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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca Napoli

Spari, violenza e sangue: è ancora possibile desiderare una speranza?

Ancora un gravissimo episodio di violenza nel Napoletano. Ma come si può chiedere un’attività di repressione quando la "criminalità" è culturale?

Sono trascorse appena 48 ore da quanto avvenuto a Qualiano, davanti al bar Nirvana Spritz, in via Fratelli Rosselli. Marco Bevilacqua, 37 anni, già noto alle forze dell'ordine, ha prima sottratto la pistola a una guardia giurata per poi fare fuoco contro un gruppo di giovani. Quattro ragazzi, tutti tra i 19 e i 18 anni, di cui due gravemente feriti. Il 18enne Michele Di Palma, al momento, si trova ricoverato in coma farmacologico e resta in pericolo di vita - mentre il coetaneo, Castrese D'Alterio, non è più ritenuto in pericolo di vita. Bevilacqua, nel 2006, fu arrestato per l'omicidio del padre dell'allora compagna, 47enne assassinato a Scafati. Per l'omicidio è stato condannato dalla Corte d'Assise di Appello di Salerno nel 2008 a 14 anni e 4 mesi di reclusione, sentenza divenuta irrevocabile nel febbraio 2009. Dopo aver trascorso diversi anni in carcere è poi tornato in libertà. Nel 2016 è stato nuovamente arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, stavolta a Qualiano, dove nel frattempo si era trasferito, al termine di un inseguimento continuato per ben 10 chilometri dopo essere scappato a un posto di blocco dei carabinieri. Dalle prime ore di domenica 29 maggio, il 37enne è in stato di fermo di polizia giudiziaria con l'accusa di tentato omicidio plurimo.

Cosa spinge un uomo a sparare, lasciando quattro feriti a terra?

Una notizia che, come ovvio che sia, ha attirato l’attenzione di tutto il Paese che, adesso, si domanda cosa possa aver spinto un uomo a esplodere sei colpi con una pistola calibro 9X21 poco prima rapinata a un vigilante puntandogli un coltello alla gola e lasciando a terra quattro feriti. In realtà, la ricerca di un movente non potrebbe essere più semplice di così. Cosa spinge un uomo a premere il grilletto contro un’altra persona? Mentalità, propensione culturale e, infine, incapacità di distinguere il bene dal male. In parole povere: la consueta formazione culturale della malavita. Una cultura sbagliata, priva di qualsivoglia “bussola morale” che può essere debellata soltanto grazie all’ausilio di una politica con la “P” maiuscola che possa governare e gestire le nostre città che (inutile negarlo) rappresentano ancora la più palese espressione di un contesto sociale caratterizzato quasi esclusivamente da valori negativi. Il frutto di generazioni di condizionamenti voluti dal Sistema e, ancora di più, della presenza di soggetti legati a famiglie camorristiche all'interno delle stesse amministrazioni locali. Un tumore inestirpabile che, certamente, non aiuta ad avere fiducia per il futuro e che, ancora, spinge a comprendere solo che, nei nostri territori, si muore. Il contrasto alla criminalità, non ci stancheremo mai di dirlo, richiede un'azione sinergica di tutte le istituzioni e, chiaramente, la repressione da sola non basta, per quanto resti un elemento fondamentale e imprescindibile.

Un’attività di repressione con le polveri bagnate

L’attività di repressione resta un elemento fondamentale e imprescindibile – d’accordo – ma come la si può portare avanti quando gli unici numeri indiscutibili sono quelli che parlano di carenze d’organico? Dei troppi posti di procuratore aggiunto che, ad oggi, risultano vacanti? Degli sforzi delle Procure che finiscono irrimediabilmente per disperdersi in un territorio così complesso?

Con criticità di questo tipo l'efficacia repressiva dell'azione dello Stato fatalmente ne paga le conseguenze. È evidente che lo Stato, dinanzi a poteri camorristici forti - radicati nel territorio e divenuti endemici perché connaturati alla società in cui vivono, operano, proliferano e fanno affari – stia indossando i panni dello sconfitto. E noi, ancora una volta, imploriamo un'azione di governo illuminata, di prospettiva, capace d'imporre un'azione sinergica di tutte le istituzioni. Ancora una volta speriamo in un cambiamento per poi prendere atto di circostanze che fanno perdere ogni aspettativa.

Cortesemente, possiamo ancora desiderare una speranza?

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