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Domenica, 28 Aprile 2024

Genitori e figli

Anna Dazzan

Giornalista

Ho portato le mie figlie allo Sziget e loro hanno scoperto l'isola della libertà

“The Island of Freedom”, l’isola della libertà. Così si presenta lo Sziget Festival, quest’anno al traguardo delle trenta primavere vissute nel cuore di Budapest, in quel lembo di terra in mezzo al Danubio da cui prende il nome. Sziget, in ungherese, significa proprio isola. E, vissuto con gli occhi di un ragazzo o di una ragazza con la passione per la musica, è proprio così: un paese dei balocchi dentro il quale sguazzare e dal quale attingere a piene mani, liberamente e a più non posso. Famoso in tutta Europa - e oltre - per portare sull’isola di Óbuda nomi di prim’ordine del panorama musicale mondiale il festival, però, anno dopo anno ha aggiunto un tassello alla volta fino a comporre un puzzle di proposte incredibilmente varie, molte delle quali pensate proprio per le persone più giovani.

Il ponte d'ingresso

Il pubblico

L'arrivo sull'isola

Arrivo sull’isola con le mie figlie e un’amica, due quattordicenni e una diciassettenne con l’obiettivo di vivere parte di quest’esperienza anche attraverso le loro emozioni. L’impatto è forte. A Budapest ci sono 30 gradi e un sole brillante, che rende l’aria quasi effervescente: in avvicinamento all’area del festival si comincia a sentire l’adrenalina che cresce. Entriamo sull’isola in mattinata, per godere di tutte le sfumature di luce che un’intera giornata di Sziget può offrire e, al primo passo varcati i controlli (tutto un altro mondo rispetto all’Italia a partire dalla concessione di 2,5 litri di acqua per persona in bottiglie a cui i tappi vengono lasciati), la sensazione è che si stiano aprendo le porte di un piccolo paradiso.

La prima cosa in cui ci imbattiamo è una serie di stand e gazebo di associazioni di varia natura che propongono le loro attività, compreso lo sportello psicologico gratuito. Capiamo subito che per fare tutto non basterebbe un’intera settimana (quest’anno il festival si è svolto dal 10 al 15 di agosto). Ecco la prima evidenza: lo Sziget, come tutti i festival, merita di essere vissuto con “calma”, lungo più giorni. L’isola è grande e un po’ caotica, orientarsi tra i tanti sentieri che la attraversano e che conducono alle varie zone è un’attività che si domina solo con una frequentazione non giornaliera. All’ingresso però ci sono i libretti con le mappe e perdersi non è detto che sia un male perché dietro ogni albero si può trovare un palco o un prato dove probabilmente sta succedendo qualcosa che merita di essere vissuto.

L’atmosfera è così serena che le ragazze hanno il permesso di girare per un po’ da sole: i telefoni cellulari sono carichi (e, in caso di emergenza, all’ingresso ci sono dei punti di ricarica per chi rimane senza batteria), non c’è alcuna sensazione di pericolo o disagio. E loro tre si avventurano, con l’entusiasmo di chi ha fame di vita. Quando ci ritroviamo sono truccate di colori vivaci, con brillanti intorno agli occhi e un sorriso abbagliante. Parlano a macchinetta delle cose che hanno fatto e visto, delle persone che hanno incrociato e di quello che vorrebbero fare. C’è l'Ability Park nel XS Land, un'area dove si può provare com’è la vita con disabilità in modo interattivo e consapevole. C’è il Think for Tomorrow, l’area dell’attivismo (con i programmi tutti in inglese) dove si svolgono incontri, focus su migrazione, separazione, inclusione e diversità e ci sono i workshop creativi all'Art Zone.

Puntare, sparare, fuoco

Passare in mezzo a tutto questo ringiovanisce per forza, anche perché intorno c’è tutto il resto. Un resto che comprende un circo, una ruota panoramica, un global village, il karaoke, le tende di chi ha deciso di vivere direttamente sull’isola, decine di palchi e aree concerto, installazioni artistiche, arene per le arti più svariate e gli stand del cibo da tutto il mondo. E poi c’è la musica, il filo conduttore di ogni minuto di festival. Ci vediamo il primo concerto. Al Lighstage ci sono i Santi Francesi. Quest’anno a Budapest ci sono più italiani del solito, tra gli artisti. Pare, infatti, che dal Belpaese arrivi la maggior parte del pubblico non ungherese. Il concerto ha quasi una dimensione intima, che fa dimenticare di essere su un’isola con decine di migliaia di persone, e a fine esibizione c’è pure modo di parlare con i musicisti. Per le ragazze è un valore aggiunto, che le avvicina inconsapevolmente all’arte e forse questo è il bagaglio più grande con cui non sanno ancora di essere uscite dall’isola. L’attesa comincia a diventare però sempre più febbrile: sul main stage salirà Billie Eilish e per loro è un sogno che si avvera.

Il palco principale

Il secondo palco

Il "tallone d'Achille" del festival

Il palco principale sorge su un’area molto vasta, che concede a oltre 100mila persone di assistere ai concerti di punta. Questo è decisamente il tallone d’Achille ossimorico del festival: il punto di forza che diventa quello di debolezza. Assistere ai concerti degli headliners è un po’ come giocare alla lotteria, a meno che tu non decida di piazzarti sottopalco fin dalle prime luci del giorno. Si tratta dunque di scegliere: rinunciare all’intera giornata di festival per dedicarti ad un unico concerto rimanendo pazientemente seduta per ore nella migliore posizione che si riesce a trovare oppure arrivare al main stage quando si è finito di seguire tutto il resto e sperare che le persone intorno a te non siano troppo alte, troppo sudate, troppo rumorose. Da sogno, dunque, l’assistere ai concerti principali può facilmente trasformarsi in un incubo. Non è stato raro vedere ragazze, prive di sensi o in grande difficoltà fisica ed emotiva, letteralmente trasportate dalle mani del pubblico fino ai corridoi di sicurezza. Non è stato raro vedere animi tesi per i contatti troppo ravvicinati tra le persone. Non è stato raro vedere visi completamente rigati dalle lacrime per la troppa emozione e, magari, la delusione per non essersi goduti il concerto come ci si era aspettati. Non è stato raro sentire lamentele per i lunghi tempi necessari a lasciare l’isola alla fine dei concerti principali. Ma questo è, probabilmente, il rischio del mestiere di fan: bisogna essere – quasi – pronti a tutto. E allo Sziget è possibile organizzarsi in maniera tale da poter godere al meglio dell’esperienza del festival, anche per chi ha meno di 18 anni e ha nel cuore solo puro entusiasmo e ingenuità. Se mi chiedessero se è valsa la pena fare quest’esperienza con le mie figlie, risponderei mille volte sì, perché loro si sono sentite davvero su un’isola della libertà. E io ho ballato per ore come quando ero adolescente.

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