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Sabato, 27 Aprile 2024
L'ordine dell'Aia / Israele

Cosa succederà a Gaza dopo la sentenza della Corte Onu

I giudici chiedono a Israele misure per evitare il genocidio dei palestinesi. Tel Aviv dovrà riferire fra un mese. Il nodo è come rispettare il verdetto senza un vero cessate il fuoco

Israele l'ha definita un "marchio di vergogna", pur sottolineando che nei fatti non gli impedirà di continuare i suoi raid nella Striscia di Gaza. Il Sudafrica ritiene invece che la richiesta implicita sia quella di un cessate il fuoco. Due visioni diametralmente opposte quelle sulle sentenza emessa dalla Corte internazionale di giustizia (Cig), la più alta corte dell'Onu, in merito alla denuncia di genocidio mossa a Tel Aviv dal governo sudafricano. Del resto, il verdetto "giuridico" lascia la porta aperta a interpretazioni diverse. Mentre più chiaro è il verdetto "politico", come le dure parole del governo israeliano lasciano intendere. Ed è forse questo secondo aspetto che potrebbe pesare di più sul futuro del conflitto. Ma andiamo per ordine.

Cosa dice la sentenza

I giudici dell'Aia hanno dato seguito al ricorso del Sudafrica, riconoscendo che la Cig ha giurisdizione nel caso e che le argomentazioni degli avvocati di Pretoria si basano su elementi concreti, a dispetto di quanto sostenuto dai difensori di Tel Aviv. La Corte non dichiara che a Gaza vi sia stato un genocidio, ma ritiene che il rischio vi sia. Da qui la richiesta a Israele di adottare misure provvisorie ("tutte le misure in suo potere'', si legge nel testo) per impedire un genocidio dei palestinesi, e per permettere l'ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia. Non solo: i giudici chiedono che Israele riferisca alla Corte entro un mese su cosa sta facendo per rispettare tali ordini. 

Il cessate il fuoco "implicito"

Ora, l'Aia non è andata oltre, e non ha chiesto un cessate il fuoco, come richiesto dal Sudafrica. "Israele combatte una guerra giusta contro i mostri di Hamas e la Corte ha respinto giustamente la richiesta di privarci del diritto all'autodifesa", ha detto il premier Benjamin Netanyahu. Eppure, lo stesso Netanyahu ha tradito un certo nervosismo, criticando i giudici per la loro disponibilità a valutare l'eventuale genocidio a Gaza ("un marchio di vergogna che non sarà cancellato per generazioni", ha detto). Prima di lui, venendo meno all'ordine del premier di non commentare la sentenza prima del comunicato ufficiale del governo, il ministro Itamar Ben Gvir ha persino definito "antisemita" la Corte. Perché tanta rabbia?

Secondo alcuni osservatori, tra cui il ministro sudafricano Naledi Pandor, pur non ordinando un cessate il fuoco formale, la richiesta della Cig ci si avvicina nei fatti. Per Pandor, Israele dovrà fermare i combattimenti a Gaza se vuole rispettare gli ordini. "Come si forniscono aiuti e acqua senza un cessate il fuoco? Se leggete bene la sentenza, implicitamente deve avvenire un cessate il fuoco", ha detto il ministro ai giornalisti. Prevenire il genocidio vuol dire anche prevenire "l'uccisione di persone all'interno del gruppo protetto", scrive James Bay sul sito di Al Jazeera, media del Qatar, Paese vicino alla causa palestinese. "Ebbene, se il gruppo protetto sono i palestinesi, quindi se si intende proteggere i palestinesi a Gaza, e probabilmente in Cisgiordania, come può accadere ciò quando Israele continua il suo bombardamento indiscriminato su Gaza?", argomenta il giornalista. 

Il primo round e il nodo del Consiglio di sicurezza dell'Onu

L'impressione è che questa sentenza sia solo il primo round. Fra un mese, Israele dovrà consegnare un report, e a quel punto bisognerà attendere il nuovo giudizio della Corte internazionale di giustizia. Le sentenze della Cig sono giuridicamente vincolanti e non possono essere impugnate. Tuttavia, l'Aia non ha potere per fare rispettare i suoi verdetti. Questo compito spetta alla comunità internazionale, per la precisione al Consiglio di sicurezza dell'Onu. 

Se Israele dovesse venire ritenuta colpevole di non aver fatto abbastanza per prevenire il genocidio, uno dei membri del Consiglio di sicurezza può sottoporre la questione agli altri membri (quelli permanenti sono Usa, Cina, Russia, Regno Unito e Francia). Il Consiglio può decidere di intervenire per far rispettare le sentenza della Cig con sanzioni economiche, embarghi sulle armi e anche con un'azione militare. È molto probabile che tutto questo non accadrà nel caso di Israele, perché gli Usa porrebbero il veto. Ma lo farebbero a un alto costo geopolitico, perché metterebbero Washington contro un verdetto della più alta corte dell'Onu, aumentando l'astio verso l'Occidente del Sud del mondo, argomenta Neve Gordon, professore di diritto internazionale alla Queen Mary University di Londra. Ed è proprio per evitare questo scenario che gli alleati occidentali di Tel Aviv potrebbero aumentare le pressioni su Israele affinché adotti un cessato il fuoco.

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