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Lunedì, 29 Aprile 2024

Tennis

Matteo Musso

Editorialista

Nadal l'immortale e Sinner che aspetta di salire al trono

Serviranno altre verifiche, tecnico-tattiche (avversari più significativi) e temporali (riuscirà a competere per più settimane consecutive? E al meglio dei cinque set?), ma l’ennesimo rientro di Rafa Nadal è ancora una volta vincente. Il Re della terra battuta è di nuovo sul circuito, 102 giorni dopo la sconfitta contro Thompson a gennaio al torneo di Brisbane. L’uomo delle 112 vittorie su 115 match disputati al Roland Garros, il mancino imbattuto sul rosso per 81 partite (2005-2007), il figlio di Manacor capace di vincere almeno dieci volte Parigi (14), Barcellona (12), Montecarlo (11) e Roma (10), ha sconfitto l’azzurro Flavio Cobolli 6-2/6-3 in un’ora e ventiquattro minuti proprio nell’ATP 500 catalano e nel suo stadio, la “Pista Rafa Nadal”, il campo centrale a lui intitolato nel 2017. Diciamolo subito: non c’è partita.

La super prestazione di Nadal

Nadal si muove con estrema cautela nei primissimi game, il servizio è preciso ma nulla più; tuttavia, Cobolli dall’altra parte della rete vede i 22 Slam che ha in bacheca il maiorchino e sente il peso del confronto. E quando Rafa, con il passare dei minuti, alza il ritmo, per il romano classe 2002 si fa notte fonda. Davanti al suo staff al gran completo (Carlos Moya, Marc Lopez e Carlos Costa), Nadal sforna una buonissima prestazione, probabilmente straordinaria se consideriamo la lunga assenza dai campi nel corso degli ultimi due anni. Dagli US Open 2022, questo di Barcellona è solo il quinto torneo che vede il campione spagnolo ai nastri di partenza. Eppure, con alcuni accorgimenti Rafa c’è. Non potendo più fare i chilometri come una volta, l’obiettivo è chiaro: far durare gli scambi il minimo indispensabile. Ecco perché appena ne ha l’occasione, Nadal spinge forte sia di dritto che di rovescio. E quando nel secondo set si fa sfuggire un break di vantaggio, si rivede la sua naturale predisposizione alla lotta e al rifiuto di una seppur minima resa. Con alcuni scambi degni delle grandi battaglie vinte in passato, Rafa si guadagna così l’accesso al secondo turno contro l’australiano Di Minaur, numero 11 del mondo.

Sinner conosce il suo posto al mondo

Riuscirà ad arrivare al Roland Garros con chance di vittoria? Difficile, ma come ha sempre ripetuto in carriera “l’unico fallimento è non provarci”. Intanto, dall’infermeria Carlos Alcaraz fa sapere che “spera” di recuperare dal dolore all’avambraccio destro, accusato a Montecarlo, in tempo per il Masters 1000 di Madrid, dove dovrà difendere il titolo conquistato l’anno scorso. Con Alcaraz ai box e Djokovic che si è fatto sconfiggere nella semifinale in Costa Azzurra da Ruud, contro cui non aveva mai perso neppure un set, il nostro Jannik Sinner può metabolizzare con maggior serenità il ratto compiuto dalla giudice di sedia francese Aurelie Tourte, che gli ha negato la finale e probabilmente anche il titolo del 1000 monegasco (il Ruud visto contro Tsitsipas avrebbe fatto il solletico all’italiano). Fosse successo in un Inter-Juve, la questione avrebbe fatto scomparire dai quotidiani gli orrori delle guerre, i dibattiti per il Ponte sullo Stretto e la folle rincorsa ad un Trump bis. Jannik, che pure non scorderà la lezione, ha spento tutto sul nascere: “Il mio lavoro non è fare l’arbitro, comunque tutti sbagliamo”.

Non voglio partecipare al processo (mediatico) di santificazione per ogni frase pronunciata da questo incredibile giocatore, solo perché Sinner non è unto dal Signore, ma “semplicemente” sembra conoscere il suo posto nel mondo e dare il giusto peso alle cose. Gli è stata insegnata l’umiltà, affronta la sua professione con serietà e ha capito ben presto che impegno e dedizione portano grandi risultati, mentre alibi e scuse carriere modeste. A Madrid ha già detto che ci andrà per mettere benzina nel motore in vista degli Internazionali d’Italia e, soprattutto, dello Slam parigino. Il conto alla rovescia della sua consacrazione nell’olimpo del tennis è già iniziato. Lunedì 10 giugno, il giorno successivo della finale del Roland Garros, potremmo svegliarci con il primo numero 1 italiano nella storia del tennis. Se così non fosse, l’incoronazione potrebbe avvenire durante l’estate americana. Ormai la domanda non è più “se”, ma “quando”.

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