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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cultura

Eduardo trent'anni dopo: il teatro che si fa vita

Il 31 ottobre 1984 moriva il grande drammaturgo napoletano, vissuto quasi un secolo tra teatro, arte e vita

Trent'anni senza Eduardo De Filippo sono lunghi. A distanza di sei lustri, la figura del drammaturgo e attore partenopeo è costantemente ricordata. Le giovani generazioni magari lo conoscono oggi per le tante citazioni che diventano virali su Facebook, piccole grandi perle di saggezza sulla vita regalate da chi ha vissuto quasi un secolo, essendo nato il 24 maggio 1900 e morto il 31 ottobre 1984.

Parole e riflessioni sulla vita, che oggi, nel trentennale della scomparsa tornano a farsi sentire, grazie anche alla tv di Stato che, una volta tanto servizio pubblico, ha pronto un ricco calendario di iniziative per ricordare Eduardo, riproponendo alcune delle tante reinterpretazioni che le compagnie di attori di oggi hanno fatto delle maggiori commedie eduardiane.

Figli illegittimi di Eduardo Scarpetta, De Filippo e i suoi fratelli sono la dinastia reale del teatro italiano, come e più dei Barrymore in America. Non ha nemmeno quattro anni quando viene spinto dal padre sul palco del Teatro Valle a Roma vestito da orientale. Dal palcoscenico non è più sceso, e la sua ultima apparizione pubblica è stata proprio in un teatro, quello Antico di Taormina, dove il 15 settembre 1984 parlò - vecchio, fragilissimo - per raccontarsi in un discorso che è in pratica la sua autobiografia e la sua dichiarazione poetica. Schivo, a volte burbero (era molto temuto da chi non lo conosceva o si avvicinava a lui per la prima volta), Eduardo si "spiegò" al suo pubblico:

"Voi sapete che io ho la nomina - non di senatore, per carità - di essere un orso. Ho un carattere spinoso, che sfuggo… sono sfuggente. Non è vero. Se io non fossi stato sfuggente, se non fossi stato un orso, se non fossi stato uno che si mette da parte, non avrei potuto scrivere cinquantacinque commedie"

E in quelle commedie c'è la storia dell'umanità. Con i suoi "giorni pari" e i "giorni dispari". Metodico, Eduardo organizzò la propria opera dividendola idealmente in due, prima e dopo la guerra.

I primi lavori, quelli scritti per la compagnia Scarpetta, le farse, le prime commedie de "Il Teatro Umoristico" dei De Filippo messo su insieme ai fratelli Titina e Peppino, che persino il regime fascista, contrario al dialetto, lasciò vivere e prosperare, sono "La cantata dei giorni pari", che ha il suo vertice in "Natale in casa Cupiello".

Gli altri, quelli nati dopo la tragedia della guerra, sulle macerie morali e fisiche dell'Italia sconfitta, sono "La cantata dei giorni dispari". Un Eduardo sempre più cupo, negativo, perché "il mondo in fondo è un gran palcoscenico e la vita una commedia allegra o triste secondo i casi. Per vivere, gli uomini debbono adattarsi a recitare la commedia e debbono anche fingere di divertirsi".

Eduardo De Filippo

Dai primi lavori "neorealistici" e positivi come "Napoli Milionaria" e "Filumena Marturano" si passa ai drammi della comunicazione negata e difficile, topos della drammaturgia novecentesca europea da Pirandello a Becket (e non è un caso che le commedie di Eduardo saranno accolte trionfalmente in Inghilterra, Stati Uniti, Russia, portate in tournée eccezionali dallo stesso De Filippo insieme a personaggi come Franco Zeffirelli, Laurence Olivier, Joan Plowright). L'investigazione eduardiana si concentra sulla società, sui suoi malesseri, sulla famiglia che si trasforma.

De Filippo vira poi verso il "surrealismo", sfiorando l'ambiguità del Teatro dell'Assurdo, per poi tornare verso un realismo sociale con "De Pretore Vincenzo" e "Il Sindaco del Rione Sanità". Diventato senatore a vita, Eduardo si spese molto per i ragazzi di Nisida, il penitenziario minorile di Napoli. 

Le ultime parole pubbliche di De Filippo, a Taormina, sono proprio per i giovani, fra cui all'epoca c'era anche il figlio Luca, attore anche lui, quello che oggi porta avanti l'eredità artistica paterna, "venuto dalla gavetta, dal niente, sotto il gelo delle mie abitudini teatrali", come disse commosso Eduardo.

"Voglio, voglio vedere anch’io il teatro dalla platea, voglio anch’io vedere il teatro che cammina, voglio vedere il teatro che non si arrende, che va avanti con i giovani, con gli anziani, con i vecchi come me, che va avanti. Ecco perché sono tra voi stasera. Per vedere questa serata di festa"

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