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Venerdì, 26 Aprile 2024
Sicurezza alimentare / Italia

Peperoncino e riso contaminato: l'allarme arriva a tavola

La Coldiretti stila un elenco degli alimenti importati dall'estero più nocivi per la nostra salute

Il peperoncino proveniente dal Vietnam e presente sulle nostre tavole è nocivo. L'allarme arriva dal dossier "La crisi nel piatto degli italiani nel 2014", presentato a Napoli dalla Coldiretti anche con un'esposizione della "Classifica dei cibi più contaminati", elaborata sulla base delle analisi condotte dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) nel Rapporto 2014 sui residui dei fitosanitari in Europa.

Il "cornetto rosso" che insaporisce i nostri piatti, infatti, è il prodotto meno sicuro in vendita in Italia con il 61,5% dei campioni risultati irregolari per la presenza di residui chimici. Soltanto nel corso del 2013, il nostro Paese ha importato 273.800 chili di peperoncino per utilizzarlo nella preparazione di sughi tipici, per insaporire l'olio o per condire piatti senza alcuna informazione per i consumatori.

Un pericolo legato al fatto che, sotto la pressione della crisi, è sostenuto - ha sottolineato la Coldiretti - il commercio di surrogati, sottoprodotti e aromi artificiali, oltre che di alimenti a basso costo, ma a rischio elevato come dimostra il fatto che le importazioni agroalimentari in Italia hanno raggiunto la cifra record di 39 miliardi di euro nel 2013 con un aumento del 20% rispetto all'inizio della crisi nel 2007. Nella maggioranza del peperoncino del Vietnam esaminato è stata trovata la presenza in eccesso di difenoconazolo, ma anche di hexaconazolo e carbendazim, sostanze vietate in Italia sul peperoncino.

A preoccupare - ha aggiunto la Coldiretti - è anche l'arrivo sul territorio nazionale, nel 2013, di 1,6 milioni di chili di lenticchie dalla Turchia che, secondo l'Efsa, sono irregolari in un caso su quattro (24,3%) per residui chimici in eccesso e delle arance dall'Uruguay che presentano il 19% dei campioni al di sopra dei limiti di legge per la presenza di pesticidi come imazalil, ma anche di fenthion e ortofenilfenolo, vietati in Italia.

Nella classifica dei prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono anche le melagrane dalla Turchia (40,5% di irregolarità), i fichi dal Brasile (30,4% di irregolarità), l'ananas dal Ghana (15,6% di irregolarità), le foglie di the dalla Cina (15,1% di irregolarità) le cui importazioni nei primi due mesi del 2014 sono aumentate addirittura del 1.100%. E ancora: il riso dall'India (12,9% di irregolarità) che, con un quantitativo record di 38,5 milioni di chili nel 2013, è il prodotto a rischio più importato in Italia, i fagioli dal Kenya (10,8% di irregolarità) e i cachi da Israele (10,7% di irregolarità).

Si tratta di valori preoccupanti per un Paese come l'ltalia che - ha ricordato la Coldiretti - può contare su una produzione Made in Italy con livelli di sicurezza da record con un numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite di appena lo 0,2% che sono risultati, peraltro, inferiori di nove volte a quelli della media europea (1,6% di irregolarità) e di 32 volte a quelli extracomunitari (7,9% di irregolarità), sulla base delle elaborazioni Coldiretti sulle analisi condotte dall'Efsa e del piano coordinato europeo dei controlli sui residui fitosanitari.

Dall'inizio della crisi - ha sottolineato la Coldiretti - sono più che triplicate in Italia le frodi a tavola con un incremento record del 248% del valore di cibi e bevande sequestrati perché adulterate, contraffate o falsificate sulla base della preziosa attività svolta dai carabinieri dei Nas dal 2007 al 2013. "In questo contesto è importante - ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - la decisione annunciata dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, di accogliere la nostra richiesta di togliere il segreto e di rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall'estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri per poi magari parlare di Made in Italy nelle pubblicità".

"In un momento difficile per l'economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali con l'indicazione delle aziende che importano materie prime dall'estero è un primo passo che va completato con l'obbligo di indicare in etichetta l'origine degli alimenti", ha concluso Moncalvo.

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