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Domenica, 28 Aprile 2024

La città dei bambini sovrappeso divorata dalle friggitorie

Una friggitoria a cielo aperto. A questo si starebbe riducendo una parte del centro storico di Napoli, che molti locali evitano da tempo. Tra cuoppi, pizze fritte e graffe molte strade sono ormai al servizio dei soli turisti, che accorrono a MaradoNapoli in cerca di immaginette di D10s e stereotipi sul Meridione. Sembrano remoti i tempi in cui l'immondizia spadroneggiava sulle prime pagine della stampa internazionale. Anche le lenzuola stese al sole, da che erano oggetto di reprimenda, sono ormai diventate un classico da postare su Instagram. Sia sempre benedetto questo successo! Come la Madonna, va glorificato. Ma una critica, seppur velata, concedetela a questa penna consumata dal caldo e dall'assenza del campionato. Da una parte vedere i Quartieri spagnoli e la Sanità vivaci e attraversati dalla curiosità dei visitatori è una bella rivincita per chi da anni lavora per valorizzare queste zone. Dall'altra, attraversando Via dei Tribunali non si può evitare di pensare che stia facendo la stessa fine delle Ramblas di Barcellona o dei quartieri di Amsterdam in prossimità della stazione. Persino il quotidiano francese Le Monde se n'è reso conto. La città pare sempre più propensa a prostituirsi, offrendo al visitatore esattamente quei cliché che gli sguardi coloniali statunitensi e nordici attendono di vedere sui bordi del Mediterraneo. Iperboli a parte, a forza di soddisfarli la città rischia di non riuscire più a sorprenderli, né a sorprendersi.

Il malcontento del bodybuilder

L'ultimo spunto per la polemica l'ha servito un tiktoker bodybuilder del Veneto. Che già solo a descriverlo così viene voglia di dargli contro. Dopo una gita di cinque giorni a Napoli, in cui si è abboffato in ogni angolo del centro storico di fritti e panini da 14 euro (buoni per sfamare i dinosauri), il giovane ha pubblicato le sue lamentele riguardo questi pasti pantagruelici. Pur non avendo saputo resistere, li ha reputati fatali per stomaci e fisici di una popolazione tendenzialmente sovrappeso. "Vi fa male, dovete smetterla", ha tuonato il bodybuilder. Semplificazioni a parte, non gli si può dare torto, quantomeno su due punti: il primo è culinario, l'altro riguarda l'economia del turismo. Si intersecano e convivono come in una treccia di mozzarella di bufala.

Memorie dal palato

Primo quesito per palati curiosi: a Napoli davvero si frigge tutto, come sostiene il salutista? Ovvio che no. E lo scrivo da grande appassionata di crocché di patate, a mio avviso il più ammirevole dei fritti partenopei. Ma delle perdite si segnalano. Durante l'ultima edizione di Festa a Vico, lo chef della penisola sorrentina Gennaro Esposito si è lamentato di non sapere dove mandare i suoi clienti, curiosi di mangiare i piatti della tradizione napoletana, oltre che quelli ben più cari del suo ristorante bi-stellato. Motivo della difficoltà: tutti ormai aprono pizzerie o friggitorie, più economiche e semplici da gestire. Nonostante le pretese gourmet di numerosi pizzaioli, i costi restano accessibili e attraggono tutte le tipologie di clientela. Da quest'offerta, così concentrata nel centro storico, ne risulta mortificata la varietà della cucina napoletana e la complessità di certi suoi piatti. Penso ad esempio al sartù di riso, alla genovese o alle alici in tortiera.

La dieta mediterranea è stata codificata nel Cilento, a poche centinaia di chilometri da Partenope, eppure sembrano esistere solo casatielli e frittatine di pasta. Della cucina di mia nonna Angela, oggi replicata e aggiornata da mia madre Fortuna, ricordo la ricchezza della settimana a tavola: pasta e ceci, minestra maritata, bucatini alla puttanesca, melanzane a fungitiello, friarielli ripassati, scarola bollita o con capperi e olive, impepata di cozze, il baccalà in umido, la pregevole cianfotta (o ciambotta) con le verdure dell'estate unite in un piatto unico. Per un elenco, non dico esaustivo ma almeno esplicativo, dovrei redigere un ricettario. E da ogni casa sono convinta potremmo tirarne fuori uno simile, eppure diverso. Vedere ridurre questa ricchezza ad una piramide di cuoppi, seppur buoni (e non è scontato), è una ferita per il palato e la memoria.

Criaturi oversize

Quanto ai fisici oversize, secondo i dati diffusi da Save the Children Italia (2022), Napoli risulta la città col più alto tasso di bambini sovrappeso, che includono casi di vera e propria obesità infantile. La questione non tocca solo le attività di ristorazione, ma parte dalle case, dalle mense scolastiche e, soprattutto, dalla povertà. Una società caratterizzata dai contratti in nero, dove i doppi lavori sono la norma e dove spesso ancora solo le donne si occupano di cucinare, mancano il tempo e le risorse da dedicare ad una corretta alimentazione. A questo si aggiunga la carenza di spazi verdi pubblici e dei costi per accedere alle attività sportive. Il 45% dei bambini napoletani non fa sport. In questo contesto socio-economico avere così tante attività di ristorazione dedicate a fritture&co. non aiuta a ridurre gli effetti prematuramente nefasti del cibo sui bambini.

Tanfo selvaggio

L'economia del fritto è una condanna anche da altri punti di vista. Oltre al problema del tanfo, lamentato da numerosi esercenti del centro, ha finito con l'amputare in parte gli odori, i percorsi e le culture sotterranee di una città. La musica dal vivo nei piccoli locali è pressoché sparita, le librerie (quando non chiudono) sopravvivono a stento, l'artigianato latita o propone sempre più cime di Vesuvio e cornetti anti-sfiga in tutte le salse. Per determinate attività gli affitti risultano insostenibili, a meno che non si sfami a prezzi contenuti i migliaia di visitatori quotidiani che si accalcano tra San Gregorio Armeno e il Cristo Velato.

Quella parte dei commercianti che cavalca l'onda lunga del turismo, senza interrogarsi, non si preoccupa degli scogli contro cui sta andando a sbattere la Sirena. Il Comune, seppur con grave ritardo, se n'è accorto e sta tentando di correre ai ripari con un provvedimento che richiede una specifica autorizzazione per le nuove attività, onde evitare che altre friggitorie e simili si aggiungano alla già vasta platea di quelle storiche così come di quelle germogliate negli ultimi anni, in particolare dal 2018. A questo si aggiungono limitazioni al proliferare di tavolini, che sottraggono lo spazio pubblico (già ristretto) per riservarlo solo agli interessi dei privati.

L'immediato post-pandemia aveva dato un assaggio di cosa può accadere quando si punta troppo su un solo cavallo: un centro desertificato e amorfo. Ancora peggiore la prospettiva, però, se dovesse continuare questo trend. Napoli rischia di diventare, con proporzioni e caratteristiche diverse, una nuova Venezia, impoverita e snaturata dal suo stesso successo. Quando le infatuazioni mediatiche spariranno e le serie televisive avranno consumato l'ultimo luogo comune su Partenope, si spera che il tanfo di fritto non avrà seppellito anche lo scrigno di opere d'arte tutelate dall'Unesco. Potremmo accorgerci di aver gettato nell'olio bollente anche uno dei centri storici da sempre tra i più vivaci d'Italia.

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