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Martedì, 30 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

L'esistenza umana è solo un ramo del Grande Albero dell'Architettura?

Nelle brume ancora gravide dei fumi di carbone di fine anni '70, le città deindustrializzate in crisi socioeconomica verticale del Regno Unito provavano a cercare un barlume di speranza nel nuovo concetto di Rigenerazione Urbana. Idea sino a quel momento sostanzialmente tenuta nel limbo da quello che possiamo anche chiamare conservatorismo laburista e lavorista, in qualche modo egemone culturalmente (e politicamente) nelle scelte di sviluppo locale, che nel nome della difesa dei posti di lavoro, del reddito, del mantenimento del già flebile legame tra capitale industriale e territorio, vivacchiava in quella che anni dopo qualcuno qui in Italia definì cinicamente "nostalgia delle ciminiere". Dalla sconfitta nazionale di qualunque strascico lavorista novecentesco e dall'avvento dell'aggressivo approccio neoliberale nella sua forma primigenia, nasceva così l'idea di Rigenerazione Urbana come vero e proprio ripensamento del ruolo socioeconomico della città ex industriale, che anche un liberale di stampo neovittoriano come Lord Heseltine favorevolissimo per esempio alla rendita e finanza immobiliare provava molto attivamente a distinguere dalla pura riqualificazione edilizia. Ma certo esisteva l'enorme divario tra i capitali da investire nelle trasformazioni fisiche (e l'immagine esteriore che ne derivava) e quelli infinitamente minori di idee, competenze, culture, servizi, finalizzati ad alimentare quella che in tutto e per tutto avrebbe dovuto qualificarsi come "gentrificazione della società locale senza espulsione e sostituzione".

Molto rapidamente almeno nel lessico non specialistico, a volte anche negli ambienti che prendono e determinano le decisioni, il concetto di rigenerazione urbana si accostava e a volte sovrapponeva a quello della riqualificazione edilizia, assimilandolo alla «cosa per architetti» così come percepita generalmente. Fermo restando però che chi le decisioni strategiche le prende sul serio e consapevolmente ha ben chiara quella distinzione tra riconversione socio-territoriale dell'insieme dello sviluppo locale (ovvero quegli approcci che hanno per esempio determinato la fama di un Richard Florida o le teorie dei city users) e puri progetti di investimento, di quella complessità se ne deve per forza ricordare, visto che investe sui risultati finali. E così si finisce per riuscire a distinguere due diversi usi della medesima dizione: la rigenerazione urbana da rivista o opuscolo promozionale o articolo di giornale al limite della pubblicità subliminale, e quella di iniziativa istituzionale che anche per soli scopi di consenso deve accettare complessità, multidisciplinarità, molteplicità di prospettive studi analisi interventi. Nulla a che vedere con la «cosa da architetti» anche se gli architetti da sempre hanno un ruolo importantissimo: in fondo sta a loro determinare le forme dei contenitori che definiranno la trasformazione sociale.

Un problema del tutto analogo e complementare si presenta alla pubblica amministrazione che gestisce in tutto o in parte il processo sostanzialmente inedito su tutto l'arco della modernità industriale, e che quindi richiederebbe radicali trasformazioni organizzative interne (tecniche, di responsabilità, di decisione). Il Regno Unito neoconservatore non a caso si era dotato degli organismi collaterali delle Development Companies con propri poteri delegati e slegate dalla corrente amministrazione centrale e locale. Col tempo e nei vari diversi contesti anche il concetto di entità parallela (e dei suoi rapporti specifici con altri soggetti pubblici o privati) è venuto a modificarsi anche profondamente, ma a quanto pare senza cambiare l'idea di fondo secondo cui: 1) la rigenerazione è comunque intervento occasionale emergenziale per cui usare procedure particolari diverse da quelle correnti; 2) che il percorso scientifico, politico, socioeconomico, tecnico-amministrativo per essere fluido e adeguato non possa svolgersi dentro i normali organismi di governo urbano-metropolitano. Da qui l'istituzione e nomina, dentro cornici pure variabili, di organismi speciali allo scopo di diventare "strumento che aiuterà a dare una visione integrata alle molte azioni di rigenerazione urbana», per citare la più recente dichiarazione a proposito, quella del sindaco di Roma con l'istituzione di "Laboratorio Roma050 – il Futuro della Metropoli Mondo". Una versione aggiornata e addirittura più aperta e partecipata delle originarie discrezionali Development Companies, ma parimenti del tutto estranea a un "incarico di progetto" per Architetti, come paiono invece aver inteso i professionisti locali scatenati in una polemica senza senso. Per dirla come si usa a Roma: ci sono o ci fanno?

La Città Conquistatrice - Riqualificazione Urbana 
La Città Conquistatrice - Periferie  

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