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Sabato, 27 Aprile 2024
povertà e salute

La malattia che colpisce il cervello dei poveri

Non è una patologia in senso proprio, ma un nuovo studio rivela che il cervello di chi vive in condizioni più svantaggiate mostra segni di un invecchiamento precoce, che incidono sulle capacità cognitive

Per molti versi, la povertà può essere considerata una sorta di malattia. È spesso ereditaria. A volte contagiosa. Certamente curabile, ma fin troppo spesso trascurata. E proprio come una malattia, modifica in peggio la nostra salute, accorcia la vita e influisce negativamente sulla sua qualità. Non è tutto, perché a quanto pare la povertà, e più in generale la vita in condizioni socioeconomiche più svantaggiate, sembrano in qualche modo accelerare l’invecchiamento del cervello, incidendo negativamente sulla capacità cognitive. La conferma arriva da uno studio dell’Università di Losanna e dell’Università di Ginevra, pubblicato di recente sulle pagine del Journal of Neuroscience

Povertà e salute

Le ricerche sulla relazione tra povertà e salute ormai procedono da decenni. Ed è stato dimostrato da tempo che la povertà aumenta il rischio di morire più giovani, di soffrire di problemi cardiovascolari, obesità, diabete, e molti altri disturbi cronici. Le cause sono ovviamente molte: chi ha meno disponibilità economiche tende ad avere un accesso più limitato ai servizi sanitari, a soffrire più facilmente di disturbi come ansia e depressione, a seguire una dieta meno salutare (perché il cibo sano costa di più), ad essere più sedentario e ad avere abitudini pericolose come il fumo o il consumo eccessivo di alcolici. 

Anche il cervello risente degli effetti della povertà: diverse ricerche, infatti, hanno ormai dimostrato un’associazione tra condizioni socioeconomiche svantaggiate e peggiori performance cognitive nella vita adulta e nella terza età. Non è ancora chiaro, però, quali strutture del cervello siano implicate in questo fenomeno: in che modo la povertà sia collegata al funzionamento, alla morfologia e a performance peggiori del sistema nervoso centrale. Ed è qui che entra in gioco la nuova ricerca.

Lo studio

La ricerca ha coinvolto 751 adulti tra i 50 e i 90 anni, i cui cervelli sono stati studiati a fondo utilizzando la risonanza magnetica e a cui sono stati somministrati dei test per la valutazione delle funzioni cognitive. Dopo aver aggiustato i risultati per tenere conto dell’età, del sesso e dei principali disturbi di salute che possono influenzare il funzionamento del cervello, i ricercatori hanno identificato un collegamento tra quella definiscono una “esposizione a condizioni socioeconomiche svantaggiate” e alcuni indizi di un invecchiamento precoce della cosiddetta materia bianca, cioè la parte del cervello e del midollo spinale che contiene le fibre nervose che collegano tra loro i neuroni. Come nelle ricerche precedenti, inoltre, le minori disponibilità economiche sono risultate collegate a risultati peggiori nei test cognitivi. 

L’invecchiamento precoce della materia bianca emerso nella ricerca è legato a una riduzione della quantità di fibre nervose (o meglio assoni) che si dipartono da ogni neurone del cervello, così come dalla perdita della guaina mielinica che le protegge. Lo studio non offre per ora ulteriori informazioni sulle cause di questi cambiamenti a livello cerebrale, ma a detta dei suoi autori rappresenta un importante punto di partenza per studiare più a fondo gli effetti della povertà e di altri fattori ambientali sulle microstrutture che compongono il nostro cervello. 

Un particolare interessante è che i cambiamenti nella materia bianca osservati sono risultati collegati al peggioramento nei risultati dei test cognitivi nelle persone provenienti da contesti più svantaggiati, ma non hanno mostrato effetti nei partecipanti ricchi o benestanti. In qualche modo, quindi, l’agiatezza economica sembra proteggere dal declino cognitivo, anche quando il cervello inizia a mostrare i segni del tempo. Un altro fenomeno intrigante, da approfondire in futuro con nuove ricerche. 

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