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Domenica, 28 Aprile 2024

Charlotte Matteini

Opinionista

Incredibile, al colloquio chiedono quanto si guadagna

“Camerieri e baristi? Pensano ai soldi”. Ho sperato fosse un fake. Ho sperato fosse una boutade di pessimo gusto. Invece no, è il titolo di un articolo pubblicato dal quotidiano L’Unione Sarda lo scorso 21 marzo. Nel pezzo si elencano le solite trite e ritrite lamentele degli imprenditori del settore turistico che con l’avvicinarsi della stagione estiva si lamentano di non riuscire a trovare personale per le loro attività. “Manca lo spirito di sacrificio”, “I giovani pensano solo ai soldi”, “Vogliono il weekend libero”, queste sono la serie di scuse che elencano. Incredibile, le persone lavorano per soldi e non per la gloria. Che assurdità.

Sempre la solita cantilena

Il refrain è sempre lo stesso e ormai lo conosciamo bene, visto che sono letteralmente anni che sui giornali italiani appaiono articoli di questo tipo un giorno sì e l'altro pure. Se un turista straniero dovesse arrivare in Italia e leggersi la stampa italiana, avrebbe l’impressione di ritrovarsi in un Paese popolato da giovani fancazzisti che vogliono rimanere a casa mantenuti da mamma e papà o dal reddito di cittadinanza e da imprenditori che invece propongono condizioni professionali da mille e una notte senza riuscire a trovare il personale di cui necessitano. Il problema è che, come al solito, la situazione è molto più complessa di come giornalisti e imprenditori la descrivono quotidianamente.  

Perché sicuramente da almeno tre anni a questa parte sussiste un problema di carenza del personale nel settore turistico, ma i motivi non hanno nulla a che fare con il fancazzismo dei giovani e il reddito di cittadinanza e gli imprenditori conoscono perfettamente i motivi che hanno generato questa situazione. Durante il periodo del lockdown sono sorti i primi enormi problemi: decine di migliaia di lavoratori si sono trovati improvvisamente senza stipendio e senza alcun ammortizzatore sociale come la cassa integrazione a causa dei contratti capestro che avevano.  

Migrazione verso contratti trasparenti

Migliaia di ex camerieri, baristi, receptionist e chi più ne ha più ne metta hanno preferito virare verso l’industria o altri settori, nel tentativo di trovare contratti applicati in maniera trasparente e regolare, stipendi più adeguati, ritmi professionali che non presupponessero il lavorare oltre 10/12 ore al giorno 6 giorni a settimana regalando ore di straordinari non retribuiti, un equilibrio tra vita privata e professionale. Richieste per nulla assurde in un Paese normale, ma il nostro tutto è meno che un Paese normale. 

Secondo l’ultimo rapporto congiunto di Ispettorato del Lavoro, Inail e Inps, emerge che proprio il turismo è uno dei tre settori che presentano la maggior percentuali di irregolarità per quanto riguarda la gestione dei rapporti di lavoro, tra lavoro grigio, nero e mancato rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. “In relazione ai diversi settori produttivi, gli indici di irregolarità più elevati si riscontrano nell’edilizia e nel terziario – si legge nel rapporto – In questo ambito in particolare si rileva un tasso di irregolarità notevole nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione, trasporto e magazzinaggio, ma soprattutto i servizi a supporto delle imprese”.  

Chiunque abbia lavorato nel settore turistico e in particolare durante le cosiddette stagioni, che sono per ovvi motivi i periodi di picco delle attività del settore, sa bene che troppo spesso le condizioni che vengono proposte da molti, troppi imprenditori sono del tutto sfavorevoli ai lavoratori, se non addirittura totalmente irregolari. Salari da 1.200/1.400 euro al mese in media per lavorare anche oltre 10 ore al giorno senza riposo settimanale, con rate di tredicesima, quattordicesima e tfr spalmati sulle mensilità nel tentativo di far sembrare meno misero uno stipendio che di fatto è comunque totalmente inadeguato rispetto alla mole di lavoro richiesta.  

A nessun giornalista sorge mai una banale domanda: dove sono finiti i lavoratori che hanno prestato servizio le scorse stagioni per queste stesse strutture che ora non riescono a trovare personale? Perché non vengono richiamati in servizio con una proposta migliorativa, così come vorrebbe la legge della domanda e dell’offerta che agli imprenditori piace tanto solamente quando permette loro di aumentare i prezzi dei loro servizi? Perché uno dei primi campanelli d’allarme che fa capire quando le condizioni proposte da certe strutture sono assolutamente inadeguate a quanto richieste è il turn-over del personale. Un alto turn-over di personale ci indica che qualcosa nella gestione di un’azienda di qualsiasi tipo non va.  

Forse gli imprenditori del settore dovrebbero lamentarsi meno sui giornali e passare un po’ più di tempo a farsi un esame di coscienza così da riuscire a comprendere che sono stati proprio loro i primi a darsi la zappa sui piedi pensando di poter fare impresa così per sempre. Insomma, chi è causa del suo male pianga se stesso, altro che dare la colpa ai giovani e al reddito di cittadinanza. 

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