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Sabato, 27 Aprile 2024
Il piano

Poste Italiane, parte la privatizzazione: cosa vuole fare il governo

Il decreto prevede che allo Stato resti una quota non inferiore al 35%. Il ministro Giorgetti: l'esecutivo "potrebbe anche fermarsi al 51%, scorretto parlare di svendita". Il Pd: "Operazione insensata, servirà solo a fare cassa"

La cessione dell'intera quota di Poste Italiane detenuta dal ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef), pari al 29,7%, frutterebbe allo Stato 4,4 miliardi di euro. A dirlo è stato il ministro Giancarlo Giorgetti davanti alle commissioni Bilancio e Trasporti di Camera e Senato riunite per discutere il decreto di privatizzazione di Poste. Si tratta di uno dei tasselli del piano sulle privatizzazioni annunciate nelle settimane scorse dal governo e che dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 20 miliardi di euro. Oggi l'azienda è posseduta in parte dal Mef e in parte da Cassa depositi e prestiti che ha il 35% delle azioni (ma è a sua volta controllata dal Mef); un altro 22% è invece detenuto da investitori istituzionali e il 13% da investitori "retail".

La privatizzazione di Poste Italiane

Il decreto prevede la cessione "di una ulteriore quota della partecipazione diretta" del ministero" che però "dovrà consentire il mantenimento di una partecipazione dello Stato al relativo capitale non inferiore al 35%, anche per il tramite di società direttamente o indirettamente" controllate dal ministero dell'Economia.

Il governo intende dunque disfarsi di Poste? Giorgetti ha detto in audizione che "è scorretto parlare di svendita" e il governo "valuterà condizioni e tempi in modo da massimizzare le entrate dello Stato a beneficio del bilancio pubblico".

L’operazione, come è indicato anche nel dpcm, potrà avvenire in più fasi. L’unico limite previsto è che il 35% delle quote resti nelle mani dello Stato, e dunque del Mef o di Cassa depositi e prestiti. In totale, sommando le due quote, oggi lo Stato possiede circa il 64% dell’azienda. Giorgetti ha detto che almeno nelle prime fasi "il governo potrebbe anche fermarsi al 51%, perché riteniamo che sia l'asticella per ora soddisfacente, rispetto a un percorso che, come sta avvenendo in altre situazioni, sta progredendo".

Non solo. Secondo il ministro, la cessione avrà effetti benefici sul debito pubblico, permettendo di ridurre la quota di interessi. "In un quadro più generale - ha detto Giorgetti -, è opportuno considerare anche gli effetti dell'operazione sulla fiducia degli investitori istituzionali nazionali o esteri verso l'Italia, che potrebbero risultare in un miglioramento dell'appetibili del debito pubblico, con conseguenti effetti positivi in termini di riduzione dello spread e del costo del debito". Una riduzione quantificata in 200 milioni di "risparmi su interessi passivi".

Misiani (Pd): "Operazione insensata, servirà solo a fare cassa"

Per Antonio Misiani, senatore e responsabile economico del Pd, l’operazione è invece "economicamente insensata". Misiani ricorda che il ministro Urso, aveva assicurato il mantenimento di una partecipazione pubblica al 51%. "Qual è la linea del governo? Quella di Urso o di Giorgetti?" si chiede l’esponente Pd. Un altro punto sollevato da Misiani riguarda le ricadute finanziarie. "Secondo il ministro, il risparmio in termini di minori interessi sul debito sarà significativamente inferiore" ai dividendi incassati dal Mef. "È un'ammissione - dice Misiani - che conferma tutte le nostre perplessità". Infine, "la privatizzazione voluta del governo è totalmente slegata da un qualsivoglia disegno di politica industriale. Le parole di Giorgetti hanno di fatto confermato che è prevista solo per fare cassa. Aprendo incognite sulla tenuta dell'occupazione e della rete di uffici sul territorio di un'azienda di primaria importanza che svolge però un servizio pubblico universale e una funzione sociale nel Paese". 
 

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