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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Reggio Emilia

Soffocato con una federa e calpestato dagli agenti: il video che mostra le torture in carcere

Il pestaggio di un 40enne tunisino ripreso dalle telecamere di sorveglianza. Chiesto il rinvio a giudizio per dieci agenti della polizia penitenziaria accusati di tortura, lesioni e falso

Sono gravissimi i reati contestati a dieci agenti di polizia penitenziaria del carcere di Reggio Emilia, indagati a vario titolo per tortura, lesioni e falso. I fatti risalgono allo scorso 3 aprile: un pestaggio brutale ai danni di un 40enne di origini tunisine, andato avanti per circa dieci minuti, iniziato nel corridoio del penitenziario e poi proseguito sulla porta alla cella.

Incappucciato con un federa, messo pancia a terra con uno sgambetto e poi preso a pugni sul viso e sul costato. Poi, ancora, calpestato con gli scarponi e trattenuto per vari minuti per braccia e gambe dagli agenti della polizia penitenziaria. Infine spogliato e sollevato di peso, sempre col cappuccio in testa, fino ad essere trascinato in cella.

Le violenze sarebbero state riprese dalle telecamere interne del carcere, un video finito agli atti dell'inchiesta ealla Procura reggiana. "Qualcosa di "brutale, feroce e assolutamente sproporzionato rispetto al comportamento del detenuto", aveva scritto il gip Luca Ramponi che a luglio ha emesso un'ordinanza di interdizione dal servizio per dieci indagati.

Misura poi revocata per uno degli indagati, assistito dall'avvocato Sinuhe Curcuraci. L'agente 26enne è stato l'unico a rispondere alle domande del giudice, mentre tutti gli altri indagati sentiti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Il poliziotto aveva dichiarato che "il detenuto si fosse procurato le lesioni da solo, in un altro momento" e aveva fatto notare che nel filmato delle telecamere di sorveglianza "teneva fermo delicatamente il detenuto per un minuto su un totale di mezzora di filmato, senza fare nulla e che in quel momento nessun altro lo avesse colpito". Sentito da Today, il legale Curcuraci ha affermato che il suo assistito si sia trovato coinvolto casualmente nei fatti mentre passava attraverso il corridoio (dove per l'accusa sarebbe avvenuto gran parte del pestaggio) e che il tunisino si sia provocato le ferite in altro modo, facendo riferimento al fatto che, in cella, la presunta vittima avrebbe rotto il lavandino per attirare l'attenzione, ferendosi con i cocci. Secondo l'avvocato, l'accusa non starebbe facendo distinzione tra le posizioni degli indagati. Il suo assistito, in particolare, non avrebbe firmato nessun atto e non sarebbe quindi passibile dell'accusa di falso. Né, tantomeno, di quella di lesioni o di tortura.

L’udienza preliminare è stata fissata per il 14 marzo davanti alla Gup Silvia Guareschi.

La ricostruzione del pestaggio

Secondo quanto ricostruito nel corso dell'inchiesta, il detenuto tunisino era appena uscito dalla stanza del direttore, dopo aver avuto una sanzione di isolamento per condotte che avevano violato il regolamento carcerario. Mentre si dirigeva verso le celle - riporta l'Ansa, che ha visionato il filmato - le telecamere riprendono come sia stato incappucciato, sgambettato e poi colpito dagli agenti mentre si trovava già a terra. L'uomo sarebbe stato quindi sollevato di peso, sempre con la federa a comprirgli il capo, e a quel punto denudato. Poi sarebbe stato condotto verso la cella e nuovamente picchiato. 

Lì, nonostante le richieste di aiuto, sarebbe rimasto per più di un'ora. Per cercare di attirare l'attemzione avrebbe quindi rotto il lavandino della cella per cominciando a ferirsi coi cocci. Le immagini delle telecamere mostrerebbero  il corridoio davanti alla cella allagarsi di sangue. Dopo circa un'ora sarebbero quindi intervenuti in suo soccorso un medico e un altro detenuto. In seguito la presunta vittima ha presentato una denuncia che ha dato il via alle indagini. 

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