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Martedì, 19 Marzo 2024
MAROCCO / Marocco

Marocco, in arrivo la nave che difende il diritto di aborto

E' la prima volta che l'associazione "Women on Waves" fa tappa in un Paese musulmano. Sono circa 78 le donne che ogni anno muoiono a causa degli aborti clandestini

Arriverà mercoledì in Marocco la nave di "Women on Waves", l'associazione no profit olandese che da anni si batte per garantire alle donne la libertà di abortire. 

È la prima volta che gli attivisti si recano in un Paese musulmano. L'Ong, fondata nel 1999 dalla ginecologa Rebecca Gomperts, è stata invitata da un'associazione marocchina, "Mouvement alternatif pour les libertés individuelles" (Movimento alternativo per le libertà individuali, Mali). Lo scopo è quello di sensibilizzare la popolazione sul tema dell'interruzione di gravidanza, e di “promuovere l'idea che un aborto sicuro” è possibile, come riporta la Bbc.

78 decessi ogni anno - In Marocco l'interruzione di gravidanza è illegale, e viene praticata solo nei casi in cui è a rischio la vita della madre. Coloro che violano questa norma rischiano fino a 5 anni di carcere, ma nonostante questo ogni giorno nel Paese si praticano tra i 600 e gli 800 aborti clandestini. 

“Il problema è che, sul totale delle marocchine che ricorrono a questa operazione, solo 200 donne possono beneficiare di un'assistenza medica di qualità, e si tratta di quelle che hanno i mezzi per permetterselo” spiega Gomperts, come scrive il giornale Le Parisien. “Ogni anno sono 78 le donne che perdono la vita in Marocco a seguito degli aborti clandestini”. 

Critiche dalle associazioni religiose - In questi 11 anni la nave di "Women on Waves" ha fatto tappa in Irlanda, Polonia, Portogallo e Spagna, provocando le critiche delle organizzazioni religiose e anti-abortiste. Anche se non è chiaro se i medici dell'associazione praticheranno aborti durante questa missione, le organizzazioni religiose sono già sul piede di guerra. 

“Immagino che tutto questo possa essere percepito come una provocazione – ha ammesso la Gomperts – ma qui è in gioco la salute delle donne. La religione non c'entra niente”. 

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