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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il costo del lavoro

Perché in Italia 100 euro di stipendio "costano" il doppio 

Secondo un'analisi di Unimpresa, ogni azienda paga 107 euro tra tasse e contributi su 100 euro di retribuzione netta: ben 38 euro in più rispetto alla media europea

Il costo del lavoro: un problema che affligge l'Italia ormai da molti anni e che fa ''rabbrividire'' es confrontato con i dati degli altri Paesi europei. Basta pensare che un'azienda del nostro Paese, su 100 euro di retribuzione netta, ne paga altri 107 tra tasse e contributi, fino ad arrivare ad un costo complessivo di 207 euro, ben 38 in più rispetto alla media europea di 179 euro.

A fotografare questa situazione è un'analisi del Centro studi di Unimpresa, illustrata oggi dal vicepresidente, Giuseppe Spadafora, nel corso dell'incontro col governo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il costo del lavoro in Italia

"Il cuneo fiscale eccessivamente oneroso nel nostro Paese è penalizzante e non favorisce, specie mentre siamo alle prese con gli effetti del Covid, la creazione di nuova occupazione", ha detto Spadafora nel corso della riunione. Secondo l'analisi del Centro studi di Unimpresa, "in Italia per ogni 100 euro netti di retribuzione, se ne pagano 32 di tasse e 75 di contributi previdenziali, dei quali 61 a carico del datore di lavoro e 14 a carico del lavoratore, per un totale di 207 euro. la media dell'eurozona è pari a 179 euro: per ogni 100 euro netti di retribuzione, se ne pagano 24 di tasse e 55 di contributi previdenziali, dei quali 38 a carico del datore di lavoro e 17 a carico del lavoratore".

"La Spagna si ferma a quota 160 euro complessivi: per ogni 100 euro netti di retribuzione, se ne pagano 19 di tasse e 41 di contributi previdenziali, dei quali 33 a carico del datore di lavoro e 8 a carico del lavoratore. Uno spread, quello relativo al cuneo fiscale, che rende l'Italia una delle economie più fragili. Pesa l'altissimo debito pubblico e quella italiana è l'economia che, nell'ultimo decennio, è cresciuta pochissimo nel confronto internazionale: nel 2000 il nostro Pil valeva quasi il 19% del totale area euro, oggi siamo scesi sotto il 15%", ha aggiunto Spadafora.

La bozza di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza 

Spadafora ha spiegato che la bozza di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) presentata dal governo "è una buona base, ma mancano alcune informazioni. Occorrono, in particolare, informazioni dettagliate sugli investimenti e sulle riforme da implementare spiegando: chi sono i soggetti responsabili dei vari ambiti e poi quali sono le modalità di implementazione delle riforme, i tempi e i costi. Ed è necessario dimostrare gli effetti delle misure inserite nel Piano soprattutto per quanto riguarda i benefici attesi sull'intero sistema economico".

"L'Unione europea - ha spiegato - ci ha chiesto interventi e riforme rigorose sia nel campo della giustizia civile sia per la previdenza: sarebbe importante capire dettagliatamente quali sono le intenzioni del governo. Per quanto ci riguarda, nell'ambito del Pnrr il pilastro decisivo è quello degli investimenti in infrastrutture: ambito nel quale, forse, si può e si deve fare di più. Occorre intervenire nella costruzione delle grandi opere pubbliche e migliorare anche le infrastrutture tecnologiche può generare effetti positivi per l'intero ciclo economico e innescare un percorso di crescita con una prospettiva di lungo periodo. Fuori del Pnrr, invece, occorre agire tempestivamente sul versante fiscale ed è arrivato il momento di avviare un serio piano volto all'abbattimento del carico tributario e mettere in atto un riassetto normativo che semplifichi significativamente il rapporto tra il contribuente e all'amministrazione finanziaria".

Le altre priorità di Unimpresa sono: il turismo, "settore letteralmente massacrato dalla pandemia"; il Mezzogiorno, che finora ha ricevuto sussidi, ma ha invece bisogno di un approccio lungimirante; i giovani e l'educazione scolastica; il sostegno alle pmi e al made in Italy; lo snellimento della burocrazia.

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