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Venerdì, 26 Aprile 2024
SIRIA / Siria

Siria, le voci di un complotto contro Damasco

Non sono pochi a pensare che dietro alla crisi siriana si nasconda un piano statunitense, volto a cambiare i giochi di forza in Medio Oriente

Le notizie dei massacri e dei bombardamenti che stanno avvenendo in Siria hanno portato più volte i governi occidentali, come quello statunitense, ad invocare la caduta del presidente Bashar al Assad. Mentre centinaia di video postati su YouTube, l'attendibilità di alcuni dei quali non è però dimostrabile, vengono usati come prova delle atrocità che il governo di Damasco starebbe compiendo contri i cittadini inermi, ci sono anche coloro che pensano che dietro alla crisi siriana si nasconda un complotto occidentale volto a rovesciare Assad.

Tra i maggiori sostenitori di questa tesi vi sono Thierry Meyssan ed alcuni dei giornalisti ed intellettuali che animano la rivista on line Reseau Voltaire. Proprio di qualche giorno fa è l'articolo di James Petras, che non esita a parlare di una “campagna diplomatica e di propaganda messa in atto per diabolizzare il governo legittimo in Siria … a breve termine, questo permetterebbe di isolare l'Iran in previsione di un attacco di Israele e Stati Uniti e, nel lungo periodo, di eliminare nuovamente un governo laico, indipendente, vicino alla Cina e alla Russia”.  

A sostegno di queste tesi vi sarebbero alcuni fattori. Lo stesso Peras sottolinea come Washington abbia appoggiato le rivolte avvenute in Egitto e in Libia, due Paesi fino ad allora guidati da governi laici, mentre non ha mosso un dito a sostegno delle rivolte di ispirazione democratica esplose nelle monarchie filo-americane di Arabia Saudita e Bahrein. 

L'obiettivo degli Stati Uniti sarebbe quindi quello di far cadere i leader ostili, rimpiazzandoli con formazioni politiche di ispirazione religiosa, vicine alle monarchie filo-americane del Golfo. In questo modo sarebbe possibile allontanare Mosca e Pechino dallo scacchiere mediorientale, indebolendo inoltre l'Iran, da sempre uno dei maggiori alleati di Damasco e in cima alla lista dei nemici di Washington e Tel Aviv.

Alcuni hanno inoltre avanzato dei dubbi circa le notizie che provengono dalla Siria, in primo luogo per quanto riguarda il numero dei civili uccisi dalle forze di Assad.  Sharmine Narwani, in un articolo pubblicato sul sito Investig'action, ha parlato di come non venga dato risalto alle atrocità commesse dai ribelli anti-Assad, che comunque sono state accertate, ad esempio, dagli osservatori della Lega Araba. 

Anche non prendendo in considerazione l'ipotesi del complotto, sono molti coloro che hanno denunciato ingerenze straniere nel Paese. Un mese fa il giornale britannico The Independent aveva parlato del traffico illegale di armi che, partendo da Qatar e Arabia Saudita, arriva fino ai ribelli siriani, passando per la Turchia. Nello stesso periodo numerose critiche si erano levate contro la Russia, che avrebbe venduto degli elicotteri militari a Damasco.

Lo stesso Kofi Annan, inviato speciale in Siria per le Nazioni Unite e la Lega Araba, ha criticato questa ingerenza straniera. “Poche cose sono state dette a proposito di quei Paesi che inviano armi e denaro e influenzano pesantemente la situazione”, aveva detto in una intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde. “Tutti questi Paesi dicono di volere una soluzione pacifica, ma prendono delle iniziative individuali e collettive che minacciano il senso stesso delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza”. 

La crisi siriana si pone così come ultimo atto di quella primavera araba che ha cambiato il volto del Nord Africa e del Medio Oriente. E' innegabile che la caduta di Assad provocherebbe un radicale cambiamento negli equilibri mediorientali, in primo luogo perchè Teheran, sotto attacco per il suo programma nucleare, perderebbe un prezioso alleato. Non soprende quindi che i leader stranieri siano alla ricerca di una soluzione che gli consenta però di mantenere intatti i propri interessi. 

“Non è forse auspicabile che questi Paesi (che hanno degli interessi in Siria, ndr) trovino un modo per lavorare insiene, per assicurarsi che la Siria non scoppi in mille pezzi, che non diffonda i propri problemi ai governi limitrofi, ed evitare che in questa regione si crei una situazione incontrollabile per tutto il mondo?”, si chiede Kofi Annan. “O forse”, continua l'inviato speciale “questi Paesi vogliono continuare su questa strada, che porterà ad una competizione distruttiva dalla quale tutti usciranno perdenti?”. 

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