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Sabato, 27 Aprile 2024
Analisi e scenari

L'economia italiana frena, Meloni dà la colpa alla Germania ma c’è altro

L'inflazione rallenta e l'occupazione aumenta ma i timori per la crescita economica restano

Brutte notizie dall’Istat per l’economia italiana: dopo mesi di crescita il Pil ha iniziato a rallentare. Secondo il governo Meloni la 'colpa' è tutta da attribuire alla recessione in Germania, che per noi rappresenta uno dei principali mercati per l'export. Non tutti sono d'accordo con questa spiegazione: ci sono altre cose di cui bisogna necessariamente tenere conto, a partire dal rallentamento dei consumi per arrivare ai ritardi nel Pnrr. Di fronte a tutto questo in molti si chiedono: siamo all’inizio di una recessione? Difficile dirlo, anche perché stiamo assistendo a un raffreddamento dell’inflazione e a un mercato del lavoro in ripresa. Di contro però bisognerà fare i conti con un calo dei consumi, visti gli stipendi già troppo bassi 'tassati' dall’inflazione e la fine dei sussidi per le fasce più deboli della popolazione. Il tutto mentre una buona fetta di cittadini vede via via assottigliarsi la propria scorta di denaro, i risparmi. Ma andiamo per ordine.

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Pil in calo ma l’inflazione rallenta e la disoccupazione diminuisce

Frena il Pil nel secondo trimestre dell’anno, registrando una flessione dello 0,3 per cento rispetto ai primi tre mesi dell’anno, mentre risulta ancora positivo il confronto con lo stesso trimestre del 2022 (+0,6 per cento). A perdere colpi l’industria e l’agricoltura mentre i servizi tengono. Le cose vanno leggermente meglio negli altri stati europei, con il Pil della Germania che risulta invariato nel secondo trimestre dell’anno, quello della Francia in rialzo dello 0,5 per cento e quello della Spagna dello 0,4 per cento. La notizia preoccupa, anche se l’istituto di statistica nazionale dice che anche se nei prossimi trimestri il Pil dovesse mantenersi piatto potremmo comunque arrivare a registrare una crescita dello 0,8 per cento nel 2023.

A compensare questa notizia non troppo positiva quella di un rallentamento dell’inflazione, anche se meno della media Ue. Nel mese di luglio i prezzi al consumo hanno registrato un +6 per cento su base annua da un +6,4 per cento precedente, contro un +5,3 dell’area euro. Il carrello della spesa, però, continua a segnare aumenti a doppia cifra (+10,4 per cento rispetto a un anno fa).

Da aggiungere poi i dati confortanti sul mercato del lavoro diffusi oggi dall’Istat. A giugno il tasso di disoccupazione è sceso di -0,2 punti al 7,4 per cento (quello giovanile di -0,4 punti al 21,3 per cento) mentre l’occupazione ha registrato un aumento dello 0,3 per cento (+82mila unità). Diminuiscono le persone in cerca di lavoro (-8,7 per cento, pari a -178 mila unità) e gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-2,2 per cento, pari a -280 mila). Con un’inflazione in calo e un mercato del lavoro in ripresa come si può parlare di recessione?

Nodo consumi, investimenti ed export

Con gli stipendi al palo (ci sono ancora molti lavoratori poveri) e gli investimenti privati bloccati dall’aumento dei tassi della Bce, le prospettive per l’economia italiana diventano sempre più fosche. C’è poi la mannaia dell’inflazione che si abbatte sui consumi, andando a colpire soprattutto le fasce più povere della popolazione. E così mentre le rate dei mutui arrivano alle stelle, il carrello della spesa continua costare troppo caro. Di fronte a questa situazione gli italiani iniziano a ridurre i consumi, soprattutto per le attività legate al tempo libero. Difficile mantenere lo stesso tenore di vita degli anni passati con questi prezzi e così si vanno a erodere i risparmi, ma siamo ormai arrivati a toccare il fondo anche su quelli. Da considerare poi il 'danno' all’export italiano derivante dal rallentamento economico della Germania, considerata da sempre la locomotiva europea.

I prezzi alti hanno (forse) le ore contate ma quello che ci aspetta potrebbe essere peggio

Chi lancia un allarme recessione per l’Italia guarda proprio a queste tre componenti fondamentali del prodotto interno lordo: consumi, investimenti ed export. In particolare sostiene che senza un deciso cambio di passo queste tre variabili, al momento troppo deboli, non riusciranno a sostenere una crescita duratura dell’economia italiana, seppur 'drogata' da un boom di investimenti pubblici grazie ai fondi del Pnrr.

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