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Domenica, 28 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

L'assurdo della «autostrada ciclabile»

Qualche anno fa il termine ebbe un certo effimero successo quando l'allora rampante Mayor of London, Boris Johnson, tra le centinaia di piuttosto scombinati progetti sostanzialmente mirati a migliorarne la visibilità e cercare consenso, aveva inserito le cosiddette Bike Highways, una specie di Grande Opera a Pedali per sovrapporre alla rete stradale della metropoli per eccellenza un'altro sistema di comunicazione veloce con lunghi tratti in sopraelevata, a tagliare parchi quartieri a favore dei pendolari. La cui immagine spontanea in realtà emergeva abbastanza fantozziana e retro, anziché dinamicamente postmoderna e amica dell'ambiente come ci veniva proposta: una schiera di personaggi scurovestiti che nell'ora di punta, magari completi di bombetta e ombrello d'ordinanza, salivano su un convoglio virtuale non dissimile da un treno della metropolitana, delle linee suburbane, da un lento serpentone di auto intasate, per spostarsi dalla periferia al centro o Business District. Insieme ad altre varie cose che importiamo come mode dall'estero (all'epoca sempre da Londra ci arrivava chiavi in mano il concetto di «Salva i Ciclisti» usato tradotto pari pari dizionario alla mano da un appello del conservatore Times) anche quell'idea di Bike Highways ebbe effimero successo dalle nostre parti, magari spinta anche da qualcuno che ci vedeva occasioni di lavoro, la posa di un po' di piloni per le sopraelevate fini a sé stesse, rampe di salita e discesa da colorare, bambini da coinvolgere nella «partecipazione» disegnando fiorellini sul rilevato.

A parte tutti questi non necessariamente antipatici collaterali sfuggiva però il vero senso a dir poco contraddittorio, non solo lessicale, delle «autostrade ciclabili», quando delle tradizionali cugine condividevano sia una specie di aspirazione al monopolio assoluto di uso dello spazio, sia l'idea meccanica secondo cui doveva essere il mondo a adattarsi alla nuova trovata, anziché viceversa. E la ragione ovvia si trovava proprio nel modus operandi del progetto, appalto, realizzazione, gestione, che appariva molto più facile desumere da quanto già operativo e sperimentato da decenni con le strade normali per le auto, un filo ridimensionate sulla scala di una bicicletta. E a parte la terminologia ammiccante inventata dall'ufficio stampa del sindaco Boris Johnson, quell'idea di corsia veloce a pedali ubiqua da Origine A a piuttosto remota Destinazione B, da sempre sottendeva progetti e realizzazioni di piste ciclabili veloci a corsia protetta, pensate esattamente per la medesima funzione delle autostrade da cui traevano origine.

Il piuttosto micidiale meccanismo dei cartoni animati dei Flintstones o dei Jetsons, in cui pur introducendo la novità di un mondo apparentemente retrocesso all'età della pietra e dei dinosauri, o proiettato nel futuro dei robot e delle astronavi, non si riesce né si vuole proprio pensare a qualcosa di diverso dal pendolarismo casa-ufficio, dalle mogliettine casalinghe coi bigodini, dal carretto dei gelati nella stradine delle villette e così via. Madornali sciocchezze che in un mondo dove il mercato cambia davvero l'ordine delle cose in realtà non accadono affatto: introducendo una novità o cambia tutto il resto adattandosi, o cambia la novità stessa, a pena di esaurirsi subito quando non ci riesce. E invece queste piste ciclabili «autostradali» paiono la norma, il meglio, quello che tutti vorremmo e su cui investire risorse e aspettative. È di questi giorni la partenza di un progetto milanese atteso da molti anni, la cosiddetta Ciclabile del Sempione, che modestamente inizia a sfruttare l'ampia sezione di carreggiata della storica arteria (che dal parigino Arco della Pace punta un boulevard idealmente verso l'Europa) in modo meno banale e autostradale di come sia avvenuto da decenni. Ma finisce per riprodurre in un modo o nell'altro il medesimo modelle: una corsia che va e viene in una unica direzione, e le cui comunicazioni col resto della città paiono delegate alla fantasia e improvvisazione degli utenti. Modificare in partenza il concetto e la percezione aiuterebbe molto.

La Città Conquistatrice – Piste ciclabili

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