo si era preso sempre più spazio. Ugo Gaiani, un medico di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, ha deciso di festeggiare la pensione distruggendo il telefono dell'ambulatorio a colpi di mazza da baseball. Un modo ironico per chiudere, davanti ai suoi pazienti, 39 lunghi anni di carriera. Lo "sfogo" è avvenuto lo scorso 28 luglio, al termine dell'ultimo giorno di servizio di Gaiani: salutato l'ultimo paziente, il medico ha indossato una t-shirt dei San Antonio Missions, il cappellino da battitore, ha impugnato una mazza e l'ha usata per fare in mille pezzi quel telefono che così tante volte aveva squillati in questi decenni di servizio.

"Quel telefono è stato il contatto con i pazienti, che ora devo interrompere dal punto di vista professionale - ha spiegato Gaiani al Resto del Carlino - Il mio è stato un gesto simbolico. L'ho fatto perché negli ultimi anni la reperibilità era diventata un incubo, dallo stress a tanti problemi che hanno influito sulla mia condizione generale. Ero arrivato a lavorare 16 ore al giorno, dormendo poco di notte. Se avessi continuato avrei avuto bisogno io del medico: era arrivato il momento di staccare la spina. Dopo 39 anni di attività era giusto così".

Il medico di Guastalla ha raccontato anche del momento peggiore per la sua professione, quello dopo la fine della pandemia: "Il peggio è stato il post Covid, con la gente che, in generale, è diventata più cattiva, più maleducata. L’emergenza sanitaria ha cambiato le persone. In peggio. Pazienti sempre meno pazienti, il nostro lavoro non bastava mai. Per fortuna ho avuto anche belle soddisfazioni. È difficile lasciare una professione a cui si è rimasti legati per quasi 40 anni. Con tanti pazienti si è creato un rapporto non solo professionale, ma anche di amicizia. Lo dimostrano i tanti cittadini che sono venuti a salutarmi in piazza, sotto l’ambulatorio, alla fine della mia attività. Ma arriva un momento in cui bisogna smettere".

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