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Lunedì, 29 Aprile 2024
Trent'anni dopo / Cagliari

Manuela Murgia, la famiglia non si arrende: "L'hanno uccisa, chi l'ha vista quel giorno si faccia avanti"

L'assenza di elementi probatori sufficienti fece sì che il caso venisse archiviato come un suicidio. Ma la famiglia, a distanza di quasi 30 anni, chiede la riapertura delle indagini e cerca testimoni: "Manuela è stata aggredita e assassinata"

"Manuela Murgia non si è uccisa, è stata assassinata". Ne sono convinti i familiari della 16enne che nel 1995 fu ritrovata morta in un dirupo nel Canyon di Tuvixeddu, a Cagliari. Da subito gli inquirenti avevano ipotizzato un omicidio, ma la mancanza di elementi probatori sufficienti fece sì che il caso venisse archiviato come un suicidio.

Oggi, la famiglia afferma con forza che troppi indizi sono stati in passato ignorati e chiede la riapertura delle indagini: "È ora di smettere di insinuare che si possa essere tolta la vita o sia caduta da oltre trenta metri. Vi è stata una brutale aggressione fisica. E dopo di che si è simulato maldestramente un suicidio", scrivono i familiari sul gruppo Facebook "Giustizia per Manuela Murgia".

volantini giustizia per Manuela Murgia

Si cercano testimoni

La famiglia non si arrende e, da sola, dopo 29 anni è alla ricerca di testimonianze che possano aiutare a ricostruire le ultime ore di vita di Manuela e cosa sia davvero successo quel giorno di febbraio del 1995. Per le vie di Cagliari sono stati affissi manifesti che esortano chiunque sappia qualcosa a farsi finalmente avanti. "Siamo qui a cercare aiuto - si legge sui volantini - da chiunque abbia notizie di lei, dei suoi ultimi giorni, qualcuno a cui Manuela possa aver raccontato cosa le stesse accadendo. Ma, soprattutto chi possa averla vista con qualcuno quella mattina".

volantini affissi

Cosa è successo: la ricostruzione del caso

La suola della scarpa pulita, i segni di violenza sul corpo e, in particolare, quelli sul collo, indice "di una manovra atta a farle perdere i sensi". Sono tanti gli elementi che non tornano sui quali il fratello e le sorelle di Manuela vogliono far riaccendere i riflettori, anche tramite la pagina Facebook creata pochi mesi fa.

Quel giorno, il 4 febbraio del 1995, la giovane esce di casa intorno alle 12 per poi scomparire nel nulla. Il giorno successivo arriva una segnalazione alla polizia locale: "C'è una ragazza senza vita nella gola di Tuvixeddu". Un luogo "che Manuela non conosceva, che non poteva assolutamente essere conosciuto da una ragazza", dicono i familiari.

luogo ritrovamento

Ma non solo. In un'altra foto del canyon di Tuvixeddu pubblicata su Facebook, la famiglia evidenzia la presenza di una doppia fila di recinzioni, "una in rete metallica a rombi" e, 30 centimetri dopo, il filo spinato. "Tutto il perimetro era delimitato da questa doppia recinzione, che all'epoca non era divelta. Imposibile non lasciare brandelli di stoffa attaccati alle recinzioni nel tentativo di scavalcarle. Come potrebbe una ragazzina esile come Manuela scavalcarle entrambe senza lasciare traccia? Senza agganciare un brandello di stoffa del pantalone o della giacca o senza tagliarsi nel filo spinato?", si chiede la famiglia.

recinzione-3

Dopo il ritrovamento del corpo, gli inquirenti ricostruirono che Manuela era caduta da un'altezza di oltre 30 metri, ma l'autopsia non riuscì a chiarire se si trattasse di omicidio o di suicidio, né se Manuela fosse caduta accidentalmente dalla rupe. Dopo aver ascoltato tante persone, compreso l'ex fidanzato di 8 anni più grande, non sarebbero emersi elementi utili alle indagini e venne quindi concluso che la 16enne si era tolta la vita.

Sono tanti, però, gli indizi che fanno pensare ad un epilogo diverso. Prima di tutto "i segni di percosse e violenze brutali" visibili sul corpo. Come quelli sul collo: "Segni causati da una manovra atta a far perdere i sensi alla povera Manuela, il suo corpo è pieno di segni e graffi non riconducibili alla caduta. Lo certificano le perizie effettuate dai nostri periti di parte", asseriscono i familiari.

E poi la questione della scarpa: la suola dello stivaletto indossato da Manuela è completamente pulito, così come il cappotto sia nella parte interna che esterna, mentre nella maglia "a contatto con il derma-pelle" c'è del pietrisco, sterpaglie, polvere e una vasta macchia di sangue. E ancora: il taglio netto della cintura che indossava, il maglione inserito all’interno dei pantaloni a sottolineare "con quanta particolare cura sia stata rivestita", i "segni di trascinamento, graffi sulla cinta e alcune macchie di materiale non presente sul luogo del ritrovamento, un liquido bluastro che imbratta il pantalone, le mani e la fronte".

scarpa Manuela

Dopo quasi 30 anni, spiegano i familiari, "siamo riusciti ad entrare in possesso dei fascicoli delle indagini e autopsia, sottoposte a tre team differenti di medici criminologi che hanno confermato l’omicidio". Oltre alla ricerca di ulteriori testimoni, i fratelli hanno lanciato una raccolta fondi su Gofundme "per affrontare le spese legali, mediche e la riesumazione del cadavere per dare finalmente giustizia al nostro piccolo angelo". 

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