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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'ANALISI

Gli Usa vogliono di nuovo l'Europa dalla loro parte: il nemico è sempre la Russia

In un'intervista a La Stampa, il segretario di stato Usa John Kerry "chiama all'unità" l'Europa per fronteggiare la crisi ucraina. Ma sullo sfondo i temi sono altri: le regole del commercio mondiale e l'egemonia economica sul mondo

La frontiera occidentale ucraina è più vicina alla "nostra" Trieste di quanto la città giuliana sia "prossima" a Reggio Calabria. Forse è alla luce di questo semplice dato di fatto geografico che oggi il segretario di stato americano, John Kerry, nella sua intervista a La Stampa, ha incentrato il suo discorso sulla crisi diventata la linea di faglia dello scontro tra Usa, Unione europea e Russia.

Di certo in politica estera e in economia la geografica non è così lineare come sulle mappe, ma quella che si sta consumando tra Kiev e Mosca, definita da Kerry "una delle sfide più grandi", meriterebbe molta più attenzione. Non solo per l'altissimo numero di vittime del conflitto, ormai oltre 1.200 al netto della tragedia del volo abbattuto sui cieli di Donetsk, ma per le sue implicazioni per il nostro futuro.

"Come ha detto lo stesso ministro degli Esteri italiano Mogherini, abbiamo bisogno di una forte e unitaria risposta della Ue", ha sottolineato Kerry, aggiungendo poi che "quando gli Usa e l'Europa sono uniti, l`impatto può essere profondo", al fine di spingere "i separatisti ad accettare un cessate il fuoco, restituire i posti di frontiera che hanno preso e rilasciare tutti gli ostaggi" e "convincere il presidente Putin a sostenere le sue parole con azioni concrete, in modo che possiamo unirci nel perseguire un cammino per la pace".

Parole di circostanza, a poco più di un mese dall'inizio del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea? Forse, ma anche un richiamo forte che dovrebbe ricordare a tutti i governi del Vecchio continente, nella speranza che poi arrivi alle opinioni pubbliche, quale sia la reale posta in gioco.

E' innegabile che a Kiev, con Euromaidan, si sia svolta una rivolta popolare che aveva come obiettivo di "unirsi" sempre più all'Europa per liberarsi delle oligarchie corrotte che da decenni governano il paese. Di certo non eterodiretta, ma ovviamente accompagnata dal sostegno americano e di parte dei governi dell'Unione. Così come è innegabile che in molti, nella parte orientale del paese, maggiormente legata alla Russia sia per motivi storici che economici, non vedano di buon occhio questa direzione impressa dai manifestanti. Qui finisce la spiegazione "ingenua", alla quale sono poi seguiti gli scontri "voluti" da ambo le parti e l'arrivo di armi e ribelli da Russia e repubbliche satelliti di Mosca.

Sul terreno ci sono motivi simbolici, che in estrema sintesi possiamo riassumere con la volontà di Obama di "rimettere al suo posto" di leader regionale un Putin che era diventato player globale in Siria ed Egitto, sia più concreti, come la riscrittura delle regole del commercio mondiale.

Se le conseguenze dei motivi simbolici sembrano ormai esser sfuggiti di mano a tutti "sul campo", nelle cancellerie è un fermento di nuovi accordi e riconfigurazioni geopolitiche. La Russia firma con Bielorussia e Kazakistan  quell'Unione economica euroasiatica che sogna di diventare l'anti-Ue, crea, insieme agli altri Brics, una banca alternativa alle grandi istituzioni internazionali egemonizzate da America ed Europa, che dal secondo dopoguerra dettano le regole di economia e finanza, e firma un accordo storico per la fornitura di gas alla Cina.

Un'attivismo al quale gli Usa rispondono in maniera più "discreta" ma non meno importante, con due iniziative parallele - la Trans-Pacific Partnership e la Transatlantic Trade and Investment Partnership che vogliono riaffermare la loro egemonia geoeconomica sul pianeta legando i paesi delle sue due sponde oceaniche nella riscrittura delle regole degli scambi di merci, capitali e persone, prima che siano "altri" a farlo.

In tutto ciò tutta l'Europa e il nostro paese, oscillante tra atlantismo e interessi comuni con Mosca, dovranno prendere decisioni importanti: la promessa di future ingenti forniture di gas e petrolio da Washington, che si appresta a diventare grande esportatore grazie allo shale gas e allo shale oil, potrebbe svincolare il Vecchio continente dall'abbraccio russo. Kerry anche oggi ce l'ha ricordato: l'Europa deve decidere da che parte stare.

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