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Martedì, 30 Aprile 2024
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Mamma dice no alle foto sui social e la palestra vieta alla figlia di iscriversi ai corsi di ginnastica

Una famiglia è stata costretta a ritirare la figlia da una palestra di Centocelle

“La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme” a patto che venga poi diffusa sui social. Quando la Camera ha approvato la modifica dell’articolo 33 della Costituzione, inserendo di fatto lo sport tra i capisaldi del nostro Paese, non aveva pensato ai tempi in cui viviamo oggi. Spesso, infatti, la frenesia da social sembra sfuggire di mano come nel caso di una bambina romana di Centocelle che frequenta le elementari e che si sarebbe voluto iscrivere nella palestra del suo quartiere. 

Foto condivise sui social

Siamo a Centocelle, nel V municipio di Roma. La bimba vorrebbe cimentarsi nella ginnastica artistica, imparare i volteggi e le acrobazie delle più famose ginnaste. Così, i genitori decidono di portarla presso una struttura molto famosa della zona dove si insegna, appunto, questa disciplina. Armati di tutte le buone intenzioni, papà e mamma vanno a chiedere informazioni per l’iscrizione, pagando anche 90 euro. Non solo. Con il versamento della quota viene anche chiesto loro di firmare un'autorizzazione per la condivisione di foto e video sulla pagina Instagram della scuola.

Autorizzazione negata

“Come genitori, abbiamo valutato e ritenuto di non concedere questo tipo di autorizzazione – spiega la mamma a RomaToday - poiché non siamo d'accordo con la condivisione di foto e video di nostra figlia sui social network che sfuggano al nostro diretto controllo”. Del resto, l’abbigliamento sportivo per questo genere di attività prevede body, top, pantaloncini. Indumenti, quindi, molto succinti che hanno spinto i genitori a ritenere “tali contenuti sensibili e potenzialmente appetibili per la rete”.

Stop agli allenamenti

Sembrava tutto a posto ma, poi, la doccia fredda. I genitori vengono contattati dalla palestra che li informa che senza quella autorizzazione “la bambina non potrà frequentare la loro scuola”. Inizialmente, “il loro veto è stato giustificato dalla volontà di non escludere la bambina dal gruppo – spiega ancora la mamma della bambina - abbiamo pertanto specificato loro che nostra figlia è al corrente di questa nostra decisione e che non ci sarebbero stati problemi in questo senso. Abbiamo anche mostrato apertura a foto e video che rimanessero all'interno delle mura della scuola e tra noi genitori”. Insomma, per i genitori e la bambina non sarebbe stato un problema non vederla comparire nelle foto, anche a costo di “abbandonare” per pochi minuti le sue compagne di allenamento.

Promozione sul web

Questa soluzione, però, è sembrata non piacere alla palestra. “Il loro veto è diventato ancora più forte e siamo stati messi di fronte ai reali motivi che vi sono dietro la loro decisione, ovvero l'impossibilità di condividere video e foto relative alle attività che vengono svolte nella scuola sulla loro pagina Instagram” quindi per scopi promozionali. In sintesi, per gli insegnanti e chi cura i social sarebbe stato “di difficile gestione l'esclusione di nostra figlia poiché sarebbe potuta finire involontariamente in tali contenuti”. I genitori, quindi, sono stati “calorosamente invitati a non portare più la bambina a lezione, assicurandoci in ogni caso il rimborso della quota di iscrizione e del mese di frequentazione del corso”.

Rimborso che, ovviamente, c’è stato. I genitori, al momento di ritirare i 90 euro già versati, hanno firmato un foglio nel quale si specifica che l’associazione sportiva dilettantistica “annulla l’iscrizione” della bambina perché la mamma “non accetta il regolamento interno dell’associazione”. Il tutto messo nero su bianco. RomaToday ha provato a contattare la palestra e i suoi responsabili per permettere loro di chiarire e spiegare la situazione ma il nostro invito è stato rifiutato.   

Diritti dei minori

Questa vicenda, da quanto risulta a RomaToday, ha riguardato anche un’altra famiglia che aveva iscritto la figlia presso la palestra di Centocelle. Anche in questo caso l’avventura è stata breve, con la bimba che non frequenta più l’associazione perché mamma e papà non volevano che finisse sui social. “Nel 2023, di fronte a un più sempre acceso dibattito relativo a diritti di minori e social network – conclude la mamma della piccola - siamo profondamente scioccati da una tale presa di posizione. Comprendiamo le motivazioni che possono esserci da parte loro, ma non comprendiamo questa loro chiusura totale nei confronti di un argomento a nostro avviso molto sensibile”.

Ovviamente la palestra può adottare un regolamento del genere, "imponendo" l'utilizzo delle immagini e dei video a favore dei sui canali social. Rimane, però, l'aspetto etico di questa vicenda. Lo sport dovrebbe avere e comunicare determinati valori che, obiettivamente, devono andare oltre la semplice apparenza o il "post" su Instagram per attirare nuovi iscritti. Pensare che una bambina non possa frequentare la palestra del suo quartiere solo perché non vuole diventare una sorta di testimonial (non pagata) non può non far sorgere una riflessione su quale uso si stia facendo dei social network. 

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