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Lunedì, 29 Aprile 2024
Dolcificanti e tumori

Gli alimenti "senza zucchero" forse cancerogeni: tutti i dubbi sull'aspartame

Le ricerche portate avanti dall’Istituto Ramazzini hanno sollevato a più riprese la possibilità che il consumo di dolcificante artificiale possa aumentare il rischio di tumori. La letteratura scientifica sul tema, però, è ancora discordante

L’aspartame ha le stesse calorie del saccarosio, ma un potere dolcificante 200 volte maggiore che lo rende perfetto, e utilizzatissimo, come additivo per cibi e bevande senza zucchero. È approvato per l’utilizzo in campo alimentare in tutto il mondo, ma ormai da decenni si discute della sua sicurezza, con studi che continuano a fornire risposte contrastanti. L'Oms ha classificato l’aspartame come "possibile cancerogeno" seguendo la classificazione dell’International Agency for Research on Cancer (IARC), l'agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicata alla ricerca sul cancro. Tuttavia la commissione del JECFA (Joint WHO and Food and Agriculture Organization's Expert Committee on Food Additives) ha lasciato invariato il livello di assunzione giornaliera accettabile di aspartame che può essere considerata sicura per il consumo umano.

"Non stiamo consigliando alle aziende di ritirare i prodotti, né stiamo consigliando ai consumatori di smettere del tutto di consumarli", ha affermato Francesco Branca, direttore della nutrizione e della sicurezza alimentare dell'Organizzazione mondiale della sanità. "Stiamo solo consigliando un po' di moderazione nell'assunzione di un prodotto che è stato consumato negli ultimi 30 anni da milioni di persone in tutto il mondo".

Dubbi decennali

La scoperta dell’aspartame risale alla metà degli anni ‘60, quando venne sintetizzato come prodotto intermedio nella creazione di un tetrapeptide della gastrina (un ormone presente nella barriera protettiva dello stomaco), durante uno studio della G.D. Searle & Company che voleva valutare l’efficacia di un farmaco contro l’ulcera. In modo del tutto casuale, i chimici che stavano lavorando al progetto si accorsero che la nuova sostanza aveva un sapore dolce, estremamente simile a quello dello zucchero. E dopo aver svolto ulteriori ricerche, l’azienda brevettò l’aspartame come dolcificante artificiale.

Inizialmente, l’agenzia del farmaco americana si rivelò restia ad approvare l’utilizzo alimentare della nuova sostanza. Le ricerche della G.D. Searle & Company sulla sicurezza dell’aspartame vennero criticate e vagliate più volte, e solo nel 1983 arrivò il via libera per l’utilizzo nelle bevande gassate, seguito da un’estensione progressiva ad altre tipologie di prodotti alimentari, culminata nel con la rimozione di ogni divieto al suo utilizzo arrivata nel 1996 negli Usa e nel 1994 in Europa.

Gli studi italiani

Dalla sua, l’aspartame ha un potere dolcificante estremamente elevato, e il sapore più simile a quello dello zucchero tradizionale tra i dolcificanti oggi conosciuti. Dalla sua approvazione, quindi, si è diffuso velocemente nell’industria alimentare, in particolare nel mercato delle bevande dietetiche e senza zucchero. Le ricerche sulla sua sicurezza comunque non si sono fermate, e a partire dal 2005, una serie di studi italiani dell’Istituto Ramazzini hanno contribuito sostanzialmente a riaprire il dibattito.

Le ricerche, portate avanti dal team di Morando Soffritti, evidenziavano su modelli animali che l’aspartame, anche a livelli relativamente contenuti, sembrava aumentare l’incidenza di leucemie, linfomi, tumori renali e cerebrali. Quale sia il meccanismo con cui il dolcificante potrebbe indurre la comparsa di tumori non è chiaro, ma si è parlato della possibilità che le sostanze prodotte durante la sua digestione, la formaldeide e il metanolo, possano accumularsi nell’organismo, e promuovere uno stress ossidativo che faciliterebbe la formazione di cellule tumorali.

La diffusione dei risultati del Ramazzini fece discutere, tanto da chiamare in causa l’European Food Safety Authority (Efsa), che però nella sua analisi evidenziò una serie di potenziali errori nei protocolli utilizzati dai ricercatori italiani, finendo per rigettare i risultati dello studio, confermando la sicurezza dell’aspartame per i consumatori europei. Negli anni seguenti diverse ricerche (del gruppo di Soffritti e di altre equipe di ricerca internazionali) hanno prodotto risultati che evidenziavano un legame tra aspartami e tumori, ma in tutti i casi l’Efsa e le altre agenzie internazionali per la sicurezza alimentare hanno rigettato i risultati, citando problemi metodologici e altri lavori scientifici che hanno prodotto evidenze di senso contrario. E ad oggi, l’aspartame è stato sempre confermato come sostanza sicura per la sicurezza umana, entro livelli di esposizione quotidiana che equivalgono all’equivalente di 12-36 lattine di bevande senza zucchero al giorno (in base alla quantità contenuta). È per questo che l’annuncio di un possibile cambio di marcia da parte dell’Iarc sta avendo tanta risonanza in questi giorni.

La decisione dell'Iarc

Il comitato di esperti indipendenti chiamato ad analizzare l’aspartame ha analizzato oltre 1.300 ricerche svolte negli anni, decidendo infine di inserire l’aspartame nel gruppo 2B, ovvero quello delle sostanze ritenute possibili cancerogeni per l’uomo. In questo senso, è bene chiarire come funziona la classificazione dell’Iarc: l’agenzia infatti è chiamata unicamente a valutare la solidità delle prove scientifiche che indicano il legame tra un fattore ambientale e lo sviluppo di tumori nella nostra specie. L’inserimento dell’aspartame nel gruppo 2B significherebbe quindi che esistono prove della possibilità che questa sostanza risulti cancerogena, ma anche che il livello di certezza che si può trarre dalla letteratura scientifica è il più basso possibile nella classificazione Iarc, inferiore ad esempio a quello che si ha per la carne rossa e le bevande molto calde (gruppo 2A) o per le carni lavorate e l’alcol (1A, il gruppo per cui è stabilito un legame certo con i tumori), e pari a quello di 322 altre sostanze o fattori ambientali, come i telefoni cellulari, le sigarette elettroniche, il bitume, o l’estratto di ginkgo biloba.

In pratica se le evidenze scientifiche indicano un possibile legame tra aspartame e tumori, i rischi iniziano a livelli di esposizione molto superiori a quelli a cui è utilizzata oggi la sostanza nell’industria alimentare. Nel dubbio è bene quindi chiarire che difficilmente una bustina di dolcificante in più potrà farci male, anche se è bene sottolineare che l’Oms ha già stabilito a maggio che sostituire in questo modo gli zuccheri nella dieta è una strategia inutile per perdere peso efficacemente.

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