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Domenica, 28 Aprile 2024
Curarsi mangiando

Curarsi mangiando

A cura di Francesco Garritano

Come contenere l’ipertensione mediante determinati probiotici

Se pensavate che probiotici e fermenti lattici servissero solo per rimettere in sesto il sistema intestinale vi stavate sbagliando. Nuove scoperte ci indicano un possibile utilizzo per l’ipertensione.

Tutti conoscono probiotici e fermenti lattici per i loro benefici che apportano al microbioma e per anni sono stati relegati al ruolo di preziosi aiutanti del tratto gastro intestinale.

Nuovi studi si fanno largo, si scoprono sempre nuovi utilizzi o funzioni di probiotici e fermenti lattici, che non riguardano solo l’intestino ma la salute dell’intero organismo.

Microbioma: parte importantissima del nostro organismo. I probiotici abbassano la pressione? Probiotici e ipertensione.

Il microbioma intestinale è una delle componenti più importanti del nostro organismo e nel tempo si è scoperto che i batteri intestinali operano un ruolo nella regolazione anche di fenomeni allergici, infiammazione, dimagrimento e benessere dell’individuo.

Ultimamente un team di ricercatori australiani ha effettuato uno studio su un gruppo di soggetti ai quali sono stati somministrati per più di 8 settimane un mix di probiotici che garantiva l’assunzione di una certa quantità di ceppi batterici vivi quotidiana; tale assunzione è stata in grado di ridurre in modo significativo la pressione arteriosa in soggetti ipertesi.

Probiotici e fermenti lattici agiscono in modo casuale?

I probiotici agiscono sull’ ipertensione in maniera inaspettatamente intelligente in quanto andrebbero a ridurre la pressione solo dove necessario quindi non in modo indiscriminato.

Il legame tra probiotici e ipertensione rende ancora più saldo il fatto che cibo, controllo dell’infiammazione e regolazione della funzione intestinale siano elementi importantissimi per mantenere l’equilibrio dell’intero organismo.

Cambiamo il nostro stile di vita dando maggiore importanza all’alimentazione e non abusiamo dei farmaci; il benessere passa prima da ciò che mangiamo, da quanto ci muoviamo e da nostro stile di vita in generale.

Gli approcci dietetici mirati alla riduzione della pressione arteriosa sono stati sempre diretti contro il sale, anche se i benefici della riduzione del sodio nella dieta sono discutibili; infatti, la riduzione dell’assunzione di sodio può ridurre la pressione sanguigna in alcuni individui, ma le riduzioni medie potrebbero essere solo di 4,8 mm Hg sistoliche e di 2,5 mm Hg.

L’ipertensione è una condizione in cui la pressione sanguigna risulta troppo elevata, comportando conseguenze a livello cardiovascolare, con probabilità di sviluppo di patologie come ictus, infarto del miocardio, aneurisma, ecc.

Solitamente, oltre al trattamento farmacologico, viene consigliato il cambiamento dello stile di vita che può giovare nel controllo della pressione: diminuire il peso corporeo, se si è in sovrappeso, evitare l’assunzione di alcolici, fare una dieta povera di sodio, praticare un’attività fisica costante ed eliminare gli zuccheri semplici dalla dieta.

Perché proprio gli zuccheri semplici?

In uno studio del 2014 pubblicato sulla rivista Open Heart, i ricercatori americani hanno scoperto il meccanismo mediato dagli zuccheri semplici sull’ipertensione, in particolare del fruttosio.

In una revisione sistematica di 12 studi che comprendeva oltre 400 000 partecipanti, l’assunzione di bevande zuccherate contenenti fruttosio è risultata significativamente associata ad una pressione arteriosa superiore e ad una maggiore incidenza dell’ipertensione. Gli autori hanno concluso che l’assunzione di più di 12 once (pari a 340 g) di bevande zuccherate al giorno può aumentare il rischio di ipertensione di almeno il 6% e può aumentare la pressione media di sangue sistolica di almeno 1,8 mmHg in circa 18 mesi.

Secondo quanto emerso dalla ricerca, se in caso di ipertensione si consiglia l’uso di cibi a basso contenuto di sodio, questi corrispondono ad una trappola, perché il nostro organismo alla ricerca di quantità giuste di questo elemento, sarebbe portato a mangiarne di più. L’esempio fatto dai ricercatori è proprio questo: “Se prendiamo le patatine fritte senza sale, siamo portati a mangiarne di più perché il nostro organismo è alla ricerca di livelli ottimali di sodio, che benefici possono portare alla salute grandi quantità di carboidrati raffinati e oli trattati?”.

Infatti, è stato visto come alimentando topi con saccarosio (costituito da un’unità di fruttosio e da una di glucosio) veniva stimolato il sistema nervoso centrale in particolare l’ipotalamo, aumentando la frequenza cardiaca, la secrezione di renina, la ritenzione idrica e la resistenza vascolare; tutti questi fenomeni conducono ad un aumento della pressione sanguigna. Inoltre, l’alimentazione ricca di saccarosio, ma in particolare ricca di fruttosio industriale, può comportare un aumento della pressione sanguigna tramite altri meccanismi come l’iperleptinemia, aumento di cortisolo e la riduzione dell’ATP.

Quando si consuma molto fruttosio, infatti aumenta anche l’acido urico, una sostanza che può danneggiare la parete dei vasi sanguigni favorendo l’insorgenza dell’ipertensione, inoltre considerato un marker di rischio cardiovascolare nell’adulto.

Il metabolismo del fruttosio prevede, come prima reazione la fosforilazione del fruttosio ad opera dell’enzima fruttochinasi, tappa molto veloce e priva di feedback negativo (non viene inibita dal prodotto della reazione), mentre quella seguente (catalizzata dall’aldolasi B) è lenta. Così alti carichi di fruttosio determinano l’accumulo di fruttosio 1-fosfato e contemporanea deplezione di fosfati inorganici, carenza che a sua volta determina accumulo di ADP e AMP, quindi come descritto nello schema carenza di ATP, catabolizzati quindi ad acido urico. Esiste però una differente risposta tra il fruttosio presente nella frutta e quello di origine industriale, dovuta alla contemporanea presenza nel primo di sali minerali e antiossidanti, in particolare vitamina C, che invece non sono presenti nel secondo. La vitamina C infatti aumenta l’escrezione renale di acido urico (uricosuria) e il suo intake è quindi inversamente proporzionale all’uricemia.

Quindi cosa eliminare?

Con questo articolo non voglio consigliare l’uso normale di sale e l’eliminazione dello zucchero, ovviamente l’azione del sale è sempre negativa, quindi il sale alimentare deve essere limitato anche tramite delle accortezze da utilizzare in cucina: usare più spezie, salare solo il sugo e non l’acqua della pasta, assaporare il vero sapore del cibo. Insieme a ciò, sarebbe un’ottima cosa eliminare completamente gli zuccheri dalla dieta, che oltre a provocare ipertensione, sono coinvolti in altre patologie.

Cambiamenti nella dieta e nello stile di vita, come riduzione dei chili in eccesso, aumento dell’attività fisica ed astensione dal fumo, portano ottimi benefici alla salute e al controllo della pressione arteriosa.
Per insaporire e migliorare al contempo i nostri piatti possiamo usare sali integrali, che sono ricchi di molti altri minerali e inoltre le meravigliose erbe aromatiche: rosmarino, salvia, menta, origano, melissa, timo, santoreggia, alloro, dragoncello, erba cipollina... e perché non divertirci a imparare ad utilizzare le infinite spezie che si hanno a disposizione! Vanno rigorosamente evitati i salumi e gli insaccati compresi quelli di pesce essendo “carni” molto salate e stagionate quindi ancora più concentrate o ad essere ricche anche di grassi animali. La limitazione si estende ai prodotti in scatola come i legumi e il mais che posso contenere aggiunte di sale e correttori, per i quali si consiglia una lettura attenta dell’etichetta. Vengono esclusi dalla dieta anche alcolici e superalcolici. Studi scientifiche hanno evidenziato la loro attività a sfavore della pressione sia sistolica che diastolica. Ultima avvertenza: i formaggi, soprattutto stagionati, primi tra tutti il taleggio e il grana, con un contenuto di sale più di 700 mmg in 100 gr di prodotto. Inoltre i formaggi grassi sono da evitare ed è quindi meglio scegliere quelli più freschi.

Per quanto riguarda le preparazioni in cucina sono da controllare le fritture e gli arrosti sostituendo con modalità più semplici e salutari come la cottura a vapore o ai ferri stando attenti a non annerire il cibo visto la produzione di sostanze di metabolismo secondario nelle parti bruciate che contribuiscono alla modulazione dell’indice glicemico di quell’alimento comportandosi come dei veri e propri zuccheri semplici (oltre che cancerogeni).

Mettiamo su un piedistallo la salute del nostro intestino e tutto il corpo ne beneficerà!

Dott. Francesco Garritano

Riferimenti bibliografici:

  • James J DiNicolantonio and Sean C Lucan. The wrong white crystals: not salt but sugar as aetiological in hypertension and cardiometabolic disease. Open Heart. 2014; 1(1)
  • DiNicolantonio JJ et al. An unsavory truth: sugar, more than salt, predisposes to hypertension and chronic disease. Am J Cardiol. 2014 Oct 1;114(7):1126-8.

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