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Lunedì, 29 Aprile 2024
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La vodka tutta italiana fatta coi grani del vulcano

Si chiama Vulcanica e nasce da un progetto di recupero e tutela di antiche coltivazioni di grano alle pendici dell’Etna. E non è il solo esempio nell’isola…

Abbandonate l’idea di fredde distese in qualche parte remota della Russia o dell’Europa orientale quando pensate alla vodka, perché così non è. O meglio non è più. Lo conferma anche vodka Vulcanica, un prodotto che nasce in un luogo che di certo ha poco a vedere con le temperature rigide e i profili impervi della terra degli zar. Parliamo della Sicilia, incipit di questa storia che punta alla protezione dei grani antichi sulle pendici dell’Etna da cui si ottiene poi Vulcanica. Infatti è proprio l’Etna a essere il grande protagonista di questa vodka, che nasce dall’idea di Stefano Saccardi, esperto di spirits con un passato in Campari, e Sonia Spadaro, sommelier e produttrice di vini. Dunque materie prime autoctone, carattere territoriale che punta a valorizzare ingredienti ed eccellenze dell’isola: una produzione che si sposta dai consueti binari.

Vodka Vulcanica, Sicilia

Vodka Vulcanica: come nasce l’idea di una vodka territoriale

Una vodka autoctona, locale, pensata e poi realizzata con l’idea di esprimere ciò che di buono e di prezioso c’è in Sicilia. Come i suoi grani, che qui alle pendici dell’Etna crescono e vengono coltivati da sempre, alla base dell’alimentazione delle popolazioni rurali di un tempo. Il perciasacchi, il russello, il margherito, il maiorca, la timilia e il biancolilla, tutte coltivazioni storiche con rese inferiori rispetto alle tradizionali colture ma con il vantaggio di richiedere pochi o addirittura nessun pesticida e avere un basso indice di glutine. Sonia Spadaro, infatti, oltre a essere sommelier è anche portavoce del progetto Simenza associazione nata su iniziativa di agricoltori e allevatori siciliani (di cui Vulcanica fa parte) per difendere il prezioso patrimonio dell’isola: dalla protezione dei grani antichi, assicurando le colture tradizionali e le biodiversità locali, alla doverosa alfabetizzazione su temi riguardanti la sostenibilità agricola e il suo futuro.

Vicino all'Etna, Vulcanica viene distillata a partire da cereali autoctoni

Il processo produttivo tutto siciliano di Vulcania

Tutto il ciclo produttivo di Vulcanica parla siciliano ed è artigianale. Il distillatore è un piccolo artigiano locale, mentre affinamento e stoccaggio si fanno nell’ex stabilimento Florio di Marsala. Gusto morbido e delicato, che si ottiene grazie a una distillazione in una piccola colonna di rame e utilizzando acqua di fonte siciliana a 200 metri di profondità, insieme a una varietà di lievito naturale. Una leggera filtrazione completa il processo produttivo, mantenendo tutti gli oli essenziali e i sapori tipici di questa vodka, che sa di pane, ricorda i sentori del lievito e del grano.

Vodka Martini con cappero, per un twist siciliano

La vodka siciliana: Vulcanica non è il primo esempio

Partiamo dal principio fondamentale che la vodka si può fare in tutto il mondo, basta avere la materia prima necessaria e un alambicco per la distillazione. Infatti ricordiamo come la vodka sia un distillato di cereali e/o patate, e vista la grande tradizione di grano nell’isola del sud Italia non appare impossibile la produzione di vodka. Seppur non sia così usuale fare questo distillato in Sicilia, non mancano infatti alcuni esempi che si affiancano a quello di Vulcanica, tanto da farci considerare questa regione come una nuova promess ain fatto di distillati

Vodka Baarìa, la vodka marina siciliana

Come Vodka Etna, della distilleria Amacardo nata dalla passione per il territorio di Maurizio e Andrea. Un prodotto che interpreta il terroir di questa zona, ottenuto dalla distillazione di cereali e patate di Giarre (coltivate in provincia di Catania), con acqua di sorgente proveniente dalle pendici del vulcano Etna. Altro esempio è la Vodka Baarìa, della distilleria Fratelli Mazza nella zona di Ragusa: vodka marina distillata con acqua di mare, limoni di Sicilia e foglie di ulivo, deve il suo nome al temine punico "bayharia", ovvero zona che discende verso il mare. Ottimi esempi di come si possa interpretare il territorio anche fuori dal tracciato ordinario e senza snaturalo.

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