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Venerdì, 26 Aprile 2024
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A cura di Massimiliano Dona

L'inaugurazione di un nuovo Mc Donald's finisce sotto inchiesta: se l'influencer marketing diventa alla portata di tutti!

Sui social network capita spesso di notare lo svilupparsi di un improvviso picco di post in concomitanza con il lancio di nuovi prodotti o di eventi sponsorizzati da questo o quel brand. Il sospetto, quando il cosiddetto buzz (cioè il traffico di post) cresce a dismisura è che si tratti di contenuti sponsorizzati, quindi sollecitati da apposite campagne a pagamento.

E’ per questo che l’Unione Nazionale Consumatori è tornata recentemente ad interessarsi dell’influencer marketing richiedendo l’intervento dell’Autorità Antitrust e dell’Istitutodell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP)  in relazione alla campagna che ha accompagnato l’inaugurazione di un nuovo locale commerciale della “catena” McDonald’s. Il sospetto, appunto è che possa essersi trattato di una iniziativa a pagamento commissionata a micro-influencer che hanno poi pubblicato contenuti e foto sui social network come Facebook, Instagram, Twitter.

Come è noto, il fenomeno della unlabelled advertising è stato affrontato inizialmente dalla Federal Trade Commission americana (nel caso Warner Bros) e poi anche dalla Competition and Markets Authority, che nel 2017 ha richiamato circa 40 celebrità e 15 imprese “per aver indotto in errore il pubblico con pubblicità indiretta su social network”.

Nel nostro Paese, invece, è stata proprio l’Unione Nazionale Consumatori a stimolare l’interessamento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che interveniva in sede di moral suasion verso alcuni noti influencer.

Ma, come detto, è sempre più frequente il diffondersi di una pratica nuova consistente nell’attivazione di soggetti diversi rispetto ai “tipici” personaggi dello star-system: si tratta dei cosiddetti micro-influencer, cioè soggetti con un numero più limitato di followers, ma la cui iniziativa “promozionale” può essere persino più efficace se sviluppata a livello locale, proprio grazie al minor grado di notorietà del “testimonial”. Nulla da obiettare ancora una volta, a condizione però che la pubblicità veicolata da questi micro-influencer, per conto delle aziende proprietarie dei marchi, sia sempre “palese, veritiera e corretta” nonché “chiaramente riconoscibile come tale”, in conformità alle disposizioni di legge. 

Sul punto, peraltro, tanto le linee guida pubblicate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, tanto i precetti contenuti nella Digital Chart pubblicata dallo IAP parlano chiaro!

Tornando ai numerosi post riguardanti l'inaugurazione del nuovo McDonald’s (almeno  giudicare dai contenuti analizzati)  sembrerebbe infatti quantomeno dubbia la natura “spontanea” di questi commenti: l’esame dei testi,  l’accuratezza degli hashtag utilizzati (#McTritone), la qualità professionale delle foto di accompagnamento sembrano elementi idonei a sostenere la presenza di una campagna commissionata da un operatore commerciale interessato a promuovere l’evento inaugurale.

A fronte di una così evidente “esibizione” dell’iniziativa e del brand del fastfood sarà l’Antitrust a fare le necessarie indagini. Intanto però ci ha contattato McDonald’s dichiarando di non aver commissionato alcuna iniziativa sponsorizzata: la circostanza, se confermata, apre scenari ancora più inquietanti sulla diffusione di un influencer marketing “selvaggio”. In qualche modo, finchè questo era appannaggio dei grandi brand si poteva sperare in una autoregolamentazione del settore. Ma se le campagne nascono non si da dove, stimolate da terzi evidentemente interessati, la cosa si fa preoccupante: del resto non c’è bisogno di molte parole per sottolineare come questa forma di pubblicità possa considerarsi non meno subdola e pericolosa dell’influencer marketing tradizionale: infatti, se da un lato è in grado di far trarre indiscutibili vantaggi tanto ai proprietari dei marchi pubblicizzati, quanto alle agenzie che arruolano i micro-influencer, dall’altro si condiziona la libertà di scelta del pubblico che è indotto a compiere scelte che non avrebbe intrapreso se avesse potuto apprezzare la natura commerciale dei messaggi diffusi.

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