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Domenica, 28 Aprile 2024
L'intervista

Così le gare di videogiochi potrebbero diventare sport olimpici

L'ex coach della nazionale maschile di pallavolo e deputato Pd, Mauro Berruto: "Non bisogna avere pregiudizi"

Si può mettere una gara di videogiochi sullo stesso piano di un campionato di calcio o un torneo di pallavolo? La questione è arrivata in Parlamento, dove gli addetti ai lavori sono stati ascoltati in audizione dalle Commissioni riunite Cultura e Lavoro della Camera. Sul tavolo la bozza di una risoluzione riguardante l’introduzione di una disciplina degli e-sport.  "Il settore - ha spiegato Luigi Caputo, fondatore dell’Osservatorio Italiano Esports - soffre la mancanza di definizioni e questo ne influenza lo sviluppo. Mancano proprio diverse definizioni di cosa siano ad esempio un pro player o una competizione di videogiochi. Chi vuole investire in questo settore in Italia ha delle problematiche pratiche. Non c’è sicurezza nell’investire. Una normativa sugli e-sport che fissi alcuni principi chiave, in parte contenuti nella risoluzione presentata, consentirebbero quanto meno di stabilire un perimetro di gioco". A sostenere la validità di un utilizzo agonistico dei videogiochi, il deputato del Partito Democratico Mauro Berruto, responsabile nazionale Sport della segreteria di Elly Schlein ed ex coach della nazionale maschile di pallavolo.

"Come prevedibile - spiega Berruto a Today.it  - in questo momento c'è un dibattito molto aperto: si sta valutando se considerare questa attività uno sport a tutti gli effetti oppure no. C'è una proposta tutt'altro che provocatoria del Cio (Comitato Olimpico Internazionale) affinché in futuro, all'interno dei giochi olimpici, siano inseriti anche gli e-sport. Parliamo di un volume d'affari che nel resto del mondo sta raggiungendo dei numeri incredibili; in Italia, al momento, siamo ancora su cifre modeste, si parla di circa quaranta milioni di euro l'anno".

C'è anche un potenziale pubblico secondo lei?

"Assolutamente. Ricordo molto bene, qualche anno fa, la finale di un campionato mondiale di un videogioco che si chiama League of Legends. Milioni di utenti collegati in rete guardarono la sfida tra i due pro players, che però fu proiettata anche su un maxischermo allo stadio olimpico di Seoul. L'impianto era tutto esaurito, c'era più gente lì che alla cerimonia di apertura dei giochi olimpici del 1988. Quando si parla di e-sport non si deve pensare solo a quei videogiochi che emulano discipline sportive come calcio, pallavolo tennis o altro, ma anche battaglie in luoghi di fantasia come avviene appunto nel fortunato titolo che ho citato".

Lei viene da un mondo dello sport fatto di fatica, sudore e gioco di squadra. Non le sembra alienante tutto questo?

"Molti parrucconi dello sport, mi passi il termine, ovviamente storcono il naso e sostengono questa tesi. Si chiedono come sia possibile chiamare sport un'attività che è fondamentalmente un fatto mentale che richiede concentrazione e ha un impatto fisico minimo. Io che su questo tema penso di essere un po' più aperto replico provocatoriamente che ad esempio la carabina, una disciplina che ha portato enormi risultati e onori per lo sport italiano, è praticata da atleti tenuti in piedi da una tuta che è composta da un esoscheletro, che indossano degli occhiali che sono praticamente dei paraocchi e mirano a oggetti millimetrici. Si alleano anche otto ore al giorno per fare quello e io non vedo molta differenza rispetto a chi pratica e-sport". 

Come immagina delle discipline olimpiche basate su dei videogiochi?

"Ci sono già trasmissioni televisive in cui ci sono dei giocatori che si sfidano a famosi videogiochi che simulano il calcio. E ci sono commentatori, giornalisti e tutto quello che c'è anche nella realtà. Anche su questo fronte, come in altri campi, l'Arabia Saudita sta mettendo il cappello su queste discipline ospitando campionati in casa propria. Sono competizioni che hanno montepremi mostruosi, parliamo di milioni di euro. È chiaro che tutto questo ci pone davanti a una necessità dal punto di vista normativo, perché rischiamo l'ennesimo paradosso generato da un vuoto. Le faccio un esempio pratico: Jannik Sinner fino all'ingresso della legge di riforma del lavoro sportivo del luglio del 2023, per l'Italia è un dilettante nonostante anche lui guadagni milioni di euro; così come sono dilettanti i giocatori di serie a della pallavolo e di altre discipline".

Su cosa dovrebbe legiferare il Parlamento?

"Innanzitutto bisogna dare la possibilità di sviluppare un volume economico perché nella filiera degli e-games ci sono produttori, sceneggiatori, programmatori di software. E poi servono regole per i pro players, che spesso sono minorenn e hanno intorno a loro delle strutture che sono assolutamente equivalenti agli staff delle squadre sportive: c'è lo psicologo, il mental coach, il preparatore fisico, il nutrizionista; dei veri e propri team. È un potenziale che potrebbe sviluppare un enorme fatturato. In altri Paesi come la Francia, ma anche la piccola San Marino, si stanno studiando delle norme ad hoc".

Insomma, in futuro si potrà correre la maratona di New York da un salotto di Cinisello Balsamo?

"Io penso che, mantenendo un approccio molto laico, l'e-sport e lo sport in presenza potranno convivere, perché l'uno non esclude l'altro. Ovviamente se chiede a me, che passato 30 anni a praticare uno sport estremamente fisico, è ovvio che personalmente prediligo quello, ma non ho nessun pregiudizio verso quelle che sono delle discipline che richiedono uno sforzo puramente mentale".

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