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Sabato, 27 Aprile 2024
La scomparsa / Stati Uniti d'America

Chi era davvero Henry Kissinger

A 100 anni si è spento uno dei principali protagonisti del Dopoguerra: per molti uno statista, per altri l'eminenza grigia dietro a colpi di Stato e dittature sanguinarie

Il suo nome di battesimo era Heinz e racchiudeva una storia, quella di un giovane ebreo tedesco fuggito dalla Germania nazista, di cui non parlava molto, neppure quando gli fu assegnato il Nobel par la pace. Del resto, Henry Kissinger non era certo un politico che puntava al sentimentalismo o alla facile retorica pacifista. La sua stella polare era la realpolitik, e con essa riuscì a scalare i vertici del potere negli Stati Uniti, fino a diventare il primo segretario di Stato nato all'estero, e per un periodo, l'uomo più potente del mondo, pur non essendo mai riuscito a essere eletto a capo della Casa bianca. Se n'è andato oggi, pochi mesi dopo aver superato i 100 anni, "sopravvissuto alla maggior parte dei suoi coetanei, eminenti detrattori e studenti", come scrisse il figlio in occasione dell'ultimo compleanno del padre. Già, perché se per tutti Kissinger è una leggenda della diplomazia, non tutti gli hanno affibiato questa etichetta come una medaglia al merito. Per molti, Kissinger sarebbe stato l'eminenza grigia dietro alcune delle pagine più buie della politica estera Usa, come il sanguinario golpo in Cile.

Le origini tedesche

Nato a Fürth, in Baviera, il 27 maggio 1923, da una famiglia di insegnanti, Kissinger fuggì dalla Germania e dal rischio di finire in un campo di concentramento tre mesi prima della Notte dei cristalli. Sbarcò a New York nel 1938 e cinque anni dopo fu naturalizzato americane e si arruolò nell'esercito. I vertici militari capirono subito di trovarsi di fronte a una risorsa preziosa: Kissinger fu presto spostato all'intelligence, grazie anche alla sua conoscenza del tedesco, e inviato in Europa. Qui partecipa alla battaglia delle Ardenne e alla liberazione della sua ex patria dai nazisti. Resterà ancora un po' in Germania, essendo stato promosso a responsabile della denazificazione di varie città dell'Assia.

Gli studi

Ritornato alla vita civile, Kissinger mise la sua intelligenza a servizio degli studi universitari, laureandosi in scienze politiche a Harvard e diventandone poi professore. Il salto in politica avviene quando ottiene un incarico come consulente del Consiglio di sicurezza nazionale sotto il presidente Dwight Eisenhower. Il suo cuore batte per i repubblicani, ma negli anni non disdegna collaborazione con i presidenti democratici John Kennedy e Lyndon Johnson (tanto da venire ribattezzato il "consigliere del Principe". L'amicizia con il governatore di New York Nelson Rockefeller, però, lo lancia nell'agone politico vero e proprio tra le fila dei repubbicani. Fa campagna per Rockefeller per le primarie repubblicane, ma il magnate newyorkese viene sconfitto da Richard Nixon.

Il binomio con Nixon

Poco male per Kissinger, che a 45 anni ottiene l'incarico di consigliere per la sicurezza nazionale. Con Nixon, il consigliere del Principe forma una coppia rimasta nella Storia, nel bene e nel male. Tra il 1969 e il 1973, fedele agli insegnamenti dell'austriaco Klemens von Metternich, uno dei padri della realpolitik, Kissinger ridisegna la politica estera americana e gli equilibri mondiali, pur non essendo il segretario di Stato ufficiale (ossia il ministro degli Esteri Usa). Il suo pregio era quello di parlare con tutti, il suo difetto (almeno per i detrattori) era di non avere un'etica. Per lui, quello che contava era solo il risultato finale, anche sfidando punti fermi della politica repubblicana.

I rapporti con la Russia

E così, dinanzi alla Guerra fredda con la Russia, Kissinger spinse per il riconoscimento della Cina comunista all'Onu: un'alleanza strategica con un nemico secondario, per quanto comunista, per isolare quello principale. Nel frattempo inaugura la cosiddetta "diplomazia della navetta" in Medio Oriente: continui avanti e indietro tra le parti opposte per cercare di avvicinare i punti di vista. Il capolavoro diplomatico avvenne nel 1973, quando tirò fuori gli Stati Uniti dal pantano del Vietnam firmando gli accordi di Parigi che posero fine al conflitto. Questi accordi gli valsero il premio Nobel per la pace e l'incarico di segretario di Stato. 

Lo scandalo del Watergate pose fine al binomio con Nixon, ma non al suo ruolo centrale alla Casa bianca. Da responsabile della politica estera a pieno titolo, Kissinger prosegue nella realpolitik, al punto da venire accusato di voler riabilitare l'acerrimo nemico, la Russia, in occasione della Conferenza di Helsinki del 1975: i repubblicani, come il futuro presidente Ronald Reagan, lo criticarono aspramente per quello che venne visto come un cedimento a Mosca. Molti storici, invece, videro nell'Atto finale della Conferenza un passo fondamentale verso la distensione dei rapporti tra Occidente e Russia, e la fine della Guerra fredda.

Il consulente star

Quello di Helsinki fu l'ultimo grande lavoro diplomatico della carriera di Kissinger. Nel 1977, con il democratico Jimmy Carter al potere, lascia la politica e fonda a New York una società di consulenza. Da quel momento, incomincia una nuova vita fatta di conferenze in giro per il mondo e libri di successo finiti nelle librerie degli esperti e degli amanti di geopolitica. Per i detrattori, Kissinger diventa un potente lobbista, capace di muovere i fili da dietro le quinte. Quando George W. Bush gli affida la presidenza della della commissione sugli attentati dell'11 settembre, si dimette dall'incarico pur di non rilvelare l'elenco dei clienti della sua società di consulenza.

Gli scheletri nell'armadio

In quegli anni, cominciano a emergere sulla stampa ricostruzioni critiche sul suo operato alla Casa bianca. Il giornalista britannico Christopher Hitchen lo accusa di essere stato coinvolto in diverse operazioni di destabilizzazione, dalla Cambogia al Laos, passando dal Bangladesh all'Iraq. Tra le accuse c'è quella di essere uno dei principali artefici del golpe in Cile e dell'instaurazione della dittatura sanguinaria del generale Pinochet. E c'è chi vorrebbe che la Corte penale internazionale lo perseguisse per crimini di guerra. Un'inchiesta francese su cinque francesi scomparsi in Cile lo sfiora, ma contro di lui non verrà mai aperto alcun fascicolo all'Aja.

Intervistato di recente sulle accuse mosse dai suoi detrattori, Kissinger le ha bollate come "un riflesso della loro ignoranza". E ha sempre difeso le sue azioni perché volte a un bene supremo, la pace. "Per il realista - scrisse nel suo discorso di accettazione del Nobel - la pace rappresenta un accordo stabile di potere; per l'idealista, un obiettivo così preminente da nascondere la difficoltà di trovare i mezzi per raggiungerlo. Ma nell’era della tecnologia termonucleare, nessuna delle due prospettive può garantire la preservazione dell'uomo. La pace, l’ideale, va invece praticata. Un senso di responsabilità e di accomodamento devono guidare il comportamento di tutte le nazioni. Una nozione comune di giustizia può e deve essere trovata, perché in caso contrario non si farà altro che portare avanti guerre più 'giuste'". 

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