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Sabato, 27 Aprile 2024
Brutalità / Lecce

Chiusa in casa col catenaccio dal compagno fugge, lui la aggredisce con un tubo: "Se non torni ti ammazzo"

La donna è finita in ospedale. Ora, per l'uomo iniziano i guai: era convinto lei fosse un "oggetto di sua proprietà"

Ha accettato di essere segregata in casa dal convivente, che l'avrebbe rinchiusa dall'esterno con tanto di catenaccio e lucchetto, perché lei non aveva un posto in cui vivere. Ma quando si è ritrovata tra le mani la chiave per la libertà la donna è fuggita per poi essere rintracciata e agredita, colpita con un tubo di gomma dura. Questa è stata l'ultima delle vessazioni che ha patito la donna, lo scorso 23 ottobre. Ora, come riporta LeccePrima, si trova in un centro antiviolenza, mentre lui, un 70enne di Morciano di Leuca, in provincia di Lecce, indicato come" artefice di ripetuti soprusi" si trova agli arresti domiciliari. Era convinto che lei fosse un "oggetto di sua proprietà".

"Se non torni a casa ti ammazzo"

Maltrattamenti in famiglia, lesioni e tentata violenza sessuale sono i reati messi nero su bianco nell'ordinanza di custodia cautelare notificata due giorni fa all'indagato. Il 70enne ha negato tutto,  attribuendo le tensioni avute con la compagna all'interferenza di una terza persona.

Le accuse mosse dalla presunta vittima sono gravi. Dei testimoni hanno confermato la sua versione dell'ultima aggressione: queste persone erano intervenute in suo aiuto la mattina del 23 ottobre scorso nei pressi del cimitero, mentre cercava di fuggire e fu fermata dal 70enne. Lui, per convincerla a salire sulla sua Ape e tornare a casa, l'avrebbe aggredita provocandole contusioni ad avambraccio e polso e la frattura delle ossa nasali e l'avrebbe minacciata con frasi del tipo: "Ti ammazzo se non torni a casa".

Furono proprio alcuni passanti ad allertare i carabinieri, ma al loro arrivo l'uomo, considerata la presenza di diverse persone, si era già allontanato.

Ai carabinieri, la donna raccontò ulteriori episodi drammatici, come la tentata violenza subita la sera prima e altre condotte violente del convivente che l'avrebbe "soffocata" con la sua possessività, sin dall'agosto del 2023, impedendole di avere contatti con chiunque, e l'avrebbe azzittita in più circostanze, mimando il gesto di sferrarle un pugno.

L'uomo non è nuovo ad accuse analoghe, sempre ai danni di donne alle quali era stato legato: nel 1981, fu condannato in via definitiva per ratto a fine di libidine e tentata violenza carnale; nel 1993, per maltrattamenti e atti di libidine violenti.

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