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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronache marziane

Cronache marziane

A cura di Rossella Lamina

Arriva la “nuova geotermia”, sperimentazione dai molti rischi ed ulteriori costi in bolletta

Nuove nubi si addensano sul già martoriato territorio italiano: arrivano gli impianti geotermici sperimentali, progettati da società private ma con incentivi statali, che saranno messi  – ancora una volta – a carico delle nostre bollette.

Ci saremmo sistemati per la vecchiaia se ricevessimo 10 centesimi ogni volta che udiamo frasi come: “turismo e cultura sono il nostro petrolio”. Intanto si moltiplicano le aggressioni all’ambiente, mettendo spesso a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini ed affossando anche quelle realtà che proprio sul turismo, sulla bellezza del paesaggio e sull’agricoltura di qualità hanno incentrato la propria economia.

Ma in tanti non ci stanno più. Dalla Val d’Orcia  in Toscana all’altopiano dell’Alfina e al Lago di Bolsena nel Lazio; dall’orvietano a varie città della Sardegna,  i comitati di cittadini e le associazioni ambientaliste riuniti nella “Rete Nazionale NO Geotermia Elettrica”, hanno indetto per il prossimo 5 marzo a Roma una giornata di mobilitazione nazionale “contro la geotermia elettrica, speculativa ed inquinante”, che prevede anche un convegno (presso la Sala Mercede della Camera)  a cui parteciperanno scienziati, parlamentari ed amministratori locali.

La questione non è né banale né immediata, anche perché fino ad ora la geotermia è stata annoverata fra le rinnovabili e gode della reputazione di energia “pulita”. Di tutt’altro avviso sono i comitati di cittadini sorti fra i comuni toscani dell’Amiata, area dove, insieme a Lardarello nel pisano, si è concentrato sin dagli anni ‘50 lo sviluppo della geotermia italiana per la produzione di energia elettrica.  Le lotte dei comitati (oggetto del precedente post #GUERRIERI sul monte Amiata)  sostenute dalle ricerche di scienziati indipendenti, si contrappongono da tempo ad uno sfruttamento ritenuto altamente inquinante e pericoloso per la salute umana.

Nel 2010 è poi arrivato  il Decreto Legislativo. n. 22 del governo Berlusconi, che ha di fatto aperto la strada alla “nuova geotermia”.  Se gli impianti utilizzati in Amiata sono di tipo flash, con emissione di gas nell’atmosfera, i 13 nuovi  impianti pilota, “a media entalpia a ciclo binario” (di  cui 5 in Toscana,  3 in Campania,  3 in Sicilia, 1 in Umbria e 1 nel Lazio) prevedono - in estrema sintesi - la reiniezione  dei fluidi geotermici nello stesso sottosuolo.

Tutto a posto? Niente in ordine: la preoccupazione delle popolazioni coinvolte, condivisa anche da scienziati ed imprenditori locali, riguarda i rischi di questa tecnologia sperimentale. I fluidi reiniettati a pressione potrebbero risalire attraverso le fratture del terreno, inquinando le falde acquifere con arsenico ed altre sostanze cancerogene. Si aggiungono - non secondari - i problemi della possibile subsidenza (l’abbassamento del suolo) e della sismicità, che potrebbero essere indotte in aree tettonicamente sensibili. A causa sia dei nuovi impianti, sia delle 41 istanze di ricerca presentate al ministero dello Sviluppo Economico, che prevedono trivellazioni esplorative in Lazio (25 istanze), Lombardia (1), Sardegna (5), Sicilia(4) Toscana (6), Umbria (3), a cui potrebbero seguire ulteriori nuovi impianti geotermici.

L’allarme delle popolazioni è stato raccolto anche da alcuni parlamentari. Fra le tre interrogazioni presentate alla Camera, quella della deputata Alessandra Terrosi evidenzia che:

 L’Altopiano dell’Alfina ed il sottostante lago di Bolsena (VT) sono infatti importanti riserve d’acqua potabile per Umbria e Lazio. L’installazione di impianti geotermici può compromettere la qualità dell’acqua conseguentemente alle fratture che potrebbero essere indotte nel terreno.  (…) L’elevata fragilità sismotettonica ed un contesto edilizio fortemente vulnerabile come quello dei centri della ‘civiltà del tufo’ sconsigliano l’installazione di impianti geotermici (a memoria si ricordano i terremoti a Tuscania nel 1971 e a Castelgiorgio nel 1957) .

I deputati  Zaccagnini, Zan e Zolezzi nella loro interpellanza  ricordano un significativo episodio avvenuto il 21 luglio 2013 a San Gallo, in Svizzera:

…immediatamente associato dal Servizio Sismico Svizzero (SED) alle misure di test e di stimolazione impiegate nel pozzo di trivellazione del progetto geotermico, che segue peraltro quello dell'8 dicembre 2006 a Basilea, sempre correlato alla attività geotermica; in entrambi i casi l'attività è stata sospesa.

Visto che l’Italia, come attesta la nostra Protezione Civile, è uno dei paesi a maggior rischio sismico del mediterraneo”, c’è poco da stare sereni.  

Quando gli amministratori locali raccolgono il dissenso diffuso nelle popolazioni, ci pensa il governo centrale a sistemare tutto. Infatti, se 17 sindaci dell’area del lago di Bolsena, insieme all’assessore all’Ambiente della Provincia di Viterbo, hanno firmato una dichiarazione congiunta di ”opposizione alla geotermia nel territorio del nostro comune”; e se la Regione Umbria si accingeva a bocciare in sede di Valutazione di Impatto Ambientale l’impianto pilota di Castel Giorgio, comune nei pressi Orvieto, il “Decreto del Fare” del governo Monti (convertito nella Legge n. 98 del 2013) strappa agli enti locali sovranità sui propri territori, attribuendo al ministero dell'Ambiente la VIA su questi progetti.

Ma i dubbi sulla “nuova geotermia”  non finiscono qui. Se infatti la geotermia in Amiata vede Enel come unico gestore,  i progetti per gli impianti pilota sono stati presentati da un variegato numero di società italiane ed estere. Sulla Itw&Lkw Geotermia Italia,  candidatasi a realizzare l’impianto a Castel Giorgio ma con sede in Liechtenstein, ci ha informato l’articolo di Paola Pilati per L’Espresso,  in  cui peraltro si conclude: “Per la costruzione della centrale la società dice che investirà 25 milioni. Grazie a una tariffa sovvenzionata dalle bollette, ne incasserà 8 all'anno per 15 anni. In tre anni avrà recuperato l'investimento. Roba da rentier”.

Infatti, a fronte di rendimenti energetici bassissimi, questi impianti pilota si assicureranno 200 euro per Megawattora prodotto, una tariffa incentivante omnicomprensiva per 25 anni. Con un rapido conto, fatto dalla “Rete Nazionale NO Geotermia Elettrica”, un impianto che produrrà 40.000 MWh annui per 25 anni otterrà circa 200 milioni di euro a fronte di 35 milioni di euro di investimento.

I promotori della giornata di mobilitazione nazionale chiedono al governo di aprire un dialogo per una moratoria del “piano geotermia”, finché tutte le problematiche tecniche che preoccupano le popolazioni residenti nei territori coinvolti non siano state ragionevolmente risolte.

Una richiesta che appare molto ragionevole – a meno che non si intenda anche stavolta calpestare tutto e tutti (eccetto le società costruttrici degli impianti), alimentando un ennesimo scontro che non gioverebbe proprio a nessuno.

Arriva la “nuova geotermia”, sperimentazione dai molti rischi ed ulteriori costi in bolletta

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